Accertamento del nesso di causalità

L’accertamento del nesso di causalità – I fondamenti della responsabilità sanitaria

Ultimo Aggiornamento 20 Maggio 2024

La causalità nel diritto sanitario: un Giudizio, non un fatto

Lo scriviamo e lo diciamo tutti: bisogna “accertare” il nesso di causalità.
L’attore deve dare la prova del nesso di causalità.
E’ stato provato, oppure è mancato l’accertamento del nesso di causalità…

Come se il nesso di causalità fosse una cosa materiale che si può davvero accertare.

Come quando si dice: devo accertare se il paziente è stato correttamente informato; devo accertare se gli è stato somministrato un certo farmaco oppure no; devo accertare se il paziente è caduto dal letto; se ha preso una infezione, se gli hanno amputato la gamba destra o quella sinistra, e così via…

Questi sono fatti materiali!
La causalità è un’altra cosa.

Leggi anche il nostro articolo su:
La “causalità” esiste? – I fondamenti della responsabilità sanitaria


INDICE SOMMARIO


§ 1. Il nesso di causalità non è un fatto, ma un giudizio

Stiamo parlando del nesso di causalità: il secondo presupposto della responsabilità sanitaria, che è quel collegamento che deve esistere tra la condotta colposa e il danno.

E abbiamo visto:

  1. che la causalità non la troviamo nella legge, non sta scritta in una norma giuridica;
  2. che la causalità non la possiamo prendere a prestito da altre discipline filosofiche o scientifiche, ma la dobbiamo creare, la dobbiamo inventare noi giuristi, e presto scopriremo come;
  3. che la causalità non è un fatto, ma un giudizio.

Non posso chiedere a un testimone: hai visto il nesso di causa?
E lui mi risponde: sì, l’ho visto!
E allora il nesso di causa è accertato.

Non posso, perché la causalità non è una cosa che troviamo nella realtà materiale, nel mondo dei fenomeni.
La causalità è un ragionamento che sta nella testa degli uomini.
Sono loro che decidono, che stabiliscono, che valutano se esiste il nesso causale tra un fatto “A” ed una conseguenza “B”, e lo decidono sulla base di una interpretazione che si fonda sulla propria esperienza e sulle proprie aspettative probabilistiche, come vedremo.

§ 2. Il giudizio sul nesso di causalità e le sue regole

Dunque la causalità non è un fatto, ma è un giudizio.
Per questo motivo, non è corretto – anche se lo facciamo tutti per comodità e per capirci – parlare di “accertamento” del nesso di causa, ma bisognerebbe parlare più esattamente di “spiegazione” del nesso causale.

E questo è un aspetto molto importante, soprattutto ai fini della motivazione delle sentenze e della loro impugnazione, anche in sede di legittimità, quindi ai fini del ricorso per Cassazione.

Sì perché, siccome il nesso di causalità non è un fatto, ma è un giudizio, questo giudizio si deve fondare su una regola. E se il Giudice di merito applica una regola causale sbagliata nel formulare il giudizio sulla causalità, io lo posso censurare anche in sede di legittimità.

Tutti i giudizi si fanno in base ad una regola.

Ad esempio, il giudizio sulla colpa si fa individuando la norma giuridica che si doveva rispettare e verificando se è stata violata: se c’è violazione, c’è la colpa.
Il giudizio sul danno biologico si fa accertando la lesione della salute e le sue conseguenze dinamico-relazionali: se ci sono, c’è il danno biologico.
Il giudizio sul danno morale si fa accertando la sofferenza interiore: se hai sofferto ti liquido il danno morale.
Il giudizio sul danno patrimoniale si fa accertando la diminuzione del patrimonio: se il patrimonio è diminuito dopo l’illecito, allora c’è il danno.

E così via, c’è sempre una regola di giudizio…

Devi “accertare” il nesso di causalità in ambito sanitario?

§ 3. Il rispetto delle regole di giudizio sulla causalità

Questo succede anche per il nesso causale.
Anche il giudizio sulla causalità ha le sue regole.
Ne parleremo meglio, ma possiamo dire subito che la regola fondamentale è la regola probabilistica, che chiamiamo criterio della “preponderanza dell’evidenza”, o del “più probabile che non”, e che possiamo chiamare anche del “più sì che no”.
Questa è la regola di giudizio in materia di causalità.

Il Giudice può sbagliare nell’applicazione di questa regola.

Ad esempio, un paziente va in Pronto Soccorso: lo rimandano a casa e poco dopo muore, magari per un infarto o per una dissezione aortica non riconosciuta.
Si deve stabilire se il fatto di non averlo curato è stato la causa della morte.

Immaginiamo che il Giudice dicesse: il nesso di causa manca perché, anche se tu, paziente, fossi stato correttamente inquadrato e trattato, non è certo, non posso dire con assoluta certezza, che tu saresti sopravvissuto.

Qui chiaramente il Giudice sta applicando un criterio di causalità sbagliato, perché il criterio che doveva applicare non era quello della certezza.
La spiegazione causale, la regola causale che il Giudice avrebbe dovuto applicare era quella della probabilità.
Il nesso causale c’è se era più probabile che, in caso di cure tempestive, il paziente si sarebbe salvato; più probabile dell’ipotesi contraria.

L’accertamento della causalità e il sindacato di legittimità della Corte di Cassazione

Se noi afferriamo bene il concetto che quella causale è una spiegazione e non un accertamento di fatto, capiamo che si può andare davanti alla Corte di Cassazione per denunciare l’applicazione di una regola causale, se è sbagliata.

Ovviamente non possiamo andare in Corte di Cassazione a denunciare l’accertamento dei fatti sui quali poggia il giudizio causale.

Quindi, per rimanere nell’esempio di cui sopra: quali sono i fatti?

Il paziente è andato in Pronto Soccorso alla tal ora, aveva questi sintomi, gli hanno fatto (o non gli hanno fatto) questi esami, e lo hanno rimandato a casa.
Se il giudice accerta questi fatti in modo giusto o sbagliato, è questione che si può discutere in primo grado, si può discutere in appello, ma non è questione che si può discutere in sede di legittimità, perché la Cassazione non è giudice del fatto.

Ma se il giudice dicesse: accertati questi fatti, io concludo che il nesso di causalità non è soddisfatto perché ci voleva la certezza della guarigione in caso di cure tempestive, bene (anzi male!): questo è un errore di giudizio.

E’ una falsa applicazione della legge, in special modo della regola probabilistica della causalità, che può essere fatta valere anche in sede di legittimità.

§ 4. “Accertamento” della causalità e oneri di motivazione

Vediamo un’altra implicazione fondamentale che deriva dal fatto che il nesso di causalità non si accerta, ma si spiega.

Questo principio (che il nesso di causalità si spiega, non si accerta) ha le sue ricadute anche sul piano degli oneri motivazionali che gravano sui Giudici.
Nel senso che non si possono scrivere sentenze in cui il problema della causalità viene liquidato con una formuletta di rito, del tipo “risulta all’evidenza che”; “non può dubitarsi del fatto che”; “è palese che”… c’è il nesso di causa, magari con un apodittico rinvio alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio.

Questa non è una spiegazione causale.
Questa è una motivazione apparente. È una motivazione che si colloca al di sotto di quello che le Sezioni Unite chiamano il “minimo costituzionale” (Cass. SS.UU., 07/04/2014, n. 8053).
Di conseguenza, una motivazione di questo tipo può ancora essere censurata in sede di legittimità, per violazione dell’obbligo di motivazione.

Nonostante, come sappiamo, da molti anni è stata purtroppo abolita la possibilità di ricorrere in Cassazione avverso le sentenze insufficientemente motivate, una sentenza di questo tipo, che non spieghi la causalità, non sarebbe solo insufficientemente motivata, ma sarebbe proprio nulla, perché del tutto priva di motivazione, e per questa ragione la si potrebbe ancora impugnare in Cassazione.

L’accertamento del nesso di causalità | Episodio 6 – Guarda il video!

«Ciò che chiamiamo caso non è e non può essere altro che la causa ignorata d’un effetto noto

(Voltaire)