Avv. Andrea Sisti - Riduzione della retribuzione

La riduzione della retribuzione

Ultimo Aggiornamento 21 Maggio 2024

Irriducibilità della retribuzione del lavoratore dipendente

L’emergenza sanitaria in atto e la conseguente crisi economica potrebbero far sorgere la tentazione di addivenire, magari d’accordo tra le parti, ad una riduzione della retribuzione del personale dipendente, in special modo nella sua componente variabile (provvigionale o legata al raggiungimento di obiettivi). Scopriamo in questo approfondimento se ed in quali limiti sia possibile farlo.


§ 1. Il principio generale di irriducibilità della retribuzione (e dei fringe benefits)

Occorre considerare che in materia vige il principio generale di irriducibilità della retribuzione e che le uniche eccezioni a tale regola sono:

  • il venir meno di particolari modalità di svolgimento della prestazione, cui sia collegato un determinato elemento retributivo, oppure
  • la stipula, in sede protetta, di accordi individuali di modifica in peius delle mansioni e della retribuzione, che sono possibili solo a determinate condizioni.

La giurisprudenza afferma pacificamente questo principio, il quale implica che:

La retribuzione concordata non è riducibile neppure a seguito di accordo tra il datore e il prestatore di lavoro e che ogni patto contrario è nullo in ogni caso in cui il compenso pattuito anche in sede di contratto individuale venga ridotto; tuttavia, in caso di legittimo esercizio, da parte del datore di lavoro, dello ‘ius variandi’, la garanzia della irriducibilità della retribuzione si estende alla sola retribuzione compensativa delle qualità professionali intrinseche essenziali delle mansioni precedenti, ma non a quelle componenti della retribuzione che siano erogate per compensare particolari modalità della prestazione lavorativa“.

(Cass. n. 19092 del 01/08/2017; Cass. n. 4055 del 19/02/2008)

§ 2. Inammissibilità di una riduzione della retribuzione su accordo delle parti

Pertanto, neppure a seguito di un accordo è possibile ridurre la retribuzione, a meno che il trattamento in atto sia collegato a particolari modalità della prestazione lavorativa o a specifici disagi o difficoltà, i quali non spetteranno più allorché vengano meno le situazioni cui erano collegati.

L’accordo di riduzione della retribuzione, dunque, è in genere nullo e il dipendente potrebbe rivendicare, anche a distanza di tempo, le conseguenti differenze retributive in proprio favore.

Va segnalato che nella nozione di retribuzione irriducibile rientrano anche i c.d. fringe benefits, come, ad es., l’auto concessa al dipendente ad uso promiscuo.

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§ 3. Gli accordi di riduzione della retribuzione validi

L’eccezione alla regola dell’irriducibilità è la possibilità di stipulare accordi individuali di modifica (in senso peggiorativo per il dipendente) delle mansioni, della categoria legale (dirigente, quadro, operaio, impiegato) e del livello di inquadramento, nonché della relativa retribuzione.

Tali accordi sono possibili soltanto nell’interesse del lavoratore dipendente:

  • alla conservazione dell’occupazione, oppure
  • all’acquisizione di una diversa professionalità, oppure ancora
  • al miglioramento delle condizioni di vita.

Inoltre, per essere validi, devono essere stipulati dinanzi all’Ispettorato del Lavoro, al Giudice del Lavoro (conciliando un giudizio pendente), ad una Commissione di certificazione o in sede sindacale.

Peraltro, l’operatività della prima condizione (l’interesse del lavoratore al mantenimento dell’occupazione) è attualmente esclusa dal generale divieto di licenziare.