Ultimo Aggiornamento 20 Maggio 2024
Spese di lite: condanna, compensazione ed altri provvedimenti del Giudice
Il ricorso all’Autorità Giudiziaria comporta necessariamente dei costi, sia per le parti, in proprio, sia per gli organi giudiziari dello Stato. Questi costi sono comunemente definiti spese processuali. Vediamo nello specifico quali sono gli esborsi necessari per affrontare un giudizio, qual è la parte che ha l’onere di sostenerli anticipatamente, quale quella che deve farsene carico definitivamente, ed infine quando può essere pronunciata la condanna alle spese.
§ 1. Spese legali e spese processuali
I costi di un giudizio possono essere di varia natura. Più in particolare le parti devono sostenere complessivamente:
- Spese legali: sono le spese che ciascuna parte deve versare al legale che la assiste e difende nel giudizio, quantificabili sulla base di parametri stabiliti dalla legge (D.M. 10 marzo 2014, n. 55). Nel nostro ordinamento infatti, sia nel caso in cui venga celebrato un processo civile (art. 82 c.p.c.) che nel caso di un processo penale (artt. 96 e 97 c.p.p) la parte – fatte salve le eccezioni di legge – deve valersi dell’assistenza di un avvocato.
- Spese processuali: sono le spese legate alla giustizia e all’attività degli organi giurisdizionali e devono essere tendenzialmente versate allo Stato. A titolo esemplificativo e non esaustivo, possiamo elencare le marche da bollo richieste per gli adempimenti di cancelleria, il contributo unificato dovuto per l’iscrizione a ruolo della causa, le spese di notifica, quelle di consulenza tecnica d’ufficio, ecc.
§ 2. Condanna alle spese: la regola della soccombenza e il principio di causalità
Una volta che si siano individuate quali sono le spese del giudizio, sorge spontaneo chiedersi quale sia il soggetto tenuto a versarle. Per rispondere a questo interrogativo occorre distinguere tra “regola provvisoria” e “regola finale”.
L’art. 8 del D.P.R. n. 115 del 30/05/2002 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) – che ha sostituito l’art. 90 c.p.c. – prevede, infatti, che:
Ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede e le anticipa per gli atti necessari al processo quando l’anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal magistrato.
Se la parte è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, le spese sono anticipate dall’erario o prenotate a debito, secondo le previsioni della parte III del presente testo unico.
Si tratta dunque di una sorta di regola provvisoria secondo la quale ciascuna parte, a meno che sia ammessa al “gratuito patrocinio” (previsto per i meno abbienti), debba anticipare le spese relative agli atti compiuti nel proprio interesse.
Tuttavia, sarà l’Autorità Giudiziaria adìta a decidere quale sia la parte che deve definitivamente farsi carico delle spese processuali intese in senso lato.
In particolare l’art. 91 c.p.c. stabilisce che:
“Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa […]“.
Quello esposto dall’art. 91 c.p.c. è il c.d. principio della soccombenza secondo il quale il Giudice – al termine di ogni grado di giudizio – condanna, per l’appunto, la parte soccombente al rimborso in favore della parte vittoriosa di tutte le spese, legali e processuali, da essa sostenute.
Per ciò che concerne le spese legali, ciascun avvocato, al fine di permettere al Giudice di procedere con la sentenza alla liquidazione delle spese, deposita una nota spese, in assenza della quale l’Autorità Giudiziaria determinerà gli oneri di difesa secondo i parametri fissati dalla legge col menzionato D.M. 55/2014.
La regola della soccombenza deve essere letta in correlazione con il principio di causalità, secondo il quale a dover sostenere i costi del giudizio è colui che l’ha reso necessario proponendolo o resistendovi indebitamente.
§ 3. Deroghe al principio della soccombenza
Il principio della soccombenza può, tuttavia, risultare eccessivamente rigido. Stabilire l’automatismo della condanna delle spese al soccombente può non essere sempre la scelta più idonea. Il legislatore ha dunque introdotto una serie di correttivi che consentono al Giudice di valorizzare il caso concreto posto al suo esame.
a. Rifiuto ingiustificato della proposta conciliativa
Una prima deroga al principio della soccombenza viene introdotta dall’art 91, secondo periodo del comma 1, a mente del quale, se il Giudice:
“[…] accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta […]”.
Art. 91 c.p.c.
Una delle parti o il Giudice ex art. 185 bis c.p.c. può, infatti, formulare una proposta conciliativa e, in caso di rifiuto ingiustificato di questa proposta, l’Autorità Giudiziaria può decidere di derogare al principio della soccombenza e condannarla (anche laddove fosse vincitrice) al pagamento delle spese.
b. Condanna alle spese per singoli atti
Nel caso in cui l’Autorità Giudiziaria ritenga che durante il giudizio civile la parte vincitrice abbia sostenuto delle spese eccessive o superflue, può decidere di non disporne il rimborso da parte del soccombente e lasciarle definitivamente a carico di colui che le ha anticipate (art. 92, comma 1, c.p.c.).
c. Violazione dell’art. 88 c.p.c.
Indipendentemente dalla soccombenza, inoltre, il Giudice può condannare la parte vincitrice al rimborso di tutte quelle spese che abbia causato all’altra parte in violazione dei doveri di lealtà e probità stabiliti dall’art. 88 c.p.c.
d. Compensazione delle spese
Il Giudice può decidere altresì di lasciare a carico delle parti le spese da ciascuna anticipate e, dunque, derogare alla regola della soccombenza, optando per la compensazione delle spese di cui all’art. 92, comma 2, c.p.c. nel caso in cui ricorra una o più delle seguenti ipotesi:
- soccombenza reciproca;
- assoluta novità della questione trattata;
- mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, ossia quando la parte ha fondato la propria difesa su validi orientamenti giurisprudenziali e le motivazioni addotte, seppur disattese dal Giudicante, erano comunque opportune.
La compensazione può essere:
- Totale: quando le spese vengono interamente lasciate a carico di ciascuna parte che le abbia anticipate.
- Parziale: quando viene stabilito il rimborso di una parte soltanto delle spese sostenute.
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§ 4. Responsabilità aggravata e spese processuali
Il Giudice competente nel merito della causa può altresì – in caso di responsabilità aggravata di cui all’art. 96 c.p.c. – condannare la parte soccombente, oltre che al pagamento delle spese del giudizio, anche ad un risarcimento danni.
In questo caso non si tratta di una vera e propria regolamentazione dei costi processuali, ma più di un intento sanzionatorio verso il soggetto che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.
La condanna alle spese ex art. 96 c.p.c. può essere pronunciata dal Giudice solo in caso di istanza dell’altra parte del giudizio.
§ 5. Considerazioni finali sulla condanna alle spese nel giudizio civile
Si evidenzia, infine, che quanto sin qui analizzato si riferisce alla disciplina della condanna alle spese nel giudizio civile celebrato secondo il rito ordinario.
Nei procedimenti di consulenza preventiva ex art. 696 bis c.p.c., ad esempio, il Giudice può procedere alla liquidazione delle spese processuali solamente nei casi in cui dichiari la propria incompetenza o l’inammissibilità del ricorso oppure lo rigetti senza procedere alla celebrazione del rito attivato dalla parte ricorrente.
Qualora invece decida di dar corso alla consulenza preventiva, il Giudice non ha il potere di statuire sulle spese, che saranno eventualmente regolate insieme al merito della controversia.
Per poter correttamente individuare le regole relative alla condanna alle spese di giudizio, dunque, è sempre necessario fare riferimento al rito che ci si appresta a celebrare.
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