Una tragedia che poteva essere evitata: una donna di 61 anni è deceduta in seguito al ritardo di una operazione chirurgica che si sarebbe dovuta svolgere con tempestività. Dopo una complessa battaglia legale, il Tribunale di Pescara ha riconosciuto ai familiari della vittima un risarcimento di oltre 930 mila euro, accogliendo le tesi sostenute in giudizio dagli avvocati Gabriele Chiarini e Claudia Chiarini.
Questa è la storia di un grave caso di malasanità, portato alla luce con determinazione, per ottenere giustizia e riconoscere il valore del dolore di una famiglia. In questo articolo, esamineremo nel dettaglio gli errori medici, le implicazioni legali e il percorso che ha portato a questa importante sentenza.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Il caso: una operazione chirurgica necessaria
- § 2. Il ritardo nell’operazione chirurgica: un errore fatale
- § 3. Il ruolo delle linee guida nella tempistica dell’operazione chirurgica
- § 4. L’azione legale per l’operazione chirurgica ritardata
- § 5. La sentenza e il riconoscimento giudiziale dell’errore
- § 6. Riflessioni finali
§ 1. Il caso: una operazione chirurgica necessaria
La vicenda ha avuto inizio quando una donna di 61 anni si è recata al Pronto Soccorso dell’ospedale con dolori addominali acuti e febbre. L’accesso è avvenuto in codice giallo e, dopo alcuni esami clinici, le è stata diagnosticata una diverticolite con sospetta microperforazione intestinale.
Nonostante la gravità della situazione, la paziente è stata ricoverata in chirurgia senza che l’operazione venisse eseguita tempestivamente. I primi trattamenti medici si sono limitati alla somministrazione di antibiotici e al monitoraggio delle sue condizioni.
§ 1.1 Il peggioramento e l’intervento tardivo con esito infausto
Nei giorni successivi, il quadro clinico della paziente è peggiorato: si è sviluppata una sepsi e una grave insufficienza renale, situazione che ha richiesto un’emodialisi.
Una consulenza nefrologica ha suggerito la modifica della terapia farmacologica, ma l’approccio dei sanitari è rimasto attendista. Solo dopo diversi giorni, la paziente è stata sottoposta a un intervento chirurgico di drenaggio laparoscopico.
Ma era troppo tardi: a quel punto, purtroppo, le sue condizioni erano ormai critiche e l’operazione chirurgica è risultata intempestiva, portando infine al decesso della paziente a causa di uno shock settico irreversibile.
§ 2. Il ritardo nell’operazione chirurgica: un errore fatale
Il cuore del caso risiede nel ritardo nell’esecuzione dell’operazione chirurgica, un errore che ha avuto conseguenze irreversibili. I medici dell’ospedale hanno rinviato l’intervento, optando inizialmente per una terapia conservativa, nonostante gli esami evidenziassero una condizione grave: la paziente presentava un’infezione addominale e un verosimile rischio di perforazione intestinale.
Nel corso dei giorni seguenti, la situazione clinica è peggiorata notevolmente, con un aumento dei globuli bianchi e la comparsa di sepsi e insufficienza renale. Questi sviluppi richiedevano un intervento immediato, che però non è avvenuto.
Secondo le linee guida mediche, l’operazione avrebbe dovuto essere eseguita entro pochi giorni dal ricovero per evitare complicanze. Tuttavia, l’operazione laparoscopica è stata effettuata solo dopo una settimana, quando il quadro clinico della paziente era ormai critico. Questo ritardo è stato giudicato determinante nell’aver causato il rapido deterioramento delle condizioni della paziente, conducendo al suo decesso.
§ 3. Il ruolo delle linee guida nella tempistica dell’operazione chirurgica
In questa vicenda clinica, il mancato rispetto delle linee guida mediche ha avuto un impatto significativo sull’esito. Le linee guida per il trattamento della sepsi, infatti, sottolineano in maniera chiara due principi chiave:
- In primo luogo, la necessità di una tempestiva somministrazione di antibiotici entro un’ora dal riconoscimento della sepsi, poiché ogni ora di ritardo aumenta progressivamente il rischio di mortalità.
- In secondo luogo, la necessità di eliminare e controllare rapidamente la causa dell’infezione, il che spesso richiede l’esecuzione di un intervento chirurgico immediato.
Nel caso della paziente, la somministrazione di antibiotici è avvenuta in ritardo, ben oltre le indicazioni delle linee guida. Inoltre, l’operazione chirurgica è stata procrastinata per almeno 4-5 giorni, nonostante fosse l’unico metodo efficace per eliminare la fonte della sepsi.
Questa condotta attendista ha consentito all’infezione di diffondersi e ha compromesso le possibilità di guarigione della paziente. La sentenza ha evidenziato come, se l’intervento fosse stato eseguito in tempo e secondo le buone prassi mediche, il decesso per malasanità si sarebbe potuto evitare e la paziente avrebbe potuto affrontare una guarigione con lievi postumi chirurgici.
§ 4. L’azione legale per l’operazione chirurgica ritardata
Dopo la tragica morte della paziente, i suoi familiari hanno deciso di intraprendere un’azione legale per fare chiarezza ed ottenere giustizia. Ritenendo la morte della loro congiunta imputabile a profili di colpa della struttura sanitaria, si sono rivolti agli avvocati Gabriele e Claudia Chiarini, i quali hanno inizialmente tentato una composizione stragiudiziale della controversia, ma senza successo.
A questo punto, hanno depositato un ricorso per una consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c., con l’obiettivo di accertare le responsabilità mediche. Il Tribunale di Pescara ha nominato due consulenti tecnici d’ufficio: un medico-legale e uno specialista in chirurgia.
Nel corso di questo procedimento, sono stati richiesti chiarimenti in merito alla vicenda clinica e alla sussistenza di eventuali elementi di colpa medica. I consulenti hanno dovuto valutare la correttezza e la tempestività delle procedure adottate dall’ospedale, analizzando l’incidenza causale delle omissioni e dei ritardi sulla prognosi della paziente. Inoltre, è stato loro chiesto loro di quantificare le chances di sopravvivenza che la paziente avrebbe avuto in assenza dei ritardi attribuiti alla struttura sanitaria.
§ 4.1. L’esito della consulenza tecnica d’ufficio (CTU)
Dopo l’inizio delle operazioni peritali e diversi incontri tra i consulenti tecnici d’ufficio (CC.TT.UU.) e quelli di parte (CC.TT.PP.), è stata redatta e condivisa con le parti la cd. bozza preliminare della consulenza. Successivamente, è stata depositata la relazione definitiva, che ha confermato diversi profili di responsabilità medico-sanitaria a carico della struttura sanitaria.
La CTU ha effettuato una ricostruzione dettagliata della vicenda clinica, sottolineando una serie di errori nella gestione della paziente. In particolare, la relazione ha evidenziato che il ritardo nell’operazione chirurgica ha avuto una correlazione causale diretta con il decesso.
Secondo i consulenti del Tribunale, il trattamento chirurgico avrebbe dovuto essere eseguito entro il quarto o quinto giorno, e non all’ottavo, come invece è avvenuto. Questo ritardo ha portato al peggioramento delle condizioni della paziente, culminando in uno shock settico irreversibile.
§ 5. La sentenza e il riconoscimento giudiziale dell’errore
Dopo un attento esame delle prove e delle relazioni mediche, il Tribunale di Pescara ha emesso una sentenza chiara: il ritardo nell’operazione chirurgica ha causato il decesso della paziente. Il Giudice ha accertato la responsabilità dell’azienda sanitaria, sottolineando come la condotta attendista dei medici abbia violato le linee guida mediche e le buone pratiche cliniche.
La sentenza ha accolto le tesi degli avvocati Gabriele e Claudia Chiarini, riconoscendo un risarcimento di oltre 930.000 euro ai familiari della vittima. Questo importo è stato calcolato considerando una serie di voci di danno, tra le quali ha naturalmente rivestito prioritaria importanza il danno sofferto per la perdita del rapporto parentale.
Qui puoi visionare il provvedimento di condanna:
§ 5.1 Il “prezzo del dolore”
La morte della paziente, infatti, è stata vissuta dai familiari come una vera e propria tragedia, che li ha lasciati nel dolore più cupo e ha sconvolto le loro esistenze, tanto solido e pregnante era il legame affettivo e di condivisione del quotidiano con la congiunta.
E’ proprio questo dolore soggettivo a dare la dimensione del danno risarcibile: “Il vero danno, nella perdita del rapporto parentale, è la sofferenza non la relazione. È il dolore, non la vita, che cambia, se la vita è destinata, sì, a cambiare, ma, in qualche modo, sopravvivendo a sé stessi nel mondo” (Cass. III, 29/09/2021, n. 26301).
Del resto, come ha suggestivamente ricordato la Suprema Corte:
“Quella della cosiddetta elaborazione del lutto è una idea fallace, poiché camminiamo nel mondo sempre circondati dalle assenze che hanno segnato la nostra vita e che continuano ad essere presenti tra noi. Il dolore del lutto non ci libera da queste assenze, ma ci permette di continuare a vivere e di resistere alla tentazione di scomparire insieme a ciò che abbiamo perduto” (Cass. III, 29/09/2021, n. 26301).
§ 6. Riflessioni finali
Un’operazione chirurgica è una procedura medica invasiva che comporta l’uso di strumenti per il trattamento di patologie, traumi o condizioni mediche particolari. Gli interventi chirurgici possono essere eseguiti per molteplici scopi: diagnosticare, trattare patologie, riparare lesioni o correggere problemi interni.
La tempestività in chirurgia è essenziale, soprattutto nei casi acuti come infezioni e perforazioni intestinali, dove ogni ritardo può aumentare significativamente il rischio di complicazioni e mortalità. Agire prontamente consente di ridurre la fonte dell’infezione e migliorare le possibilità di recupero del paziente.
Il caso esaminato mette in evidenza le tragiche conseguenze di un intervento chirurgico tardivo. La mancata aderenza alle linee guida mediche, che indicano la necessità di un’azione tempestiva in presenza di sepsi o complicazioni, ha portato a un esito infausto. Questa vicenda rappresenta un chiaro richiamo all’importanza di un approccio medico rapido e preciso, in linea con le migliori pratiche cliniche necessarie a salvaguardare la vita e la salute dei pazienti.
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