Ultimo Aggiornamento 21 Maggio 2024
Accolta l’opposizione dello Studio per mancata accettazione dell’eredità
E’ stata accolta l’opposizione proposta dallo Studio avverso un precetto notificato dall’I.N.P.S. per un credito fatto valere nei confronti del presunto erede del debitore, in difetto di prova della regolare avvenuta accettazione dell’eredità.
La vicenda oggetto di causa
Con atto di precetto, l’I.N.P.S. intimava al sig. A.A. il pagamento di una somma di denaro a titolo di sorte capitale portata da un decreto ingiuntivo richiesto ed emesso nei confronti del padre di A.A., oltre interessi e spese di procedura.
Tale somma si sarebbe riferita, a detta dell’intimante I.N.P.S., a quanto erogato dal Fondo di garanzia a titolo di T.F.R. a lavoratori ex dipendenti del detto padre di A.A., lavoratori peraltro neppure indicati in precetto.
Il sig. A.A., con l’assistenza degli Avvocati Gabriele Chiarini ed Andrea Sisti, proponeva opposizione all’atto di precetto ricevuto da A.A. e contestava integralmente le pretese dell’I.N.P.S. ivi contenute.
Le motivazioni dell’opposizione a precetto
Il titolo esecutivo che l’I.N.P.S. descriveva sommariamente nell’atto di precetto, oltre ad essere del tutto ignoto al signor A.A. per non essergli mai stato notificato, risultava a questi assolutamente inopponibile.
Il signor A.A., invero, figlio del defunto debitore, non aveva mai accettato l’eredità, né tacitamente né tantomeno espressamente.
In proposito, va rammentato che l’accettazione è presupposto unico ed imprescindibile per l’acquisto dell’eredità (anzi, uno dei principali tratti distintivi dell’eredità dal legato è che la prima – proprio per la possibile responsabilità ultra vires che può derivarne – si acquista soltanto con l’accettazione, mentre il legato si acquista automaticamente al momento dell’apertura della successione).
L’assunto trova ampia conferma nell’insegnamento della Suprema Corte secondo il quale:
“A norma dell’art. 2697 cod. civ., chi vuol fare valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Ciò spiega perché, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede, per il pagamento dei debiti del de cuius, incomba su chi agisce l’onere di provare l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, che non può inferirsi dalla mera chiamata alla eredità (non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso) ma consegue solo alla accettazione dell’eredità espressa o tacita: accettazione la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede” (cfr. Cass. n. 1885 del 1988; n. 5101 del 1985).
Ad analoghe considerazioni occorre ispirare la soluzione del problema relativo alla incidenza dell’onere della prova, in ipotesi di giudizio di opposizione all’intimazione di precetto, per il pagamento del debito del de cuius, fatta notificare dal creditore al presunto erede di quello, avvalendosi della estensione della efficacia del titolo esecutivo prevista dall’art. 477, comma 1, c.p.c.
Se, per un verso, va negato all’atto di precetto natura di atto introduttivo del processo esecutivo (in quanto non contiene una domanda rivolta al giudice: cfr. Cass. n. 1774 del 1988), per altro verso è innegabile che esso costituisca esercizio del diritto sostanziale di credito e nel contempo preliminare necessario del processo esecutivo, del quale preannunzia l’inizio (Cfr. Cass. n. 905 del 1988).
A fronte di tale minaccia, di procedere ad esecuzione forzata nei confronti di soggetto (l’intimato) diverso da quello che risulta debitore secondo il tenore letterale del titolo esecutivo, l’ordinamento positivo consente all’intimato di reagire per le vie giudiziarie (prima ancora che quella minaccia sia portata ad effetto) attraverso la opposizione al precetto; non prevede invece che la intimazione sia preceduta da uno specifico procedimento diretto a verificare le condizioni cui è subordinata l’efficacia del titolo esecutivo nei confronti di soggetti non indicati nominativamente nel titolo esecutivo.
Da ciò consegue che soltanto nell’ambito del giudizio di opposizione al precetto sarà possibile accertare il rapporto di diritto sostanziale sul quale si fonda la estensione della esecutività del titolo ad un soggetto in esso non nominato.
Rapporto di diritto sostanziale (tra il terzo ed il soggetto in danno della quale è stato emesso il titolo esecutivo) che, concretando un elemento costitutivo del diritto del soggetto in favore del quale è stato emesso il titolo esecutivo ad avvalersi dell’azione esecutiva nei confronti di quel terzo, e prima ancora a preannunziarne l’inizio ed a realizzarne le condizioni preprocessuali, deve essere dallo stesso intimante-opposto comprovato secondo il canone di cui al primo comma dell’art. 2697 cod. civ.“
(Cass. III, 10 marzo 1992, n. 2849, Giust. civ., 1993, I, 745)
Il precetto notificato al signor A.A., dunque, risultava radicalmente nullo, non potendo egli essere ritenuto responsabile delle obbligazioni ipoteticamente accertate a carico del padre, del quale il primo non aveva mai accettato l’eredità.
L’accoglimento dell’opposizione a precetto
Il Tribunale adito, in accoglimento dell’opposizione proposta dallo Studio Chiarini, ha dichiarato la nullità del precetto per l’inopponibilità al signor A.A. del titolo esecutivo.
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