La mediazione in responsabilità medica

Mediazione nella responsabilità medica: obblighi, vantaggi e cosa aspettarsi

Ultimo Aggiornamento 12 Novembre 2024

La mediazione è diventata obbligatoria per le controversie di responsabilità sanitaria con la legge Gelli-Bianco del 2017. Questo significa che, prima di poter intraprendere un’azione legale, pazienti e strutture sanitarie devono tentare di risolvere la disputa attraverso un procedimento di mediazione.

Ma cos’è esattamente la mediazione obbligatoria in ambito sanitario? Come funziona e quali vantaggi offre rispetto all’Accertamento Tecnico Preventivo (ATP)? E soprattutto, come affrontarla nel modo più efficace?

Cercheremo di dare una risposta a questi interrogativi, basandoci sull’esperienza maturata dal nostro studio legale a partire dall’entrata in vigore della legge Gelli-Bianco.

L’obiettivo è quello di fornire informazioni utili e spunti pratici a tutti i soggetti coinvolti nelle controversie di responsabilità sanitaria: pazienti, medici, strutture e avvocati.

Ecco di cosa parleremo in questo approfondimento:

  • Della trattativa stragiudiziale che dobbiamo coltivare nella prima fase di gestione di un fascicolo,
  • Delle due condizioni (alternative) di procedibilità della domanda, costituite appunto dall’ATP e dalla mediazione,
  • Delle circostanze e delle motivazioni per le quali può essere preferibile la mediazione rispetto all’ATP,
  • Infine, delle condizioni che, a nostro avviso, possono consentire alla mediazione di funzionare.

§ 1. Cos’è la mediazione e quando è obbligatoria

Prima di addentrarci negli aspetti tecnici della mediazione obbligatoria in ambito sanitario, partiamo da un presupposto indiscutibile: mettersi d’accordo con la controparte, piuttosto che andare a finire in tribunale per una causa di merito, conviene a tutti, in tutti i settori, e soprattutto in responsabilità sanitaria.

Come si suol dire: “una cattiva transazione è meglio di una buona sentenza” (o di una buona ordinanza, nel caso dell’abrogato art. 702 bis c.c.!). Mettersi d’accordo conviene al danneggiato, che evita l’alea, i tempi e i costi di un processo. Ma conviene anche alla struttura sanitaria e ai suoi funzionari, che possono limitare il dispendio di risorse economiche e magari evitare, se la struttura è pubblica, di finire davanti alla Corte dei Conti per un potenziale danno erariale.

Perciò resta di grande attualità l’insegnamento più autorevole, vecchio di duemila anni, che invita a coltivare la conciliazione invece del contenzioso:

[…] lungo la strada mettiti d’accordo con il tuo avversario, perché non ti trascini in tribunale e il giudice ti consegni all’esecutore, e questi ti getti in prigione. Ti assicuro: non ne uscirai finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo.

LUCA 12, 58-59

§ 2. La definizione di mediazione

Venendo alla definizione, la mediazione è una procedura stragiudiziale di risoluzione delle controversie in cui un terzo neutrale, il mediatore, assiste le parti nella ricerca di un accordo amichevole. In ambito sanitario, la mediazione è diventata obbligatoria con la legge Gelli-Bianco (Legge n. 24/2017) per tutte le controversie relative a responsabilità medica e sanitaria.

Più precisamente: l’articolo 5 del D.lgs. 28/2010 aveva già introdotto l’obbligo di mediazione per una serie di materie, tra cui “il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria“.

La legge Gelli-Bianco ha poi ribadito e rafforzato questo obbligo, prevedendo all’articolo 8 che chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità medica è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile (ATP) o a esperire la mediazione ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

Quindi prima di poter iniziare una causa civile per il risarcimento dei danni derivanti da presunta responsabilità medica o sanitaria, il paziente (o i suoi familiari) deve obbligatoriamente tentare la strada della mediazione o, in alternativa, del cosiddetto ATP (Accertamento Tecnico Preventivo).

La condizione di procedibilità si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo

In caso di mancata partecipazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio (art. 8, comma 4-bis, legge Gelli-Bianco) e condannare la parte costituita che non ha partecipato al pagamento di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (art. 8, comma 4-bis, d.lgs. 28/2010).

§ 3. Vantaggi (e limiti) della mediazione in responsabilità sanitaria

La mediazione offre diversi vantaggi rispetto al contenzioso giudiziario per la risoluzione delle controversie in ambito sanitario. Tra i principali benefici, possiamo evidenziare:

  1. Rapidità: la mediazione si conclude generalmente in tempi molto più brevi rispetto a un processo ordinario. Mentre una causa civile può durare anni, la mediazione richiede in media pochi mesi.
  2. Economicità: i costi della mediazione sono significativamente inferiori a quelli di un giudizio, sia in termini di spese legali che di tempo investito dalle parti.
  3. Riservatezza: a differenza del processo, che si conclude con un provvedimento pubblico (sentenza o ordinanza), la mediazione è strettamente riservata. Questo può essere un vantaggio per entrambe le parti, che possono evitare l’esposizione mediatica e preservare la propria privacy.
  4. Flessibilità: la mediazione consente alle parti di trovare soluzioni creative e personalizzate, non necessariamente limitate a quanto previsto dalla legge. Questo permette di soddisfare meglio le esigenze e gli interessi di entrambe le parti.
  5. Relazione: la mediazione, favorendo il dialogo e la comprensione reciproca, può aiutare a preservare o ripristinare la relazione tra paziente e medico/struttura sanitaria, laddove possibile.

Inoltre, per le strutture sanitarie pubbliche, la mediazione può ridurre il rischio di subire un danno erariale in caso di soccombenza, con conseguente azione di responsabilità da parte della Corte dei Conti. Un vantaggio non da poco, considerando le possibili ripercussioni economiche e d’immagine.

Naturalmente, come ogni strumento, anche la mediazione ha i suoi limiti. Non sempre si riesce a raggiungere un accordo, specie se le parti non sono collaborative o se le divergenze sono troppo profonde. In questi casi, purtroppo, l’unica strada rimane il ricorso al giudizio ordinario.

Inoltre, va detto che la mediazione richiede la disponibilità di entrambe le parti ad una partecipazione attiva e in buona fede. Se manca questa apertura, è difficile che il procedimento possa avere successo.

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§ 4. La trattativa stragiudiziale per presunta responsabilità medica

Prima di avviare qualsiasi procedimento giudiziale in ambito di responsabilità sanitaria, è sempre consigliabile tentare una trattativa stragiudiziale

In questa prima fase il legale del paziente, dopo aver completato l’istruttoria con i propri consulenti tecnici e aver valutato la fondatezza del caso, apre il sinistro inviando una comunicazione ai presunti responsabili.

L’obiettivo di questa fase preliminare è di instaurare un dialogo costruttivo con la controparte, per verificare la possibilità di raggiungere un’intesa transattiva. Il tutto deve essere però gestito in tempi ragionevoli. 

Purtroppo, nella nostra esperienza, sta diventando sempre più difficile chiudere un sinistro di responsabilità sanitaria in via stragiudiziale. Spesso si assiste a un susseguirsi di comunicazioni interlocutorie, richieste di integrazioni documentali, riunioni dei comitati di valutazione sinistri, che allungano i tempi e rendono difficile arrivare al cuore della discussione.

Questa situazione di stallo può mettere in difficoltà l’avvocato, che si trova a dover giustificare ai propri clienti un’apparente inerzia. Il rischio è quello di perdere l’incarico, se non si riesce a sbloccare la trattativa e a ottenere risultati concreti in tempi ragionevoli.

Ecco perché, se la fase stragiudiziale non porta i frutti sperati, occorre essere pronti a passare oltre e valutare l’avvio di un procedimento di mediazione o di un ATP. Si tratta di strumenti che, come abbiamo visto, offrono ulteriori opportunità di dialogo e di composizione della controversia, con il supporto di un terzo imparziale (il mediatore o il consulente tecnico).

§ 5. Le condizioni di procedibilità: ATP e mediazione nella responsabilità medica

La scelta tra mediazione e Accertamento Tecnico Preventivo (ATP) può influire significativamente sull’esito e sui tempi di risoluzione della controversia in ambito di responsabilità medica. 

Entrambe le opzioni, previste dalla legge Gelli-Bianco, rappresentano condizioni di procedibilità, ossia passaggi obbligatori da intraprendere prima di avviare un giudizio civile: chi intende esercitare questa azione risarcitoria in materia di responsabilità sanitaria deve preliminarmente proporre il ricorso per ATP, o meglio il ricorso per l’esperimento di un consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, come dice la rubrica dell’art. 696 bis c.p.c.

Al secondo comma dell’art. 8 la legge Gelli specifica che la presentazione di questo ricorso è condizione di procedibilità della domanda, e poi aggiunge: è fatta salva la possibilità di optare, in alternativa, per l’istituto della mediazione.

Quindi c’è una via obbligata rimessa alla discrezione della parte: l’ATP (che sembra la strada, diciamo così, privilegiata dal legislatore), oppure la mediazione. Sebbene la legge lasci spazio alla discrezione della parte nella scelta, esistono contesti in cui una delle due opzioni può risultare più adatta e conveniente, a seconda della specificità del caso e dell’obiettivo finale.

In termini generali, l’ATP viene considerato uno strumento particolarmente utile per verificare preliminarmente la fondatezza della richiesta risarcitoria, dato che prevede una consulenza tecnica che può fare chiarezza sulla situazione clinica e sul nesso causale tra condotta e danno. La mediazione, invece, favorisce un confronto diretto tra le parti e permette di raggiungere soluzioni condivise, spesso in tempi più rapidi rispetto a un processo ordinario, preservando la riservatezza delle informazioni.

§ 5.1 Opinioni giurisprudenziali su ATP e mediazione in responsabilità medica

A dire il vero, in alcuni casi, i giudici hanno manifestato perplessità sul ricorso all’ATP. Infatti, se la questione risulta particolarmente complessa, come ad esempio nei casi con difficoltà probatorie o nelle situazioni in cui risulta improbabile una conciliazione in fase di consulenza tecnica, alcuni tribunali hanno espresso l’opinione che sarebbe stato preferibile il tentativo di mediazione fin dal principio.

Un caso affrontato dal Tribunale di Trieste ha sottolineato questa opionione: di fronte a una controversia complessa, il giudice ha stabilito che l’ATP non fosse lo strumento adeguato e che il ricorrente avrebbe dovuto valutare prima la mediazione, trasformando di fatto la facoltà di scelta in un obbligo di preferenza per la mediazione. Situazioni simili si sono verificate anche presso il Tribunale di Treviso e, talvolta, presso il Tribunale di Catania, che hanno mostrato maggiore cautela nell’ammettere l’ATP in casi complessi o con prognosi di scarsa conciliazione.

In un’ordinanza del Tribunale di Napoli, emessa in una causa per presunta negligenza nel trattamento di un paziente durante la pandemia da Covid-19, il giudice ha dichiarato inammissibile un ricorso per ATP che mirava a sindacare il trattamento domiciliare di un caso di decesso per Covid-19, perché non era stato adeguatamente specificato quali trattamenti medici colposamente omessi o ritardati avrebbero avuto una ragionevole probabilità di successo nell’ottica di maggiori chances di guarigione, se non di sopravvivenza.

È emerso così un principio chiave: perché l’ATP sia ammissibile, il ricorso deve essere dettagliato e non può limitarsi a un’esplorazione dei possibili profili di responsabilità. È essenziale che la domanda indichi con chiarezza i fatti colposi rilevanti e il collegamento causale con il danno, secondo quel “ragionamento controfattuale” che la giurisprudenza ha reso fondamentale.

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§ 6. Riforma Cartabia e responsabilità medica: cosa è cambiato per ATP e mediazione

L’entrata in vigore della riforma Cartabia ha apportato modifiche significative al processo civile e, di riflesso, anche alle procedure di responsabilità medica. In particolare, il decreto legislativo n. 149 del 2022 ha introdotto, tra le varie novità, un nuovo “procedimento semplificato di cognizione” in sostituzione del vecchio “procedimento sommario di cognizione” (artt. 702-bis e seguenti del c.p.c.), abrogato proprio con la riforma.

Dunque, l’art. 8, comma 3 della legge Gelli prevede ora che, in caso di ATP infruttuoso, il giudizio di merito da introdurre sia il procedimento semplificato di cognizione di cui agli artt. 281 undecies e seguenti c.p.c. (in luogo dell’abrogato rito sommario di cognizione di cui all’art. 702-bis c.p.c.).

Per quanto concerne la mediazione, invece, la riforma Cartabia ha introdotto diverse novità (non tutte positive), alcune delle quali hanno un impatto specifico sulla mediazione in responsabilità medica. Più in particolare:

  • Estensione delle Materie Obbligatorie: L’elenco delle materie per le quali la mediazione è obbligatoria è stato ampliato, ma la responsabilità medica, come già detto, era già inclusa prima della riforma.
  • Maggiore Effettività della Procedura: La riforma ha introdotto misure per rendere la mediazione più efficace, come la presenza personale obbligatoria delle parti e le conseguenze processuali per la mancata partecipazione ingiustificata, incluso il raddoppio del contributo unificato.
  • Indennità di Primo Incontro: Una novità importante è (purtroppo) l’introduzione di un’indennità per il primo incontro di mediazione, che le parti devono versare all’organismo di mediazione.
  • Aumento delle Tariffe: Le tariffe per gli organismi di mediazione sono state (purtroppo) aumentate, nonostante le critiche da più parti avanzate.
  • Formazione: La riforma prevede un aumento delle ore di formazione per i mediatori e una formazione continua obbligatoria.

§ 7. Mediazione e ATP: quando preferire una soluzione rispetto all’altra?

Per chi lavora a stretto contatto con casi di responsabilità medica, la scelta tra mediazione e ATP è raramente una questione neutra. Nella nostra esperienza professionale, l’ATP si conferma più efficace, soprattutto per le controversie complesse e per le sue caratteristiche di certezza probatoria.

Tuttavia, in alcuni casi, la mediazione può rappresentare una scelta strategica e vantaggiosa. Ecco come valutiamo questi due strumenti.

§ 7.1 L’ATP come prima scelta per la gestione tecnica delle controversie

In ambito sanitario, i contenziosi che approdano al nostro studio raramente si risolvono con semplicità; più spesso richiedono analisi tecniche e documentali approfondite. Per questo motivo, tendiamo a preferire l’ATP come strumento iniziale, soprattutto per le sue modalità procedurali: l’ATP prevede una consulenza tecnica preventiva, affidata a periti esperti, il cui parere può formare una base probatoria solida per il successivo giudizio ordinario, se necessario. Questo approccio si dimostra efficace per affrontare direttamente le complessità tecniche, offrendo un quadro probatorio completo già dalla prima fase.

Un aspetto distintivo dell’ATP è la scansione bifasica del procedimento. La fase iniziale di consulenza raccoglie tutti gli elementi tecnici necessari per definire la questione medica, e questo permette di colmare eventuali lacune documentali nel corso del giudizio, evitando preclusioni probatorie anticipate.

Non sempre, tuttavia, questa possibilità giova al paziente ricorrente. Pensiamo, per esempio, alle infezioni ospedaliere: in questi casi, il giudice valuta spesso se la struttura ha rispettato i protocolli di prevenzione. Una strategia che inizi con l’ATP consente di integrare il fascicolo anche nella successiva fase di merito. Invece, se si sceglie la strada del giudizio ordinario (preceduto dalla mediazione), la struttura sanitaria non potrà introdurre documenti aggiuntivi dopo la maturazione delle barriere istruttorie.

§ 7.2 Mediazione: la scelta quando è possibile un accordo senza eccessivi tecnicismi

Pur restando l’ATP la nostra scelta principale, ci sono circostanze in cui optiamo per la mediazione, soprattutto per ragioni di costo, tempistiche e necessità processuali. La mediazione, infatti, può risultare più economica rispetto all’ATP, e offre maggiore flessibilità nelle trattative. In particolare, può risultare utile quando il caso non richiede approfondimenti tecnici dettagliati o quando una soluzione condivisa tra le parti appare raggiungibile.

È vero, la mediazione ha un impatto minore in termini di forza probatoria rispetto all’ATP, ma può permettere di risolvere la questione senza dover accedere a un procedimento giudiziario completo. Va però considerata attentamente la disponibilità delle parti: nella nostra esperienza, quando non si riesce a trovare un accordo fin dai primi incontri, l’efficacia della mediazione si riduce sensibilmente.

§ 7.3 Le condizioni specifiche in cui la mediazione può funzionare

Dall’esperienza possiamo dire che il successo della mediazione dipende soprattutto da una buona preparazione delle parti chiamate a comparire. Non è raro, infatti, che in mediazione la controparte non si presenti o che scelga di concludere il primo incontro senza proseguire. Eppure, quando le strutture sanitarie arrivano preparate, con la documentazione completa e un mandato chiaro per trattare, la mediazione può rappresentare una soluzione più rapida ed economica, se non altro per i casi in cui la responsabilità è difficilmente contestabile.

Tuttavia, quando la controversia implica aspetti tecnici importanti, la mediazione può risultare inefficace senza un accordo preventivo tra le parti sull’utilizzo di una consulenza tecnica in mediazione.

La nostra esperienza ci suggerisce che un’approvazione preliminare per produrre gli esiti di una C.T.M. (Consulenza Tecnica in Mediazione) nel successivo giudizio può davvero fare la differenza: così facendo, si incentiva la controparte ad accettare il risultato della perizia tecnica e a trovare un’intesa.

§ 8. I presupposti per conciliare in mediazione

Naturalmente, per rendere efficace l’esperimento di un procedimento di mediazione, occorre che ci siano i presupposti per conciliare.

E quindi, dato per scontato che la parte istante ha tutto l’interesse e la disponibilità a cercare un accordo, bisogna che la struttura chiamata in mediazione abbia:

  • terminato la sua istruttoria,
  • Valutato il sinistro,
  • Deliberato già una qualche disponibilità transattiva,
  • Dato specifico mandato al rappresentante legale o al procuratore speciale che comparirà in mediazione di manifestare questa disponibilità e, se del caso, concludere l’accordo conciliativo.

Dunque, sintetizzando, a nostro modo di vedere, si possono presentare due situazioni:

  1. La prima è più rara e si verifica quando non c’è dubbio che siamo davanti a una ipotesi di responsabilità. Di solito accade perché si tratta di una vicenda davvero grossolana o macroscopica di malpractice e, di fatto, dobbiamo soltanto discutere del quantum. Ci sono le tabelle, ci sono le formule, ci sono i dati documentali, e soprattutto c’è il mediatore che – quando sa fare il suo mestiere – senz’altro può dare un contributo rilevante alla definizione conciliativa.
  2. Poi c’è la seconda ipotesi, che è quella più frequente, quando la responsabilità è contestata, perché la fattispecie è obiettivamente controvertibile o per qualunque altra ragione. Bene, qui non c’è alternativa: per risolvere la lite bisogna ricorrere ad una C.T. in mediazione. Ma, a nostro avviso, bisogna farlo in deroga ai principi di riservatezza ed inutilizzabilità di cui agli artt. 9 e 10 del d.lgs. 28/2010.

Ricordiamo infatti che queste norme intendono tutelare la posizione delle parti in mediazione, assicurando loro che le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite resteranno segrete, e che gli atti della mediazione non potranno essere utilizzati nel giudizio avente lo stesso oggetto.

Ma, trattandosi di disposizioni dettate nell’interesse delle parti, queste ultime vi possono derogare. E, nel caso di specie, è proprio il caso che lo facciano con riferimento alla C.T.M.

Infatti, solo se stabiliamo, anticipatamente, che quella C.T. potrà essere prodotta nell’eventuale, ancorché denegato, successivo giudizio di merito, ci saranno serie possibilità che le parti non contestino ulteriormente le relative risultanze, quando a sé sfavorevoli, ma vi si adeguino, vi prestino – diciamo così – acquiescenza, e divengano in questo modo propense alla conciliazione.

In ogni caso, da parte di tutti gli attori di questo complesso palcoscenico, c’è molto spazio per superare distorsioni e pregiudizi. Dobbiamo quindi, tutti quanti, riuscire ad ampliare la cultura e la prassi della conciliazione, sia in fase pre-giudiziale, sia in ATP, sia – naturalmente – in mediazione.