Ultimo Aggiornamento 22 Maggio 2024
Quale indennizzo per l’infortunio sul lavoro in itinere?
La situazione di emergenza epidemiologica ed i conseguenti timori per la salute inducono molti lavoratori a preferire il mezzo proprio (auto, moto, scooter, bici, monopattino) ai mezzi di trasporto pubblico per raggiungere il luogo di lavoro. Illustriamo brevemente, alla luce della attuale normativa, la disciplina dell’infortunio in itinere, del “risarcimento danni” (recte: indennizzo) e, in linea generale, della tutela apprestata al lavoratore al suo verificarsi.
§ 1. Cosa è l’infortunio in itinere
L’infortunio in itinere è ricompreso nel novero degli infortuni sul lavoro coperti da tutela assicurativa INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), ovvero di quegli eventi che si verificano per causa violenta in occasione di lavoro e da cui deriva la morte del lavoratore o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un’inabilità temporanea assoluta che importi l’astensione dal lavoro per più di tre giorni.
L’infortunio in itinere, secondo il T.U. delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (D.P.R. n. 1124/1965) modificato dall’art. 12 del D.lg. 38/2000, è l’infortunio occorso al lavoratore lungo il tragitto (appunto in itinere) relativo al normale percorso:
- di andata e ritorno dal luogo di abitazione (inteso quale domicilio) a quello di lavoro,
- che collega due luoghi di lavoro, se il lavoratore ha più rapporti di lavoro,
- di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale.
L’infortunio in itinere è indennizzabile non soltanto in relazione agli eventi dannosi connessi alla circolazione dei veicoli (incidenti stradali, investimenti) ma anche in relazione agli altri eventi dannosi, indipendenti dalla condotta volontaria dell’assicurato, ricollegabili, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell’attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo di cui si dirà nel prosieguo.
Si registrano, ad esempio, pronunce che hanno riconosciuto la tutela assicurativa in relazione alle conseguenze dannose di rapina o di violenza sessuale subita dal lavoratore in occasione della percorrenza del tragitto casa-lavoro.
Hai diritto ad un “risarcimento danni” per infortunio in itinere?
§ 2.1. Il “percorso normale” ed il nesso causale tra il tragitto e l’attività lavorativa
La normativa puntualizza che l’infortunio in itinere deve verificarsi in occasione del “percorso normale”, ovvero del percorso più breve e diretto o più comodo e conveniente, secondo canoni di ragionevolezza, normalmente affrontato dal lavoratore per esigenze e finalità lavorative ed in orari compatibili con con queste ultime. Con la circolare n. 14 del 25 marzo 2016 l’Inail ha rimarcato che il percorso può anche essere diverso da quello oggettivamente più breve, purché giustificato dalla concreta situazione della viabilità (es. traffico più scorrevole rispetto a quello del percorso più breve ecc.). Le diverse giustificazioni che abbiano eventualmente portato il lavoratore ad effettuare una deviazione o ad interrompere il normale percorso, andranno valutate in relazione alle peculiarità del singolo caso.
Secondo gli artt. 2 e 210 del D.P.R n. 1124/1965,
“l’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti“.
Le interruzioni e deviazioni del “normale” percorso che, alla luce della giurisprudenza e delle circolari Inail in punto, non fanno venir meno la copertura assicurativa sono quelle:
- effettuate in seguito a una direttiva del datore di lavoro;
- dovute a causa di forza maggiore (ad esempio, un guasto meccanico);
- dovute ad esigenze essenziali e improrogabili (ad esempio, il soddisfacimento di esigenze fisiologiche);
- effettuate per adempiere ad obblighi penalmente rilevanti (ad esempio, per prestare soccorso a vittime di incidente stradale);
- effettuate per esigenze costituzionalmente rilevanti (ad esempio, per accompagnare i figli a scuola);
- le brevi soste che non alterano le condizioni di rischio.
§ 2.2. Infortunio in itinere: l’occasione di lavoro
Il tragitto lungo il quale si verifica l’infortunio in itinere deve essere affrontato dal lavoratore per esigenze e finalità lavorative. Deve quindi sussistere un nesso causale, sia pure occasionale, tra l’itinerario seguito e l’attività lavorativa.
La giurisprudenza (da ultimo Cassazione civile, sez. VI, 26/11/2019, n. 30874) ha puntualizzato che, ai fini della protezione assicurativa INAL dell’infortunio, è necessario che ricorra l’occasione di lavoro, intesa in senso funzionale.
Secondo la Suprema Corte, la mancanza delle particolari condizioni previste dal D.lg. n. 38 del 2000, art. 12, per potersi configurare un’ipotesi di infortunio in itinere (in senso stretto) non esclude che, sulla base della disciplina generale dettata dall’art. 2 cit., possano ritenersi assicurati anche altre ipotesi di infortunio “sulle vie del lavoro”, come ad es. per chi si reca sulla strada in un percorso che collega la sede di lavoro ad un altro luogo per motivi di lavoro.
E’ stata ad esempio riconosciuta la sussistenza dell’occasione di lavoro nel caso:
- di un artigiano rimasto coinvolto in un incidente stradale mentre si recava presso un nuovo opificio preso in affitto, al fine di sovraintendere ad attività prodromiche e strumentali a predisporre quanto necessario allo svolgimento al suo interno delle lavorazioni dell’impresa artigiana (Cassazione civile sez. lav. , 06/02/2018, n. 2838);
- dell’imprenditore agricolo recatosi ad acquistare del materiale necessario all’impresa (Cassazione civile sez. lav., 17/02/2017, n. 4277);
- del lavoratore, in permesso sindacale per partecipare ad una riunione indetta dal datore di lavoro avente ad oggetto l’organizzazione dell’attività lavorativa, vittima di infortunio durante il viaggio di rientro al proprio alloggio (Cassazione civile sez. lav., 07/07/2016, n. 13882);
- di un impiegato quadro rimasto vittima di un incidente mortale mentre si recava dalla sede di lavoro presso un’altra azienda per la sottoscrizione di un contratto di fornitura in favore della propria società (Cassazione civile sez. VI, 26/11/2019, n. 30874).
§ 2.3. Il mezzo di trasporto ordinario o necessitato in caso di infortunio in itinere
L’infortunio in itinere per essere indennizzabile deve essere occorso allorquando il percorso normale sia stato intrapreso con i cd. mezzi ordinari (mezzi pubblici o a piedi) o con mezzo privato purché necessitato; in altri termini, ogni volta che il tragitto può essere compiuto a piedi o con mezzi pubblici – ritenuti mezzi di percorrenza meno rischiosi – l’eventuale scelta del mezzo privato deve risultare necessitata.
Ai fini della copertura assicurativa, occorrerà quindi dimostrare la necessità almeno relativa dell’utilizzo del mezzo privato, emergente anche attraverso la deduzione e la prova di molteplici fattori, non definibili in astratto, che condizionano l’uso del mezzo privato rispetto a quello pubblico, quali esigenze personali e familiari, o altri interessi meritevoli di tutela. Nell’attuale situazione di emergenza epidemiologica, l’esigenza di tutela della salute del lavoratore potrebbe essere ragionevolmente invocabile a giustificazione dell’utilizzo del mezzo privato.
L’uso del mezzo privato (es. automobile, scooter, moto ecc.), secondo l’interpretazione data dall’Inail e dalla giurisprudenza, può considerarsi necessitato qualora sia verificata una delle seguenti condizioni:
- il mezzo è fornito o prescritto dal datore di lavoro per esigenze lavorative;
- il luogo di lavoro è irraggiungibile con i mezzi pubblici oppure è raggiungibile ma non in tempo utile rispetto al turno di lavoro;
- i mezzi pubblici obbligano ad attese eccessivamente lunghe, contrastanti con le esigenze lavorative e familiari;
- i mezzi pubblici comportano un rilevante dispendio di tempo (> 1 ora) rispetto all’utilizzo del mezzo privato;
- la distanza della più vicina fermata del mezzo pubblico, dal luogo di abitazione o dal luogo di lavoro, deve essere percorsa a piedi ed è eccessivamente lunga.
Giova rimarcare che la legge n. 221/2015 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali), ha disposto che
“L’uso del velocipede, come definito ai sensi dell’articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato“.
L’utilizzo del velocipede, nell’infortunio in itinere, è quindi equiparato a quello del mezzo pubblico o al percorso a piedi (si veda la menzionata circolare n. 14 del 25 marzo 2016 l’Inail).
I velocipedi, secondo la definizione del codice della strada, sono i veicoli con due o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano sul veicolo. Nella categoria rientra pertanto pacificamente la bicicletta. E’ utile segnalare che, in virtù dell’art. 1, comma 75, legge n. 160/2019, debbono ora essere considerati velocipedi anche i monopattini a propulsione prevalentemente elettrica non dotati di posti a sedere, aventi motore elettrico di potenza nominale continua non superiore a 0,50 kW.
§ 3. Il comportamento del lavoratore nell’infortunio in itinere: casi di inoperatività della tutela Inail
La normativa sull’infortunio in itinere (art. 12 D.lgs 38/2000, artt. 2 e 210 DPR 1124/1965) prevede espressamente che non sono indennizzabili gli infortuni direttamente causati da:
- abuso di sostenze alcoliche e di psicofarmaci;
- uso non terapeutico di stupefacenti e allucinogeni;
- mancanza del titolo di abilitazione alla guida da parte del conducente.
Qualora l’infortunio sia accaduto per colpa del lavoratore, l’indennizzabilità non è esclusa a priori; la colpa del lavoratore non interrompe normalmente il nesso causale tra rischio lavorativo e sinistro, salvo che sia stato posto in essere un comportamento tale da sfociare nel c.d. rischio elettivo.
Per rischio elettivo si intende il rischio estraneo e non attinente all’attività lavorativa, dovuto ad una scelta arbitraria del dipendente, che crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente alla attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento (Cassazione civile sez. lav., 31/08/2018, n. 21516).
La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di puntualizzare che il rischio elettivo nell’ambito dell’infortunio in itinere
“deve essere valutato con maggior rigore che nell’attività lavorativa diretta, comprendendo comportamenti di per sé non abnormi, secondo il comune sentire, ma semplicemente contrari a norme di legge o di comune prudenza“.
(Cassazione civile sez. VI, 18/02/2015, n. 3292, Cassazione civile sez. lav., 10/09/2009, n. 19496)
Sono stati così ad esempio esclusi dalla copertura assicurativa infortuni dovuti alla violazione di norme fondamentali del codice della strada (violazione del divieto di sorpasso, del divieto di transito, inosservanza dello stop) o a condotte imprudenti (attraversamento dei binari).
§ 4. La tutela assicurativa Inail in caso di infortunio in itinere
In caso di infortunio in itinere, la tutela assicurativa è identica all’infortunio sul lavoro: Inail garantisce prestazioni economiche, sanitarie, riabilitative, protesiche, di reinserimento sociale e lavorativo.
§ 4.1. Infortunio in itinere: la tutela economica del lavoratore e della sua famiglia
A) In caso di inabilità temporanea assoluta al lavoro conseguente ad infortunio in itinere, l’Inail eroga una indennità sostitutiva della retribuzione a decorrere dal quarto giorno successivo alla data di infortunio, compresi i giorni festivi, fino alla guarigione clinica. L’Inail eroga l’indennità giornaliera nella misura del:
– 60% della retribuzione media giornaliera fino al 90° giorno;
– 75% della retribuzione media giornaliera dal 91° giorno fino alla guarigione clinica.
Il datore di lavoro ha l’obbligo di pagare al lavoratore infortunato l’intera retribuzione per la giornata nella quale è avvenuto l’infortunio e il 60% della retribuzione stessa, salvo migliori condizioni previste da contratti collettivi o individuali di lavoro, per i successivi 3 giorni. La quasi totalità dei contratti collettivi prevede a carico del datore di lavoro un’integrazione dell’indennità INAIL, tale da garantire al dipendente una retribuzione pari o quantomeno prossima a quella che avrebbe percepito se avesse lavorato.
B) Qualora dall’infortunio in itinere sia derivato un danno biologico permanente compreso tra il 6% ed il 15% della validità psicofisica, l’Inail eroga un indennizzo in capitale per la menomazione psicofisica subita dal lavoratore. La prestazione è erogata, secondo la “Tabella indennizzo danno biologico in capitale” di cui al d.m. 12 luglio 2000, in una unica soluzione e in funzione dell’età, del genere e del grado di menomazione accertato sulla base della “Tabella delle menomazioni” prevista dal d.lgs. 38/2000.
C) Qualora sia accertato un grado di menomazione dell’integrità psicofisica compreso tra il 16% ed il 100%, l’Inail eroga al lavoratore un indennizzo in rendita con decorrenza dal giorno successivo alla guarigione clinica. L’importo della rendita viene calcolato sulla base di:
- una quota che indennizza il danno biologico secondo la “Tabella indennizzo danno biologico in rendita” di cui al d.m. 12 luglio 2000,
- una quota per le conseguenze della menomazione sulla capacità dell’infortunato di produrre reddito con il lavoro calcolata sulla base di un apposito coefficiente indicato nel citato d.m.
D) In caso di morte del lavoratore a seguito di infortunio in itinere, l’Inail eroga una rendita ai superstiti (coniuge/unito civilmente e figli, ed in mancanza di questi, genitori, fratelli e sorelle). A decorrere dal 1° gennaio 2014 la rendita è calcolata sulla base della retribuzione massima convenzionale del settore industria nella misura del: 50% al coniuge/unito civilmente, 20% a ciascun figlio, 40% a ciascun figlio orfano di entrambi i genitori, figlio naturale riconosciuto o riconoscibile, figlio di genitore divorziato, 20% a ciascun genitore naturale o adottivo e a ciascuno fratelli e delle sorelle (in mancanza di coniuge e figli superstiti).
La somma totale delle quote di rendita che spettano ai superstiti non può comunque superare il 100% della retribuzione presa a base per il calcolo della rendita stessa. In caso contrario le quote di rendita vengono proporzionalmente adeguate.
Per gli infortuni mortali verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2007, l’Inail eroga ai superstiti del lavoratore deceduto, oltre al beneficio una tantum previsto dal Fondo vittime gravi infortuni, su istanza degli aventi diritto, un’anticipazione della rendita pari a 3 mensilità della rendita annua calcolata sul minimale retributivo di legge.
L’inail eroga altresì un assegno funerario per contribuire alle spese sostenute in occasione della morte conseguente ad infortunio in itinere; dal 1° gennaio 2019 l’importo è 10.000,00 euro e non è soggetto a tassazione Irpef.