La responsabilità medica è un tema centrale nel mondo della sanità, che riguarda non solo il medico, ma anche il paziente e il sistema sanitario nel suo complesso. Quando si parla di responsabilità medica, ci si riferisce all’obbligo del professionista sanitario di rispondere per eventuali danni causati al paziente a causa di errori, omissioni o negligenza. Questo concetto assume una rilevanza sempre maggiore, in quanto si intreccia con il diritto alla salute e la necessità di garantire un’assistenza sanitaria sicura e di qualità.
Tuttavia, è comprensibile che alcuni professionisti reagiscano mettendosi sulla difensiva, sentendosi minacciati o accusati. Ma responsabilità non è sinonimo di colpa. In realtà, la responsabilità medica svolge un ruolo più complesso e, se vogliamo, più alto e nobile. Si tratta di un meccanismo che punta a migliorare il livello dell’assistenza sanitaria e a tutelare la salute pubblica, contribuendo alla crescita qualitativa del sistema sanitario.
Ma cosa si intende esattamente per responsabilità medica? In questo articolo analizzeremo i concetti chiave: dalle basi giuridiche della colpa e del nesso di causalità, fino agli aspetti pratici della nuova legge Gelli-Bianco.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Cos’è la responsabilità medica?
- § 2. I tre presupposti della responsabilità del medico
- § 3. La responsabilità penale del medico
- § 4. La responsabilità civile del medico
- § 5. La determinazione del danno nella responsabilità medica
- § 6. Gli aspetti processuali nella responsabilità medica
- § 7. Prevenzione e gestione del rischio nel sistema della responsabilità medica
§ 1. Cos’è la responsabilità medica?
La responsabilità medica si verifica quando esiste un nesso causale tra un danno alla salute del paziente e la condotta dell’operatore sanitario. Questa responsabilità può derivare sia da azioni dirette del medico, sia da omissioni, come nel caso di un errore diagnostico o terapeutico. Il nesso causale può emergere anche in presenza di inefficienze o carenze strutturali della struttura sanitaria in cui il medico opera.
Alla base della responsabilità medica c’è il rapporto tra il diritto alla salute del paziente e l’esercizio della professione medica, che può svolgersi in varie forme: autonomamente o in équipe, in contesti diagnostici, terapeutici, chirurgici o assistenziali. L’obiettivo primario di tali attività è la tutela della salute e il miglioramento del processo di cura. Tuttavia, quando gli esiti non sono quelli attesi, il medico può essere chiamato a rispondere civilmente o penalmente per l’aggravamento delle condizioni del paziente o, nei casi più gravi, per la morte dello stesso.
La responsabilità medica è parte di un sistema composito che coinvolge più figure professionali (medici, infermieri, tecnici) e molteplici prestazioni sanitarie (diagnostiche, preventive, chirurgiche, estetiche, riabilitative, ecc.). Pertanto, il concetto si estende ben oltre il singolo medico e include anche l’azione delle strutture sanitarie e del personale che opera al loro interno.
§ 1.1 Responsabilità medica vs responsabilità sanitaria
Responsabilità medica e responsabilità sanitaria non sono la stessa cosa.
La prima (responsabilità medica) è propria del medico, cioè del professionista della sanità.
La responsabilità sanitaria è un concetto più ampio, che include quello di responsabilità medica, ma si estende:
- alla responsabilità di tutti gli altri esercenti una professione sanitaria (lo psicologo, l’infermiere, l’ostetrica, il fisioterapista, e molti altri), e anche
alle vicende cliniche associate tipicamente a carenze organizzative oppure inefficienze strutturali (pensiamo alle infezioni correlate all’assistenza, ad esempio, ma anche a un’omissione diagnostico-terapeutica dovuta al malfunzionamento di un macchinario).
§ 2. I tre presupposti della responsabilità del medico
La responsabilità medica si fonda su tre elementi: danno, colpa e nesso di causalità. Solo quando tutti questi elementi sono presenti si può parlare di responsabilità giuridica del medico o della struttura sanitaria.
Questi presupposti sono necessari per affermare che il comportamento del professionista ha effettivamente provocato un danno al paziente, e che questo danno è il risultato di una violazione dei doveri professionali.
§ 2.1 Il danno
Il primo presupposto per configurare la responsabilità medica è l’esistenza di un danno. Si parla di danno quando il paziente subisce una lesione fisica o psicologica, o un peggioramento delle sue condizioni di salute a causa di un intervento medico o di un’omissione.
Il danno può essere di natura patrimoniale (come le spese mediche o la perdita di capacità lavorativa) o non patrimoniale (come la sofferenza fisica o morale). Senza un danno effettivo, non è possibile configurare una responsabilità medica, anche se il medico ha commesso un errore.
§ 2.2 La colpa
La colpa si verifica quando un medico viola i doveri di diligenza, prudenza o perizia. Può manifestarsi in tre forme:
- Negligenza: quando il medico agisce con superficialità o trascuratezza, come dimenticare di controllare informazioni importanti dal paziente (ad esempio, allergie).
- Imprudenza: quando il medico adotta comportamenti rischiosi senza le dovute precauzioni, come procedere con un trattamento senza valutare adeguatamente i rischi.
- Imperizia: quando il medico manca delle competenze tecniche necessarie per gestire una situazione, o commette un errore esecutivo durante un intervento chirurgico.
Quando si verificano queste tre fattispecie la colpa si dice “generica“; se invece riguarda violazioni di leggi e regolamenti (norme generali ed astratte), oppure ordini e discipline (non generali né astratte) si dice “specifica“, come nel caso in cui il medico non osservi linee guida o protocolli tecnici. È possibile inoltre distinguere tra colpa lieve e colpa grave, con quest’ultima che riguarda errori particolarmente gravi e rischiosi per il paziente.
§ 2.3 Il nesso di causalità
Il terzo elemento è il nesso di causalità, ossia il legame tra la condotta del medico e il danno subito dal paziente. Questo significa che il danno deve essere una conseguenza diretta dell’errore o dell’omissione del medico. Stabilire il nesso causale può essere complesso, soprattutto in situazioni in cui il decorso della malattia o altri fattori esterni possono aver influito sull’esito. Tuttavia, è essenziale dimostrare che, senza l’errore del medico, il danno non si sarebbe verificato o sarebbe stato meno grave.
Ne parliamo in modo approfondito nell’articolo dedicato al nesso causale nella responsabilità medico sanitaria.
§ 3. La responsabilità penale del medico
La responsabilità penale del medico si attiva quando la sua condotta colposa o dolosa causa un danno rilevante al paziente (lesione o morte), tale da configurare un reato.
Il diritto penale, in generale, è considerato uno strumento di “extrema ratio”, da utilizzare solo quando è assolutamente necessario. Questo principio vale anche in ambito medico, dove la sanzione penale viene riservata ai casi più gravi e conclamati.
Lo ha capito il legislatore, che ha escluso la punibilità di alcune condotte mediche connotate da colpa lieve (seppur soltanto per imperizia), quando il medico ha rispettato le linee guida. Questo significa che, se un medico segue i protocolli previsti e commette un errore di lieve entità, non può essere considerato penalmente responsabile.
La giurisprudenza ha poi consolidato un altro principio fondamentale: per attribuire una responsabilità penale, il nesso di causalità tra la condotta del medico e il danno subito dal paziente deve essere provato oltre ogni ragionevole dubbio. Questo implica che non basta dimostrare che il medico abbia commesso un errore; è necessario provare che tale errore sia stato la causa diretta del danno, senza margini di incertezza.
§ 4. La responsabilità civile del medico
La responsabilità civile del medico, invece, ha uno scopo diverso: riguarda il risarcimento per il danno subito dal paziente, e non la punizione del medico. Quando un paziente subisce un danno, la responsabilità civile serve a determinare chi debba sopportare le conseguenze economiche di tale danno.
Nel caso della responsabilità contrattuale, si presuppone un accordo tra il medico e il paziente, come nel caso di trattamenti privati. Se il medico non adempie correttamente al suo obbligo contrattuale (ad esempio, non eseguendo la terapia adeguata), può essere chiamato a risarcire il paziente. La responsabilità extracontrattuale, invece, si applica in assenza di un contratto formale, come nei casi di interventi d’urgenza o in situazioni in cui il medico non ha un rapporto diretto con il paziente.
Con la legge Gelli-Bianco, la responsabilità civile del medico è stata ulteriormente chiarita. La legge distingue tra la responsabilità della struttura sanitaria e quella del singolo medico:
- La struttura sanitaria (ospedale, clinica, ecc.) è responsabile in base a un rapporto contrattuale con il paziente e ha l’onere di dimostrare di aver fornito la prestazione in modo corretto.
- Il medico, invece, è solitamente soggetto a responsabilità extracontrattuale, il che significa che il paziente deve dimostrare che il danno è stato causato da un comportamento colposo o doloso del medico.
La responsabilità civile non ha una funzione punitiva, ma ha lo scopo di ristorare il paziente per i danni subiti.
Questo principio si basa su un concetto di solidarietà sociale, in cui il risarcimento serve a non lasciare il paziente solo di fronte agli esiti negativi di un trattamento sanitario.
§ 5. La determinazione del danno nella responsabilità medica
Un aspetto centrale della responsabilità medica è la determinazione del danno subito dal paziente, che rappresenta la base per la richiesta di risarcimento. Il danno può essere di natura patrimoniale e non patrimoniale, e il suo calcolo varia a seconda della gravità e delle circostanze del caso.
- Danno patrimoniale: comprende i costi sostenuti dal paziente a causa dell’errore medico, come spese mediche, perdita di guadagno per l’incapacità lavorativa temporanea o permanente, e le spese future necessarie per continuare le cure.
- Danno non patrimoniale: riguarda la menomazione dell’integrità psichica e fisica subita dal paziente. Include il dolore fisico, la sofferenza emotiva per il peggioramento della salute o la perdita di un congiunto.
In Italia, la determinazione del danno è spesso basata su tabelle, che sono previste dal Codice delle Assicurazioni Private (D.Lgs. 209/2005) per le lesioni minori, oppure sono fondate su parametri stabiliti dalla giurisprudenza per le lesioni più importanti.
In particolare, per la quantificazione del danno non patrimoniale, la giurisprudenza italiana fa ampio uso delle tabelle del Tribunale di Milano. Queste tabelle, adottate anche da numerosi altri tribunali, sono considerate lo standard per il calcolo del danno biologico, differenziato in base all’età del paziente, alla gravità del danno e alla durata delle sofferenze. Le tabelle di Milano garantiscono uniformità e trasparenza nel determinare il risarcimento.
Con l’introduzione della legge Gelli-Bianco, i giudici devono anche tenere conto della conformità del medico alle linee guida e alle buone pratiche cliniche. Qualcuno ritiene che il rispetto di tali norme potrebbe incidere sull’ammontare del risarcimento, mentre una colpa grave potrebbe portare a un aumento dello stesso, ma la questione non è così semplice.
§ 6. Gli aspetti processuali nella responsabilità medica
La gestione di un caso di responsabilità medica non si esaurisce nell’analisi delle condotte del medico, ma coinvolge un percorso processuale articolato e spesso complesso. La legge Gelli-Bianco (L. 24/2017) ha introdotto importanti innovazioni in questo campo, riformando le procedure legali con l’obiettivo di contenere il contenzioso e garantire una più rapida risoluzione delle controversie.
§ 6.1 Tentativo obbligatorio di conciliazione
Uno degli aspetti centrali della legge Gelli-Bianco è l’obbligo di esperire un tentativo di conciliazione prima di avviare una causa civile. Il paziente che ritiene di essere stato danneggiato deve avviare un percorso di consulenza tecnica preventiva (CTP) o di mediazione obbligatoria, entrambe condizioni di procedibilità della domanda.
L’obiettivo è risolvere la controversia in modo più rapido e meno oneroso, evitando i lunghi tempi di un processo.
§ 6.2 La consulenza in sede di accertamento tecnico preventivo (ATP)
La consulenza tecnica in sede di accertamento preventivo è una procedura prevista dall’art. 696-bis c.p.c. Essa si basa sulla nomina di un consulente tecnico d’ufficio (CTU), generalmente un medico legale, affiancato da uno o più specialisti, che valutano la documentazione sanitaria e redigono una “perizia”.
Questa fase permette di verificare se vi siano effettivamente i presupposti per una richiesta di risarcimento. Se il consulente riconosce la presenza di un danno, le parti (paziente, medico e struttura sanitaria) possono raggiungere un accordo in via extragiudiziale.
§ 6.3 Mediazione obbligatoria
L’alternativa alla CTP è la mediazione obbligatoria, disciplinata dal D.Lgs. 28/2010. Durante la mediazione, il paziente, il medico e l’eventuale struttura sanitaria tentano di raggiungere un accordo con l’assistenza di un mediatore.
La mediazione punta a trovare una soluzione consensuale, riducendo il ricorso al giudice e accelerando i tempi di risoluzione. Se la mediazione fallisce, si può procedere con la causa civile.
§ 6.4 Processo e azione diretta contro l’assicurazione
Quando il tentativo di conciliazione non ha esito positivo, la controversia passa alla fase processuale vera e propria. A seconda della complessità del caso e della quantità di prove richieste, i tempi del processo possono variare sensibilmente. La legge Gelli-Bianco ha introdotto alcune norme per accelerare i procedimenti, ma le cause in materia di responsabilità medica restano spesso tecnicamente complesse.
Una novità importante introdotta dalla legge Gelli-Bianco (e dal decreto ministeriale attuativo finalmente emanato) riguarda le polizze assicurative obbligatorie per le strutture sanitarie e i professionisti. In caso di contenzioso, ora il paziente può agire direttamente contro l’assicurazione della struttura o del medico, riducendo così il rischio di insolvenza del debitore e garantendo maggiore certezza nella possibilità di ottenere un risarcimento.
L’azione diretta contro le assicurazioni semplifica il percorso per il paziente, che non deve attendere l’esito di eventuali azioni di rivalsa o difficoltà economiche del professionista o della struttura.
§ 7. Prevenzione e gestione del rischio nel sistema della responsabilità medica
Il concetto di responsabilità medica non si limita solo all’intervento in caso di errore, ma comprende anche la prevenzione e la corretta gestione del rischio clinico, che riveste un ruolo essenziale per ridurre l’incidenza di contenziosi legali. La legge Gelli-Bianco ha cercato di rafforzare l’importanza del risk management, definendo misure preventive che le strutture sanitarie devono adottare per migliorare la sicurezza delle cure e ridurre il rischio di errori.
Le strutture sanitarie pubbliche e private devono implementare una serie di pratiche di gestione del rischio che vanno dalla formazione continua del personale sanitario fino al monitoraggio e audit regolari delle procedure mediche, al fine di garantire il rispetto delle linee guida. Questi strumenti consentono non solo di prevenire errori potenzialmente dannosi per i pazienti, ma anche di migliorare la qualità complessiva dell’assistenza.
All’interno di questo sistema, assume grande rilievo l’obbligo per le strutture e i professionisti di dotarsi di polizze assicurative (o di analoghe misure), che garantiscono una copertura adeguata per i danni causati ai pazienti. Questo obbligo di copertura assicurativa è stato introdotto per garantire la possibilità di risarcimento in caso di danni medici, indipendentemente dalla solvibilità della struttura o del medico.
Inoltre, è previsto un Fondo di Garanzia (purtroppo non ancora attivo), destinato ad intervenire, a determinate condizioni, in situazioni in cui la copertura assicurativa sia insufficiente o inesistente, per cercare di assicurare comunque un risarcimento adeguato al paziente. Questi meccanismi assicurativi, seppur centrali, si inseriscono in un quadro più ampio, volto a prevenire l’insorgenza di danni tramite una gestione più oculata dei rischi.