Ultimo Aggiornamento 21 Maggio 2024
Quali regole per la corresponsione di trattamenti economici sostitutivi delle ferie non godute dai dirigenti in sanità?
La contrattazione collettiva della dirigenza in sanità (rinnovata a gennaio 2024) e la giurisprudenza hanno definito a quali condizioni il dirigente sanitario possa monetizzare le ferie non godute, al termine del rapporto di lavoro.
Sull’argomento, da ultimo, è intervenuta anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza n. 218 del 18/01/2024), per la quale la normativa italiana che vieta, al dipendente pubblico dimissionario, di ottenere l’indennità sostitutiva delle ferie non godute, è in contrasto col diritto dell’Unione.
INDICE SOMMARIO
- § 1. La contrattazione collettiva sulle ferie del dirigente sanitario
- § 2. La giurisprudenza sulla monetizzabilità delle ferie del dirigente medico
- § 3. Il divieto di monetizzazione delle ferie dei dipendenti pubblici
- § 4. Il precedente della Corte Costituzionale italiana
- § 5. La decisione della Corte di Giustizia sul diritto alla monetizzazione delle ferie
- § 6. Conclusioni (pratiche) sul piano probatorio
§ 1. La contrattazione collettiva sulle ferie del dirigente sanitario
L’articolo 32 del CCNL dirigenza sanitaria del 23/01/2024 prevede (comma 9) che le ferie sono un diritto irrinunciabile del dirigente e non sono monetizzabili, a meno che (comma 11) non siano godute per esigenze di servizio, nel qual caso sono monetizzabili solo all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, nei limiti delle vigenti norme di legge e delle relative disposizioni applicative.
Costituisce, inoltre, specifica responsabilità del dirigente con incarico di direzione di struttura complessa o semplice dipartimentale programmare e organizzare le proprie ferie tenendo conto delle esigenze del servizio a lui affidato, coordinandosi con quelle generali della struttura di appartenenza, provvedendo affinché sia assicurata, nel periodo di sua assenza, la continuità delle attività ordinarie e straordinarie.
§ 2. La giurisprudenza sulla monetizzabilità delle ferie del dirigente medico
La giurisprudenza ha chiarito che la contrattazione collettiva, che dispone il pagamento delle ferie nel solo caso in cui, all’atto della cessazione del rapporto, risultino non fruite per esigenze di servizio o per cause indipendenti dalla volontà del dirigente medico, si applica solo nei confronti dei dirigenti titolari del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza ingerenze da parte del datore di lavoro e non anche nei confronti dei dirigenti privi di tale potere (Cassazione lav., 09/03/2021, n. 6493 – Cass. S.U., 17/04/2009, n. 9146).
Il dirigente sanitario, che sia, invece, titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, nel caso in cui non eserciti il detto potere e non usufruisca quindi del periodo di riposo, non ha, in linea di principio, il diritto all’indennità sostitutiva, a meno che non provi la ricorrenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali ed obiettive, ostative alla suddetta fruizione.
Il ruolo organizzativo della struttura sanitaria datrice di lavoro
Inoltre, il dirigente che, pur munito del potere di auto-organizzarsi le ferie, non sia collocato all’apice dell’ente pubblico e sia, quindi, sottoposto a poteri autorizzatori o comunque gerarchici degli organi di vertice dello stesso, non perde il diritto alle ferie, ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro, ove il mancato godimento dipenda dall’inadempimento degli obblighi organizzativi del datore di lavoro, sul quale, pertanto, grava l’onere di provare di avere esercitato la sua capacità organizzativa in modo da assicurare che le ferie fossero effettivamente godute (Cassazione VI, 12/10/2022, n. 29844 – Corte appello Bari sez. lav., 05/05/2023, n. 695).
Ciò premesso, si è affermato che anche un direttore di una struttura sanitaria complessa, al momento della cessazione del rapporto, ha diritto all’indennità sostitutiva per le ferie non godute, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo messo nelle condizioni di esercitare il diritto in questione prima di tale cessazione, mediante un’adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo. (Nella specie, il datore di lavoro si era limitato a richiamare l’ampia discrezionalità di cui il dirigente godeva relativamente all’organizzazione dei propri tempi di lavoro, a fronte della dimostrazione, da parte del ricorrente, dell’esistenza di notevoli scoperture d’organico nella struttura dallo stesso diretta) (Cassazione lav., 02/07/2020, n.13613).
Quesiti sulla monetizzazione delle ferie non godute del dirigente medico?
§ 3. Il divieto di monetizzazione delle ferie dei dipendenti pubblici
Per tutti i dipendenti pubblici vi è – poi – un’ulteriore restrizione, dettata dall’art. 5, comma 8, d.l. 95/2012, ai sensi del quale:
“Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (…) sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età”.
Tale disciplina, come accennato, è stata oggetto di una recente pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, investita della questione dal Tribunale di Lecce, a sua volta adito da un ex dipendente comunale, dimessosi, che rivendicava l’indennità per ferie non godute.
Il Tribunale di Lecce ipotizzava, infatti, la non compatibilità di tale norma con l’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, ai sensi del quale “il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro”.
§ 4. Il precedente della Corte Costituzionale italiana
Già in precedenza, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 95/2016, aveva dichiarato che l’art. 5 del d.l. n. 95/2012 fosse conforme ai principi sanciti dalla Costituzione italiana, senza violare quelli del diritto dell’Unione e neppure le norme di diritto internazionale.
Per la Corte italiana, è legittimo escludere il diritto alla monetizzazione delle ferie nel caso in cui il rapporto sia cessato per dimissioni o, comunque, per circostanze – imputabili alla volontà delle parti – in relazione alle quali il dipendente avrebbe potuto fruire delle ferie, pianificandole per tempo, prima della cessazione del rapporto. Secondo la Corte, invece, esulano dall’ambito di applicazione della norma le vicende estintive del rapporto di lavoro non imputabili alla volontà delle parti.
§ 5. La decisione della Corte di Giustizia sul diritto alla monetizzazione delle ferie
Per i Giudici europei, invece, è privo di rilevanza il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato. Pertanto, la circostanza che un lavoratore ponga fine, di sua iniziativa, al proprio rapporto di lavoro, non ha nessuna incidenza sul suo diritto a percepire, se del caso, un’indennità finanziaria per le ferie non fruite. Ciò che rileva è comprendere se il dipendente sia stato in condizione di fruirne in corso di rapporto.
La Corte di Giustizia concorda, peraltro, con la Corte Costituzionale italiana sulla finalità della norma in questione, di reprimere il ricorso incontrollato alla «monetizzazione» delle ferie non godute; tale obiettivo, del resto, è comune alla direttiva.
Per tale ragione, il diritto nazionale ben potrebbe, in linea di principio, disporre la perdita del diritto alle ferie al termine del periodo di riferimento (o di un periodo di riporto), purché, tuttavia, il lavoratore che ha perso il diritto alle ferie annuali retribuite abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto, senza che il datore di lavoro sia tenuto a imporre a detto lavoratore di esercitare effettivamente il suddetto diritto.
Si tratta di incentivare, in particolare, la razionale programmazione del periodo di ferie e l’incentivazione dell’adozione di comportamenti virtuosi delle parti del rapporto di lavoro, per mettere i lavoratori in condizione di fruire delle loro ferie in corso di rapporto, anziché monetizzarle al termine di esso.
Invece, l’esigenza di contenimento della spesa pubblica, cui mira la normativa italiana in discussione, cede il passo, secondo i Giudici europei, dinanzi alla tutela della sicurezza e salute dei dipendenti, cui il diritto alle ferie è funzionale, che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico (cfr. considerando 4 della direttiva 2003/88).
§ 6. Conclusioni (pratiche) sul piano probatorio
Il datore di lavoro è tenuto, in considerazione del carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite e al fine di assicurare l’effetto utile dell’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a farlo, e nel contempo informandolo, in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte a contribuire, del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato, o non potranno più essere sostituite da un’indennità finanziaria.
L’onere della prova, di aver posto in essere tali misure, ricade sul datore di lavoro.
«Quale vantaggio avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?»
(Matteo 16, 26)