Il consenso informato non è un semplice modulo da firmare, ma un processo di comunicazione tra medico e paziente, essenziale per garantire il diritto all’autodeterminazione in ambito sanitario. Attraverso un’informazione chiara, completa e personalizzata, il paziente viene messo nelle condizioni di compiere una scelta consapevole sul proprio percorso di cura.
Purtroppo, non sempre questo diritto viene rispettato. Quando il medico omette di informare adeguatamente il paziente o ne sottovaluta la volontà, si configura una violazione del consenso informato. Questa mancanza può avere gravi ripercussioni non solo sulla salute fisica, ma anche sulla sfera psicologica ed esistenziale della persona.
La legge tutela il paziente in questi casi, riconoscendo il diritto a un risarcimento del danno derivante dalla lesione del diritto all’autodeterminazione. Attraverso le pronunce della Corte di Cassazione, la giurisprudenza ha delineato i contorni di questo illecito e i criteri per quantificare il danno risarcibile.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Cos’è il consenso informato
- § 2. La revoca del consenso
- § 3. Il consenso informato per minori e incapaci
- § 4. Cosa prevede la legge in caso di mancato consenso informato
- § 5. Qual è il danno risarcibile per violazione del consenso informato?
- § 6. Quantificazione del danno da mancato consenso informato
- § 7. Come ottenere il risarcimento per mancato consenso informato
§ 1. Cos’è il consenso informato
Il consenso informato è un processo di comunicazione fondamentale tra medico e paziente, che garantisce il diritto di ogni persona di essere adeguatamente informata prima di sottoporsi a qualsiasi trattamento sanitario. La sua importanza risiede nella tutela di due diritti fondamentali: il diritto alla salute e il diritto all’autodeterminazione, sanciti dagli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione italiana e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
La Legge 22 dicembre 2017, n. 219 ha introdotto nel nostro ordinamento una disciplina specifica sulle modalità di informazione del paziente e di acquisizione del suo consenso (o del suo rifiuto) al trattamento sanitario. L’art. 1 della legge afferma che:
“nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne nei casi espressamente previsti dalla legge”.
Attraverso il consenso informato, il paziente viene messo nelle condizioni di comprendere tutti gli aspetti del trattamento proposto:
- Diagnosi
- Rischi
- Benefici
- Alternative possibili
- Conseguenze di un eventuale rifiuto
Questa informazione deve essere fornita in modo chiaro, completo e personalizzato, per consentire al paziente di compiere scelte consapevoli e libere riguardo al proprio percorso di cura.
Dopo aver ricevuto un’informazione completa e comprensibile, il paziente ha il diritto di decidere liberamente se accettare o rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi trattamento sanitario o accertamento diagnostico proposto dal medico, compresi la nutrizione e l’idratazione artificiali.
Come il paziente ha diritto a essere informato, ha anche diritto di decidere di non esserlo. In tal caso indicherà i familiari o una persona di fiducia incaricati di raccogliere le informazioni al suo posto. La legge riconosce infatti al paziente la facoltà di coinvolgere nella relazione di cura anche i familiari, la parte dell’unione civile, la persona convivente o altra persona di sua fiducia. L’eventuale rifiuto o rinuncia all’informazione da parte del diretto interessato deve essere annotato nella cartella clinica.
§ 1.1 Come si acquisisce il consenso al trattamento
Sia il consenso al trattamento che il rifiuto devono essere espressi secondo le modalità previste dalla legge e devono essere documentati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.
La legge 219/2017 dispone che il consenso informato debba essere acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente. Esso deve essere documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, nel caso di persone con disabilità, con dispositivi che consentano loro di comunicare (art. 1, comma 4).
§ 2. La revoca del consenso
Il paziente ha il diritto di revocare in qualsiasi momento il consenso precedentemente prestato, anche quando ciò comporti l’interruzione di un trattamento sanitario già avviato. Questa facoltà è espressione della libertà di autodeterminazione del paziente riguardo alla cura della propria salute.
La revoca del consenso deve essere acquisita e documentata seguendo le stesse modalità previste per il consenso informato e per il rifiuto al trattamento.
§ 3. Il consenso informato per minori e incapaci
La legge prevede una disciplina particolare nel caso di acquisizione del consenso informato di incapaci di agire e minori: sebbene siano i genitori e i tutori a dover decidere, non si può prescindere totalmente dalla volontà del soggetto. Il suo parere deve essere considerato per garantire una scelta rispettosa della dignità e della salute psicofisica della persona.
Nel dettaglio:
- Per i minori, il consenso è espresso dai genitori o dai tutori, tenendo conto dell’età e del grado di maturità del minore. Il minore ha diritto di essere informato e ascoltato, compatibilmente con la sua capacità di comprensione e di discernimento;
- Per gli interdetti, il consenso è espresso dal tutore, ma l’interdetto deve essere informato e ascoltato, se possibile, compatibilmente con il suo stato di capacità;
- Per le persone sottoposte ad amministrazione di sostegno, il consenso è espresso in base al contenuto del decreto di nomina. Se l’amministratore di sostegno rappresenta la persona in ambito sanitario, sarà lui a esprimere il consenso; altrimenti sarà la persona stessa a farlo.
In ogni caso, il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente, compatibilmente con le esigenze della sua salute e con i doveri deontologici del medico stesso. In caso di contrasto tra la volontà del rappresentante legale e quella del minore o dell’incapace, il medico deve segnalare la situazione al giudice tutelare.
§ 4. Cosa prevede la legge in caso di mancato consenso informato
La legge prevede che solo in 2 casi il medico può agire senza consenso:
- Stato di necessità, quando il trattamento è indispensabile per salvare la vita del paziente, ad esempio in situazioni di emergenza.
- Trattamenti obbligatori per legge, come nel caso di malattie infettive a rischio di diffusione.
Quando il consenso non viene richiesto o è inadeguato, la legge tutela il paziente riconoscendogli il diritto a un risarcimento.
§ 5. Qual è il danno risarcibile per violazione del consenso informato?
Per rispondere a questo interrogativo è determinante la giurisprudenza della Cassazione che, con la sentenza 2 luglio-11 novembre 2019, n. 28985, fornisce un quadro chiaro in merito al risarcimento del danno da violazione del consenso informato.
La Corte di Cassazione ha affrontato in diverse occasioni il tema del mancato consenso informato, delineando con chiarezza le responsabilità di medici e strutture sanitarie, nonché i diritti dei pazienti in caso di violazione. Secondo la giurisprudenza consolidata, il medico non solo è tenuto a eseguire correttamente il trattamento, ma ha anche il dovere di fornire al paziente tutte le informazioni necessarie affinché questi possa decidere in modo libero e consapevole. Quando questo diritto viene disatteso, si configurano specifiche ipotesi di danno risarcibile.
§ 5.1 I tipi di danno risarcibile: sentenza Cassazione n. 28985/2019
Una pronuncia fondamentale che aiuta a definire i contorni della questione è la sentenza n. 28985/2019 della Cassazione. Questa decisione ha stabilito che il mancato consenso informato può causare due tipi di danno distinti:
- Il danno alla salute: si verifica quando il paziente, se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi al trattamento che gli ha causato pregiudizi fisici. In questi casi, il paziente deve dimostrare che una scelta diversa avrebbe evitato le conseguenze negative.
- La lesione del diritto all’autodeterminazione: si configura anche in assenza di danni fisici, qualora il paziente sia stato privato della possibilità di decidere liberamente sul proprio percorso di cura. Questo diritto è autonomo e distinto dal diritto alla salute ed è risarcibile come danno morale o esistenziale.
La Corte di Cassazione sottolinea inoltre che il paziente ha l’onere di provare il nesso causale tra il mancato consenso e il danno subito. Deve quindi dimostrare che, se fosse stato adeguatamente informato, avrebbe fatto una scelta diversa, come rifiutare il trattamento o optare per un’alternativa meno invasiva o rischiosa.
La prova del rifiuto ipotetico può essere fornita attraverso documentazione, testimonianze o presunzioni, secondo criteri definiti dalla Corte.
§ 5.2 Possibili scenari di violazione del consenso informato
Ripercorrendo e confermando un consolidato orientamento, la Suprema Corte ha poi provveduto a tratteggiare i possibili scenari di violazione del consenso informato ed i correlati aspetti di danno, evidenziando quanto segue:
Scenario | Danno Risarcibile | |
---|---|---|
A | Omessa/insufficiente informazione in relazione a un intervento con danno alla salute per condotta colposa del medico. Il paziente avrebbe comunque accettato l’intervento. | Solo danno alla salute (morale e relazionale). |
B | Omessa/insufficiente informazione in relazione a un intervento con danno alla salute per condotta colposa del medico. Il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi all’intervento. | Danno alla salute e danno da lesione del diritto all’autodeterminazione. |
C | Omessa informazione in relazione a un intervento con danno alla salute (anche come aggravamento) per condotta non colposa del medico. Il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi all’intervento. | Danno alla salute (differenziale) e danno da lesione del diritto all’autodeterminazione (equitativo). |
D | Omessa informazione in relazione a un intervento che non ha cagionato un danno alla salute. Il paziente avrebbe comunque accettato l’intervento. | Nessun risarcimento. |
E | Omessa/inadeguata diagnosi senza danno alla salute, ma con preclusione ad accertamenti più accurati. Derivano conseguenze non patrimoniali (sofferenza soggettiva, contrazione della libertà personale). | Danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, salvo prova contraria della controparte. |
La giurisprudenza (Cass. III, 04/11/2020, n. 24471, Pres. Armano, Rel. Olivieri) ha altresì precisato che la mancata acquisizione del consenso informato ha diversa rilevanza a seconda che si invochi la violazione del diritto all’autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute:
- Diritto all’autodeterminazione: l’omessa informazione viola direttamente l’interesse del paziente a valutare rischi e benefici del trattamento.
- Diritto alla salute: il paziente deve dimostrare che, se adeguatamente informato, avrebbe fatto scelte diverse, configurando un nesso causale tra l’omissione e il danno.
Per il risarcimento del danno all’autodeterminazione, occorre specificare:
- Le scelte che il paziente avrebbe considerato (es. rinuncia al trattamento, altre opzioni terapeutiche, ricorso a strutture diverse).
- Gli altri pregiudizi subiti, oltre al danno alla salute.
In sostanza, il danno da lesione del diritto all’autodeterminazione non è automatico, ma deve essere dimostrato in giudizio attraverso fatti concreti e allegazioni precise.
§ 5.3 L’importanza del consenso informato nella giurisprudenza
L’evoluzione giurisprudenziale in materia di consenso informato ne rafforza l’importanza, non solo come mero requisito formale, ma come strumento essenziale per tutelare la dignità e la libertà decisionale del paziente. Le sentenze della Cassazione ribadiscono che il consenso informato è un diritto fondamentale della persona, la cui violazione può dar luogo a responsabilità civile e al risarcimento dei danni, sia patrimoniali che non patrimoniali.
Questo orientamento giurisprudenziale contribuisce a promuovere una cultura della trasparenza e della partecipazione attiva del paziente nelle scelte che riguardano la propria salute, ponendo al centro del rapporto medico-paziente il rispetto dell’autonomia e della dignità della persona.
§ 6. Quantificazione del danno da mancato consenso informato
Per quanto riguarda la quantificazione del danno, i tribunali si avvalgono di criteri uniformi, elaborati grazie al lavoro dell’Osservatorio del Tribunale di Milano. Tra i fattori presi in considerazione vi sono:
- L’entità delle sofferenze fisiche e psichiche conseguenti al trattamento non preceduto da consenso;
- Lo stato di vulnerabilità del paziente (per età, storia clinica, condizioni personali o psicologiche);
- L’invasività del trattamento eseguito senza consenso e la sua eventuale urgenza;
- Le complicanze prevedibili che si sono effettivamente verificate;
- L’eventuale presenza di alternative terapeutiche meno rischiose;
- La gravità della violazione degli obblighi informativi.
§ 7. Come ottenere il risarcimento per mancato consenso informato
Quando il diritto al consenso informato viene violato, il paziente subisce una lesione profonda della propria autonomia e dignità, anche in assenza di colpa medica sul piano tecnico. Questo danno all’autodeterminazione può e deve essere risarcito.
Ma come ottenere il giusto riconoscimento?
L’onere della prova in questo caso è della vittima, quindi la prima cosa da fare è dimostrare la lesione subita, che può riguardare sia la salute fisica, se il trattamento eseguito senza adeguata informazione ha causato danni evitabili, sia il diritto all’autodeterminazione in sé, anche in assenza di conseguenze tangibili. Il disagio psicologico ed esistenziale causato dalla privazione della libertà di scelta è un danno risarcibile a tutti gli effetti.
Per sostenere la propria posizione, è fondamentale raccogliere una documentazione solida e completa: dalla cartella clinica che evidenzi le carenze informative, alle relazioni mediche e perizie tecniche che certifichino l’assenza di un consenso realmente informato e le conseguenze per il paziente. Ogni prova del danno subito, dai certificati medici alla documentazione del pregiudizio patrimoniale, è un tassello essenziale.
Con queste basi, è possibile avviare una azione legale, a partire da una diffida formale alla struttura sanitaria per tentare una composizione stragiudiziale. Se questo non basta, si può procedere con un’azione civile, assistiti da un avvocato specializzato e supportati da una perizia medico-legale che illustri nel dettaglio le omissioni e i danni subiti.
In questo percorso, l’assistenza di professionisti qualificati fa la differenza. Un avvocato esperto in responsabilità medica, come quelli che operano presso lo Studio Legale Chiarini, può valutare la fondatezza della richiesta, gestire ogni fase legale con competenza e determinazione, e collaborare con medici legali per garantire che la posizione del paziente sia sostenuta da perizie autorevoli e inattaccabili.