Ultimo Aggiornamento 21 Novembre 2024
Risarcito il danno sofferto dai congiunti per la morte di un paziente dovuta ad infezione da “Staphylococcus Epidermidis” in cardiochirurgia
Una infezione da Stafilococco Epidermidis contratta in occasione di un intervento di cardiochirurgia ha condotto un paziente a morte.
I familiari, assistiti dallo Studio Legale Chiarini e dai suoi consulenti medici, sono riusciti a fare chiarezza su quanto occorso al loro congiunto, dimostrando l’inadeguatezza delle condotte poste in essere dai medici che lo ebbero in cura rispetto alle leges artis sanitarie, nonché la loro incidenza causale sull’evoluzione ad esito infausto della vicenda clinica.
All’esito di un celere procedimento di istruzione preventiva e del tentativo di conciliazione promosso dai consulenti tecnici nominati dal Tribunale, è stato così possibile raggiungere una intesa transattiva con la struttura sanitaria responsabile del decesso: in favore dei familiari della vittima di questa infezione da stafilococco è stato riconosciuto, a titolo di risarcimento del danno sofferto, ed integralmente liquidato, l’importo di 445.000,00 euro, oltre al rimborso delle spese necessarie all’accertamento dell’episodio di responsabilità medico-sanitaria in questione.
Di seguito ripercorriamo, in breve, la vicenda clinica e processuale.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Il caso clinico: intervento di cardiochirugia e infezione da Stafilococco Epidermidis
- § 2. Le responsabilità della struttura sanitaria: infezione nosocomiale da Stafilococco Epidermidis e morte del paziente
- § 3. La trattativa per il risarcimento del danno coltivata in sede di accertamento tecnico preventivo ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c.
- § 4. La definizione transattiva ed il risarcimento del danno per la morte da infezione da Stafilococco Epidermidis
§ 1. Il caso clinico: intervento di cardiochirurgia e infezione da Stafilococco Epidermidis
Nell’autunno del 2018 il signor Mevio (nome di fantasia per tutelare la privacy della famiglia), di anni 75, ancora dedito a una intensa vita lavorativa e ad attività sportive amatoriali, decideva di sottoporsi ad accertamenti medici in ragione della avvertita insorgenza di una facile affaticabilità.
Gli veniva diagnosticata una cardiopatia dilatativa con severa disfunzione sistolica del ventricolo sinistro ed insufficienza mitralica di grado moderato/severo; veniva dunque posta indicazione all’intervento chirurgico di rivascolarizzazione miocardica mediante by-pass aortocoronarico e sostituzione valvolare mitralica con bioprotesi.
L’intervento, della durata di oltre 6 ore, aveva luogo in una struttura pubblica del centro Italia.
Il post-operatorio era complicato da sofferenza ischemica acuta cardiaca, con ritardata ripresa dello stato di vigilanza ed instabilità emodinamica.
Nei giorni seguenti tali problematiche rientravano, ma al contempo si manifestava un ingravescente impegno respiratorio, con caratteristiche clinico/strumentali indicative di polmonite.
L’esame colturale sull’aspirato bronchiale e l‘esame emocolturale su sangue arterioso effettuati dopo 9 giorni dall’intervento risultavano rispettivamente positivi per Pseudomonas Aeruginosa e per Staphylococcus Epidermidis meticillino resistente (MR).
All’esito della terapia antibiotica approntata, si assisteva ad un miglioramento del quadro polmonare, ma dopo una momentanea negativizzazione gli esami emocolturali si positivizzavano di nuovo.
Il consulente Infettivologo, pertanto, suggeriva di “escludere danno valvolare”, ma tale invito rimaneva inascoltato.
Due mesi dopo l’intervento, un ecografia transtoracica rilevava la presenza di “elementi mobili adesi all’anello anteriore della protesi biologica […] non escludibili (esiti di) vegetazioni endocarditiche”; anche tale evidenza non veniva presa debitamente in considerazione e non venivano svolti gli approfondimenti strumentali per escludere una endocardite.
Nelle settimane successive, in occasione di un picco febbrile con brividi scuotenti, il sig. Mevio veniva sottoposto a prelievo per emoculture che evidenziavano nuovamente la positività allo Stafilococco Epidermidis meticillino resistente.
Si assisteva quindi a un progressivo peggioramento della condizioni cliniche del sig. Mevio nella persistenza della infezione da Stafilococco Epidermidis.
Una nuova ecografia transtoracica, eseguita allorquando le condizioni del sig. Mevio erano diventate già così gravi da condurlo a morte di lì a poche ore, poneva in evidenza la sussistenza di una chiara endocardite infettiva.
La vicenda clinica del sig. Mevio, purtroppo, si concludeva quindi con il più drammatico degli epiloghi. Il decesso del paziente avveniva nella primavera del 2019, dopo oltre 4 mesi di ininterrotto ricovero ospedaliero dal giorno dell’intervento di cardiochirurgia.
§ 2. Le responsabilità della struttura sanitaria: infezione nosocomiale da Stafilococco Epidermidis e morte del paziente
I familiari del sig. Mevio hanno voluto far luce su quanto occorso al loro congiunto, avuto riguardo al fatto che la problematica cardiaca dal medesimo sofferta era stata positivamente risolta con l’intervento e che la sua morte sembrava causalmente collegata alla evoluzione dell’infezione contratta in ambito ospedaliero.
Gli stessi, assistiti dallo Studio Legale Chiarini e dai suoi consulenti medici, sono stati posti in condizione di accertare la sussistenza di diversi profili di criticità nell’iter clinico affrontato dal sig. Mevio, imputabili alla struttura sanitaria che lo ha avuto in cura, e la loro incidenza causale sulla sua triste conclusione.
La consulenza di parte, affidata ad un medico-legale, ad uno specialistica in infettivologia e ad uno specialista in cardiologia, ha infatti posto in luce:
- una inadeguata profilassi antibiotica in occasione dell’intervento cardiochirurgico; la tipologia di antibiotico utilizzato per il sig. Mevio e la tempistica di somministrazione, infatti, non erano rispondenti alle regole della buona prassi medica che impongono una somministrazione entro 60-30 minuti prima dell’intervento chirurgico e la ripetizione della dose intorno alla 4° ora, quando si tratti di intervento chirurgico che si prolunghi oltre tale orario;
- lo sviluppo di una infezione da Staphylococcus Meticillino Resistente e da Pseudomonas Aeruginosa, indicativo, trattandosi di batteri nosocomiali, della mancata osservanza delle dovute procedure di contenimento delle infezioni nosocomiali;
- l’omissione della dovuta adeguata terapia antibiotica nei confronti dell’infezione da Staphylococcus Epidermidis Meticillino Resistente, e dell’endocardite: le terapie antibiotiche somministrate al sig. Mevio durante il ricovero erano inadeguate, per tipologia di antibiotico e per durata della somministrazione, a debellare l’infezione e l’endocardite da Staphylococcus Epidermidis MR;
- l’omessa tempestiva indagine diagnostica per l’endocardite, da effettuare mediante ecocardiografia transesofagea.
Il decesso del signor Mevio è quindi risultato causalmente riconducibile alle condotte inadeguate rispetto alle leges artis sanitarie, che hanno favorito l’instaurazione e poi impedito la guarigione di una infezione ospedaliera da Staphylococcus Epidermidis Meticillino Resistente.
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§ 3. La trattativa per il risarcimento del danno coltivata in sede di accertamento tecnico preventivo ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c.
In prima battuta, come di consueto, si è cercato di percorrere una definizione stragiudiziale della vertenza, rappresentando all’assicurazione della struttura sanitaria i rilievi critici sulla assistenza medica erogata al sig. Mevio.
Si è resa tuttavia necessaria la proposizione di un ricorso per accertamento tecnico preventivo ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c. (consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite).
Questo istituto processuale – già da tempo considerato dall’orientamento maggioritario della giurisprudenza di merito consono alle vertenze in materia di responsabilità sanitaria – è stato imposto dall’art. 8 della legge Gelli quale condizione di procedibilità della domanda di risarcimento danni da responsabilità medica, anche al fine di promuovere ed incentivare la soluzione conciliativa di questo genere di controversie.
I consulenti tecnici nominati dal Tribunale, svolte le operazioni peritali nel contraddittorio tra le parti e i rispettivi ausiliari, hanno confermato l’impegno di responsabilità della struttura sanitaria, affermando che “È, in primo luogo,da ritenere che la condizione settica acquisita […] e gestita presso la struttura resistente abbia assunto ruolo con-causale nel determinismo del decesso del signor Mevio […]“.
In ottemperanza al disposto dell’art. 696 bis c.p.c., i consulenti tecnici hanno quindi esperito un tentativo di conciliazione delle parti.
In tale prospettiva, gli stessi hanno evidenziato il verosimile nesso causale tra l’infezione da Stafilococco Epidermidis e il decesso del sig. Mevio ed hanno rappresentato che, qualora non si fossero verificate le evoluzioni settiche conseguenti all’intervento cardiochirurgico, il sig. Mevio avrebbe avuto una aspettativa di vita residua stimabile in circa 5 anni, puntualizzando che “tale intervallo cronologico rappresenta la mediana di sopravvivenza documentata per casi clinici consimili, ovvero la soglia temporale oltre la quale più del 50% dei pazienti in condizioni consimili è deceduto o, in altri termini, il limite che segna il passaggio da una sopravvivenza più probabile ad una meno probabile“.
§ 4. La definizione transattiva ed il risarcimento del danno per la morte da infezione da Stafilococco epidermidis
Le parti quindi, grazie all’autorevole impulso offerto dai CC.TT.UU., sono riuscite a trovare un approdo condiviso della trattativa ed hanno raggiunto un accordo transattivo sul quantum del pregiudizio risarcibile ai congiunti per il decesso del sig. Mevio conseguito alla sepsi da Stafilococco Epidermidis.
Per la quantificazione del danno si è seguito il parametro costituito dalle tabelle per la liquidazione del cd. danno da uccisione del congiunto.
A tal proposito, va ricordato che sono andati affermandosi in particolare due strumenti tabellari, la tabella del Tribunale di Milano e la tabella del Tribunale di Roma, fondati su impostazioni differenti e con esiti liquidatori spesso assai distanti tra loro.
La Suprema Corte, con la sentenza Cass. III, 21/04/2021, n. 10579 e l’ordinanza Cass. III, 29/09/2021, n. 26300, ha recentemente ritenuto preferibili le Tabelle di Roma rispetto a quelle di Milano per la liquidazione del danno parentale da morte (per malasanità o per altra fattispecie di illecito).
Ciò in quanto in quanto le tabelle romane, a differenza di quelle milanesi, indicano espressamente i criteri liquidatori da utilizzare (in particolare: l’età della vittima, quella del congiunto avente diritto al risarcimento, la convivenza tra i due, la composizione del nucleo familiare), attribuendo agli stessi una specifica valenza ponderale.
Tale articolazione dei criteri risarcitori consente così di individuare, con una certa precisione, l’importo spettante al superstite per la morte del congiunto, assicurando omogeneità nel risarcimento e, al contempo, una certa prevedibilità degli importi liquidabili.
L’importo complessivo concordato e liquidato in favore dei congiunti del sig. Mevio (si tratta, per la precisione, di 445.000,00 euro, oltre spese di lite, di C.T.U. e di C.T.P.), è apparso valorizzare adeguatamente la sofferenza e lo sconvolgimento esistenziale da loro patito per la perdita della persona cara, avuto riguardo alla ineliminabile incertezza, anche per l’obiettiva controvertibilità di ogni valutazione medica e/o giuridica, degli esiti di una azione di merito per risarcimento danni da responsabilità medica.
QUI puoi scaricare l’atto di quietanza, debitamente oscurato per ovvie ragioni di riservatezza, che ha consentito di chiudere transattivamente questo caso di morte per infezione da stafilococco.