Omessa diagnosi la sepsi trascurata ed il risarcimento danni da malasanità

Omessa diagnosi: la sepsi trascurata ed il risarcimento danni da malasanità

Ultimo Aggiornamento 3 Ottobre 2024

L’ombra della malasanità: una mancata diagnosi di sepsi e il suo costoso prezzo in termini di risarcimento

In un contesto dove la salute dovrebbe essere la priorità, ci troviamo di fronte a un caso di malasanità in Italia: quando l’omessa diagnosi costa caro. La storia di Edgardo[*], un paziente la cui vita è stata stroncata da una sepsi non diagnosticata in tempo, è un monito su quanto possa essere devastante un ritardo nella diagnosi e nel trattamento medico.

La famiglia, distrutta dal dolore e in cerca di giustizia, ha deciso di intraprendere un percorso legale, sostenuta dalla competenza e dalla determinazione del nostro avvocato Gabriele Chiarini. La perdita di un familiare in circostanze così tragiche e prevenibili è una ferita profonda che non si rimargina facilmente. Tuttavia, portare alla luce la verità di una vicenda clinica rappresenta un passo importante verso la giustizia e, spesso, può contribuire a consolare chi ha affrontato momenti di sconforto e confusione.

Il risultato di questo percorso legale ha infatti visto la famiglia di Edgardo ottenere un risarcimento di circa 517.000 euro, incluse spese ed oneri accessori (vedi l’atto di quietanza). Una cifra importante, che però non potrà mai colmare il vuoto lasciato dalla scomparsa. Questo risarcimento, oltre a rappresentare un riconoscimento delle sofferenze subite, pone l’accento sull’importanza di affrontare con serietà le problematiche legate alla cd. “malasanità”, sottolineando la necessità di una maggiore responsabilità nell’ambito medico, richiamando l’attenzione sulla gravità delle decisioni cliniche e sul loro potenziale impatto sulla vita dei pazienti e dei loro familiari.

[*] La narrazione e gli esiti legali presentati in questo articolo sono basati su fatti reali. Al fine di proteggere la privacy dei protagonisti, abbiamo cambiato il nome del paziente e dei suoi familiari, oltre ad apportare modifiche ad alcuni dettagli specifici che avrebbero potuto rendere riconoscibili le persone coinvolte.


INDICE SOMMARIO


§ 1. Il contesto: malasanità e responsabilità, quanto pesa una diagnosi trascurata?

La storia di Edgardo rappresenta un esempio lampante di quanto possa pesare una diagnosi omessa, trascurata, ritardata. Una mancata diagnosi di sepsi, malattia potenzialmente letale ma spesso curabile se identificata e trattata tempestivamente, ha portato a una serie di eventi tragici, culminati con la sua prematura scomparsa.

Questo caso, come tanti altri, solleva interrogativi profondi sulla qualità e l’efficienza delle cure mediche. E, sebbene non possa naturalmente essere considerato rappresentativo dell’intero sistema sanitario, mette in luce alcune criticità che meritano un’attenta riflessione.

La vicenda clinica

La storia clinica di Edgardo, un pensionato in buone condizioni di salute, inizia con un malore improvviso, caratterizzato da dolore toracico e sudorazione, che induce al suo trasporto presso un ospedale locale. Gli viene (correttamente) diagnosticato un infarto ed è immediatamente sottoposto a interventi cardiaci urgenti, tra cui una coronarografia e l’impianto di uno stent.

Nei giorni successivi all’intervento, Edgardo mostra segni preoccupanti, tra cui agitazione psicomotoria, disorientamento ed ematuria. La sua pressione arteriosa si abbassa e la funzione renale inizia a deteriorarsi. Nonostante questi sintomi, sembra che non vengano effettuati esami approfonditi per indagare l’origine dei problemi.

La situazione peggiora quando Edgardo diventa dispnoico e oligoanurico, con segni evidenti di shock settico. Solo in questa fase vengono prescritti antibiotici ed effettuati gli esami necessari. Tuttavia, il ritardo nel riconoscimento e nel trattamento dell’infezione si rivela fatale.

Edgardo viene trasferito in Rianimazione, ma le sue condizioni continuano a deteriorarsi rapidamente. Nonostante gli sforzi del personale medico, le sue funzioni vitali cedono, e viene dichiarato il suo decesso.

Gli esami colturali effettuati solo dopo la morte rivelano la presenza di Staphylococcus aureus meticillino sensibile, un’infezione che avrebbe potuto essere trattata se diagnosticata tempestivamente.

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§ 2. Il caso di Edgardo: dalla sepsi non diagnosticata alla lotta per il risarcimento

La vicenda clinica di Edgardo non è un caso isolato; rappresenta piuttosto un sintomo di un sistema sanitario che, in certi aspetti, può fallire nel suo compito fondamentale di proteggere e curare. Imprudenza, imperizia, negligenza: questi sono i canoni che, tradizionalmente, emergono quando si analizzano i profili colpevoli di responsabilità in situazioni analoghe. Ma l’omessa diagnosi, in questo caso, non è stata solo il frutto di un errore medico isolato, individuale: si tratta invece di una criticità organizzativa, di un fallimento del sistema, che avrebbe dovuto funzionare in modo più efficiente e sicuro.

Il caso, come sempre deve (o dovrebbe) accadere, è stato sottoposto ad un preliminare approfondimento medico legale e specialistico. La storia clinica di Edgardo è stata, quindi, analizzata da consulenti di parte specializzati in medicina legale, malattie infettive ed immunologia, il quali hanno evidenziato numerosi profili di colpa medica a carico dell’ospedale.

Le osservazioni dei consulenti hanno infatti evidenziato significativi aspetti di negligenza, tra cui:

  • l’omessa rilevazione di dati clinici fondamentali,
  • la sottovalutazione di sintomi come l’ematuria, e
  • il ritardo diagnostico e terapeutico della sepsi, che è poi evoluta in shock settico fatale.

L’importanza di una diagnosi tempestiva

L’infezione non fu riconosciuta in tempo e, quando la sepsi fu diagnosticata, era ormai evoluta in uno stato irreversibile. Ogni ora di ritardo nell’inizio dell’antibioticoterapia comporta un incremento della mortalità del 7% e, nel caso di Edgardo, l’intervento tardivo ha avuto conseguenze tragiche.

La diagnosi di sepsi richiede un alto livello di attenzione ai primi segni, e parametri come la frequenza respiratoria, lo stato mentale alterato e la pressione arteriosa devono essere attentamente monitorati. Nel caso di Edgardo, questi segni erano presenti, ma furono trascurati.

La vicenda clinica di Edgardo si svolse nel corso di circa 11 giorni di degenza, con un peggioramento progressivo della sua condizione. Nonostante l’alterazione dello stato mentale, la pressione arteriosa ridotta, l’insufficienza renale e il calo delle piastrine, i medici insistettero in una condotta omissiva, senza nemmeno iniziare la ricerca diagnostica per la sepsi. Fu solo il penultimo giorno, quando Edgardo era già progredito in shock settico, che si iniziò la terapia antibiotica, purtroppo troppo tardi per salvargli la vita.

Ripercorrendo gli eventi, i consulenti medici hanno ritenuto che già dal terzo giorno successivo al ricovero vi fossero le condizioni per ipotizzare una sepsi, e che la diagnosi avrebbe dovuto essere fatta ben prima del giorno precedente il decesso. La mancata diagnosi e il ritardo nel trattamento sono stati considerati responsabili della morte di Edgardo, e questa constatazione ha fondato la lotta dei suoi familiari per ottenere un giusto risarcimento.

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§ 3. L’indagine e il giudizio per omessa diagnosi: come la giustizia ha affrontato il caso di Edgardo

Punto centrale della triste vicenda di Edgardo è una diagnosi mancata di sepsi, una condizione potenzialmente letale che richiede un riconoscimento e un trattamento tempestivi. Per fare chiarezza sul caso, i suoi familiari hanno introdotto un procedimento ex art. 696 bis c.p.c. (cd. ATP conciliativo), nell’ambito del quale sono stati nominati quali CC.TT.UU. una specialista in medicina legale ed uno specialista in malattie infettive.

Incaricati dell’accertamento delle cause del decesso di Edgardo e della correttezza dell’operato dei sanitari intervenuti, i CC.TT.UU. nominati hanno dato avvio alle operazioni peritali che si sono concluse con il deposito telematico di una complessa ed articolata relazione definitiva di consulenza tenica d’ufficio.

Questa relazione ha effettuato un’analisi medico-legale dettagliata del caso, mettendo in luce diversi profili di responsabilità addebitabili alla Azienda Sanitaria resistente, confermando il ritardo diagnostico e terapeutico del quadro infettivo (a ritenuta partenza dalle vie urinarie) e la sua correlazione eziologica con il decesso per sepsi, e conseguente shock cardiogeno, del compianto sig. Edgardo.

L’omessa diagnosi e il nesso causale con la morte

In particolare, i consulenti hanno evidenziato come il comportamento negligente dei sanitari abbia consentito l’evoluzione dell’infezione in sepsi, rimarcando che, se l’infezione fosse stata diagnosticata e trattata tempestivamente, verosimilmente si sarebbe evitato il decesso di Edgardo.

E’ stato così riconosciuto il nesso causale tra l’omessa diagnosi e il decesso del sig. Edgardo, attesa la preponderanza dell’incidenza eziologica del ritardo diagnostico e terapeutico dell’infezione, sul decesso, rispetto all’iniziale quadro patologico cardiaco, che risultava – tutto sommato – risolto. Nel caso di specie, infatti, si era trattato di un infarto miocardico acuto (IMA) prontamente e correttamente trattato con angioplastica coronarica. Non si evidenziavano occlusioni post procedurali. Il paziente aveva 72 anni e non presentava comorbidità preesistenti.

Quanto al possibile profilo di responsabilità inerente la violazione delle norme di prevenzione delle infezioni nosocomiali, i CC.TT.UU. hanno altresì rilevato l’assenza di documentazione relativa al monitoraggio e alla gestione delle infezioni, o alle misure precauzionali di igiene adottate dal reparto. Con tutto ciò che ne consegue sul piano processuale, considerata la notoria distribuzione degli oneri probatori in tema di infezioni correlate all’assistenza sanitaria.

§ 4. La “cifra del dolore” ed il risarcimento ottenuto nel contesto di malasanità

Il quadro complessivo analizzato dai CC.TT.UU. ha posto in evidenza chiari profili di responsabilità addebitabili all’azienda sanitaria che aveva avuto in cura il povero Edgardo. I rilievi dei consulenti hanno poi avuto un ruolo centrale nel procedimento giudiziario e nella risoluzione del contenzioso.

Infatti, instaurato il giudizio di merito dopo l’esperimento dell’ATP conciliativo, è stato possibile raggiungere un accordo transattivo con la struttura sanitaria (e con la rispettiva compagnia assicuratrice), che ha contemplato la liquidazione di un risarcimento reputato congruo dai familiari di Edgardo. Del resto, la conciliazione così raggiunta ha rappresentato un risultato importante per le parti, che hanno trovato un compromesso accettabile attraverso reciproche concessioni, valutando positivamente l’opportunità di definire il contenzioso senza ulteriori aggravi o ritardi, sia dal punto di vista temporale che da quello emotivo.

La “cifra del dolore”, in questo contesto di malasanità, trascende la mera quantificazione economica dei pregiudizi sofferti dai congiunti di Edgardo. La perdita di una persona cara rappresenta una ferita sempre aperta e indelebile nel tessuto familiare: il risarcimento ottenuto, benché significativo, non potrà mai compensare pienamente il vuoto lasciato da una perdita ingiusta e prematura. Tuttavia, esso rappresenta un riconoscimento legale delle responsabilità accertate e un passo avanti verso la chiusura di un capitolo doloroso nella vita dei ricorrenti.

Omessa diagnosi: Chiunque voglia sinceramente la verità è sempre spaventosamente forte

§ 5. Sepsi, omessa diagnosi e “malasanità”: quali insegnamenti trarre dalla storia di Edgardo?

La storia di Edgardo non è solo un racconto di dolore e perdita, ma anche un monito e una lezione per il sistema sanitario. Emerge l’importanza di una diagnosi tempestiva e accurata, soprattutto in presenza di quadri infettivi complessi come la sepsi, che richiedono un intervento immediato e mirato.

L’insegnamento cruciale è la necessità di un’attenzione costante e di un monitoraggio efficace del paziente, soprattutto quando si manifestano sintomi che possono essere premonitori di condizioni gravi. La mancanza di un’indagine approfondita, l’omissione di consulenze specialistiche, e il ritardo nella diagnosi e nel trattamento possono avere conseguenze fatali.

Sotto questo profilo, viene da riflettere su quale potenziale rilievo avrebbe potuto avere, in un contesto clinico del genere, una cartella clinica elettronica. L’adozione di un sistema informatizzato avrebbe forse potuto allertare il personale sanitario in modo più tempestivo, fornendo gli strumenti per una diagnosi più rapida e un intervento mirato. L’auspicata digitalizzazione del SSN, dunque, potrebbe indubbiamente contribuire ad evitare simili accadimenti.

Responsabilità, giustizia e prevenzione

Ad ogni modo, questa vicenda sottolinea anche l’importanza del sistema della responsabilità medica e della trasparenza nelle strutture sanitarie, affinché si possano prevenire analoghi eventi critici. La giustizia ha un ruolo fondamentale nel riconoscere e sanzionare gli errori, ma la prevenzione e la formazione sono strumenti ancor più potenti per garantire la sicurezza dei pazienti.

La storia di Edgardo, in fin dei conti, è un richiamo all’umanità e alla compassione che dovrebbero sempre guidare l’approccio medico nella relazione terapeutica. Oltre alla competenza tecnica, è indispensabile una profonda sensibilità verso il paziente e i suoi familiari, per affrontare non solo le sfide cliniche ma anche il complesso universo emotivo che le accompagna. In questo senso, la vicenda di Edgardo è un appello alla consapevolezza, all’empatia e all’integrità nella pratica medica, valori che possono contribuire a costruire un sistema sanitario più giusto e umano.

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