Ultimo Aggiornamento 20 Maggio 2024
Legge Cirinnà e unioni tra persone dello stesso sesso
A conclusione del lungo e annoso dibattito in ordine al riconoscimento nel nostro ordinamento delle unioni civili, il legislatore italiano è intervenuto, per la prima volta, introducendo la disciplina delle unioni tra persone dello stesso sesso attraverso la legge 20 maggio 2016, n. 76 – c.d. Legge Cirinnà – di “Regolamentazione delle unioni civili tra persone delle stesso sesso e disciplina delle convivenze“.
Si tratta di una legge che conferisce rilievo giuridico alla stabile convivenza di due individui accompagnata da un progetto di vita in comune.
Con questo articolo intendiamo approfondire, in particolare, il quadro delineato con il giovane e dibattuto istituto delle unioni civili, così come trattato dai commi 1-35 della legge 76/2016.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Bene giuridico tutelato e modalità di costituzione dell’unione civile
- § 2. Cause impeditive per la costituzione dell’unione civile. La nullità e l’impugnazione dell’unione
- § 3. Altre cause di impugnazione dell’unione civile. Il consenso della parte
- § 4. Diritti e doveri discendenti dall’unione civile. I rapporti patrimoniali e personali
- § 5. Scioglimento dell’unione civile
- § 6. Trattamento successorio delle parti di una unione civile
- § 7. Approfondimenti consigliati
§ 1. Bene giuridico tutelato e modalità di costituzione dell’unione civile
Il legislatore ha puntualizzato immediatamente – con l’art. 1, comma 1, della legge 76/2016 – il rango costituzionale del bene giuridico che ha inteso tutelare. Le unioni civili, infatti, sono state riconosciute quale specifica formazione sociale ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione italiana.
L’art. 1, comma 2, della legge 76/2016 stabilisce che:
“Due persone maggiorenni dello stesso sesso costituiscono un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni“.
L’unione civile si costituisce, quindi, solo con la presenza imprescindibile di tre requisiti:
- due persone maggiorenni dello stesso sesso;
- dichiarazione innanzi all’ufficiale di stato civile;
- presenza di due testimoni.
La dichiarazione raccolta dall’ufficiale di stato civile deve contenere:
- i dati anagrafici delle parti;
- il regime patrimoniale delle parti;
- il luogo di residenza delle parti;
- i dati anagrafici dei testimoni;
- il luogo di residenza dei testimoni.
E’ lo stesso ufficiale di stato civile a provvedere alla registrazione della dichiarazione nell’archivio dello stato civile.
§ 2. Cause impeditive per la costituzione dell’unione civile. La nullità e l’impugnazione dell’unione
Non si può procedere alla costituzione di una unione civile se ricorrono le seguenti cause impeditive:
- precedente vincolo matrimoniale o di altra unione civile;
- l’interdizione di una delle parti per infermità di mente;
- rapporti di parentela, affinità ed adozione oppure rapporto di zio e nipote, nonché zia e nipote;
- condanna definitiva di una delle parti per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altra parte.
Nel caso in cui ricorra una di queste cause, l’unione celebrata sarà affetta da nullità. In tal caso, l’impugnazione finalizzata alla dichiarazione della nullità può essere proposta da:
- ciascuna delle parti;
- ascendenti prossimi;
- Pubblico Ministero;
- tutti coloro che abbiano un interesse legittimo e attuale.
§ 3. Altre cause di impugnazione dell’unione civile. Il consenso della parte.
Con riguardo alla formazione del consenso della parte, tuttavia, la legge conferisce ulteriore ed esclusiva facoltà di impugnativa al ricorrere di talune cause tassativamente elencate. La parte infatti, può impugnare l’unione se il suo consenso è stato:
- estorto con violenza (anche quando il male minacciato riguarda la persona o i beni dell’altra parte dell’unione civile, o da un suo discendente o ascendente);
- determinato da timore di eccezionale gravità dovuto a cause esterne alla parte stessa;
- prestato per effetto di errore sull’identità della persona o di errore essenziale su qualità personali dell’altra parte.
Tuttavia se le parti hanno coabitato almeno un anno successivamente alla cessazione di una delle cause d’impugnazione, non sarà più possibile proporre l’azione.
La parte potrà invece impugnare in qualunque momento il matrimonio dell’altra parte o la sua unione civile.
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§ 4. Diritti e doveri discendenti dall’unione civile. I rapporti patrimoniali e personali
Con l’unione le parti assumono gli stessi doveri ed acquistano gli stessi diritti.
DOVERI
- assistenza morale e materiale;
- coabitazione;
- contribuzione ai bisogni comuni in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo.
DIRITTI
- scegliere un cognome comune tra i loro cognomi, nonché anteporre o posporre il cognome dell’altra parte al proprio;
- essere preferito dal Giudice quale amministratore di sostegno;
- in caso di morte del prestatore di lavoro, l’altra parte acquista il diritto alle indennità di cui agli artt. 2118 e 2120 c.c. (ripettivamente indennità per morte e TFR).
- in caso di scioglimento del vincolo, diritto al 40% del T.F.R. maturato dall’altra parte durante l’esistenza del vincolo, salvo il caso di nuova unione o matrimonio.
Inoltre le parti assieme:
- concordano l’indirizzo della vita familiare;
- fissano la residenza comune;
- attuano l’indirizzo concordato.
Come per il matrimonio, il regime patrimoniale dell’unione civile è costituito di regola dalla comunione dei beni, salvo che le parti scelgano altra convezione patrimoniale.
Con riferimento ai rapporti personali, la legge 76/2016 detta il seguente principio di particolare rilievo nell’ottica di una (quasi integrale) parificazione delle unioni civili al matrimonio:
“Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso“.
legge 20 maggio 2016, n. 76, art. 1, comma 20
Tuttavia, non soggiacciono a questa regola, ed impediscono quindi una totale parità di trattamento tra coniugi e parti dell’unione civile, le norme del codice civile non espressamente richiamate dalla legge n. 76/2016, nonché le disposizioni in tema di adozioni e affidamento dei minori.
§ 5. Scioglimento dell’unione civile
L’unione civile si scioglie nei seguenti casi:
- per morte o dichiarazione di morte presunta di una delle parti;
- nella maggior parte dei casi per cui la legge prevede lo scioglimento del matrimonio (quelli previsti dall’art. 3 nn. 1), 2) lett. a), c), d) ed e) della legge 898/1970 sul divorzio);
- con manifestazione resa all’ufficiale dello stato civile della volontà di scioglimento di entrambe le parti (in questo caso, le parti possono depositare la domanda di scioglimento 3 mesi dopo la manifestazione di volontà);
- quando vi sia sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso per una delle parti (ricordando che, per il matrimonio, se, nonostante la rettificazione anagrafica del sesso, i coniugi manifestino volontà di non sciogliere il vincolo, tra loro si instaura automaticamente una unione civile).
§ 6. Trattamento successorio delle parti di una unione civile
Ai membri dell’unione si applicano altresì le norme relative alla successione tra i coniugi (art. 1, comma 21, l. 76/2016). In specie, alle parti di una unione civile si applica tutto ciò che riguarda:
- la successione legittima;
- la successione necessaria;
- l’indegnità a succedere; in particolare non potrà concorrere all’eredità del convivente deceduto il convivente che ha:
- volontariamente ucciso o tentato di uccidere il partner;
- commesso in danno del partner un fatto al quale sono applicabili le disposizioni dettate per l’omicidio;
- denunciato falsamente il partner per un reato punibile con l’ergastolo o con la reclusione non inferiore a tre anni.