Fattispecie e Disciplina dei Servizi | Avv. Gabriele Chiarini

Fattispecie e Disciplina dei Servizi

Ultimo Aggiornamento 20 Maggio 2024

Contributo alla riflessione giuridica sugli istituti della società post-industriale

L’indagine monografica è finalizzata ad individuare il rilievo della figura “servizio” nell’attuale contesto socio-economico, considerando la varietà delle tipologie negoziali all’interno delle quali la stessa si presenta e proponendo infine un’ipotesi ricostruttiva in ordine all’inquadramento concettuale e, nel contempo, all’individuazione della disciplina applicabile alle diversificate fattispecie di servizi.

G. CHIARINI, Fattispecie e Disciplina dei Servizi. Contributo alla riflessione giuridica sugli istituti della società post-industriale, Milano, Giuffrè Editore, 2011.

Citiamo letteralmente dall’introduzione:

La scelta del tema oggetto di studio, frutto di un autorevole quanto lungimirante suggerimento, nasce dalla constatazione dell’indiscutibile rilievo dei servizi nella realtà socio-economica contemporanea. Si stima che il cd. settore terziario concorra alla produzione di due terzi del reddito mondiale, e che in esso trovi impiego oltre la metà dei lavoratori attivi. Nei paesi maggiormente industrializzati – come gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Francia – la quota di occupazione relativa ai servizi è superiore a tre quarti. La stessa Italia non risulta lontana da questi valori.

La terziarizzazione dell’economia, l’avanzata dei brain workers, la preminenza della classe dei professionisti e dei tecnici, la centralità del sapere teorico e dell’informazione, la creazione di nuove tecnologie intellettuali, sono gli aspetti essenziali di un’età che, tuttavia, i sociologi stentano a descrivere esaustivamente. Nella consapevolezza del tramonto (forse, ma non senz’altro, definitivo) del ruolo dominante dell’industria, essi si limitano a qualificare l’attuale società come «post-industriale», designando in tal guisa un periodo di transizione la cui destinazione è quantomai indeterminata.

Il superamento della società industriale, nondimeno, trova attuazione all’insegna della massima industrializzazione, se è vero che sono sempre piú rari gli oggetti della vita quotidiana che non traggono origine in un processo industriale o, piú in generale, manifatturiero. La stessa rivoluzione informatica – fra i principali artéfici dell’avvento della nuova era – non può prescindere dall’industria e dalla tangibilità dei suoi prodotti. I personal computers hanno indubbia consistenza materiale, sí come il supporto che necessariamente ospita il software. Del pari, le telecomunicazioni non possono realizzarsi senza i cavi, i trasmettitori, i servers, e tutti gli altri apparati elettronici funzionali alle connessioni a distanza. Né risultano in crisi la produzione e la distribuzione di stampanti, le quali conservano il nostalgico quanto indispensabile ruolo di materializzare su carta l’immateriale contenuto dell’intelletto.

Le metodologie organizzative e produttive tipicamente industriali hanno, del resto, pervaso il settore dei servizi. Si pensi soltanto ai servizi del tempo libero concernenti lo spettacolo, il cinema, la televisione; della salute e del benessere effettuati in centri estetici, palestre, stabilimenti termali; di manutenzione, riparazione e pulizia; di trasporto terrestre, ferroviario, aereo e sull’acqua; di editoria e di stampa; e via dicendo. Finanche l’agricoltura, nei Paesi sviluppati, viene praticata mediante procedimenti spiccatamente industriali, talvolta in maniera preoccupantemente irrispettosa della salute degli esseri umani e dell’ambiente che li circonda.

Si assiste, cosí, ad una ingente crescita quantitativa e qualitativa della produzione industriale, ad onta della drastica riduzione degli addetti a tale settore. Il che è dovuto, in parte, alla delocalizzazione degli impianti produttivi – ad opera delle imprese delle vecchie potenze industriali – nei Paesi cd. emergenti, dove il costo del lavoro (e, di riflesso, della produzione stessa) è di gran lunga inferiore. Ma è altresí determinato dalla circostanza che il progresso tecnologico e l’aumento della produttività consentono di superare il «fare a macchina» per addivenire al «far fare alla macchina», ovverosia di realizzare piú merci impiegando il lavoro di meno operai. Ai quali resta, pertanto, maggior tempo libero per elaborare esigenze – siano esse effettive o indotte – ulteriori rispetto a quelle fondamentali (id est: attinenti alla sopravvivenza) e per desiderarne la realizzazione. Cui potranno provvedere i lavoratori del terziario, inutilizzati dall’industria, mercé l’ausilio dei prodotti da quest’ultima fabbricati, quasi a dimostrazione della profonda immanenza della dimensione fisica dell’uomo, giammai del tutto rinnegabile a dispetto di ogni aspirazione ad elevarsi a pura spiritualità.

La specie umana sta, dunque, attraversando una «svolta epocale», non già nell’enfatico significato di «mutazione straordinaria o eccezionale», bensí nel piú modesto senso di «passaggio da un periodo storico ad un altro». L’«epoché (astéron)» greca, del resto, prima di rappresentare la sospensione del giudizio degli scettici, significava «posizione (delle stelle)». E gli astri – si sa – mutano allineamento secondo il luogo ed il momento in cui li si osserva, senza considerare che essi hanno vita durevole ma limitata, sí che di tanto in tanto ci si avvede che alcuni si estinguono mentre altri restano ad illuminare la notte.

La realtà attuale è sfuggente e polimorfa, difficilmente confinabile all’interno di inflessibili recinti concettuali. Perciò, i cultori delle cd. «scienze sociali» – antropologi, economisti, politologi, psicologi e sociologi – si interrogano e investigano, prospettano questioni problematiche e propongono soluzioni.

Sembrano, talvolta, fare eccezione i giuristi. La letteratura giuridica italiana dedicata ex professo alla materia dei servizi risulta, infatti, piuttosto avara di contributi. Se si escludono il fondamentale saggio di Gerardo Santini della fine degli anni ottanta ed i recenti studi prodotti o curati da Roberto Bocchini sulla prestazione continuativa o periodica di servizi, il tema in dicorso viene trattato in maniera bensí suggestiva ma settoriale (è il caso dei lavori di amministrativisti sulla disciplina degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, oppure dei servizi pubblici; di tributaristi sull’imposizione diretta ed indiretta applicabile a beni e servizi; di internazionalisti sulla circolazione dei servizi nell’àmbito della Comunità europea e di altre organizzazioni sovranazionali; di agraristi sulla produzione di servizi in agricoltura), ovvero ad esso si fa riferimento in obiter dicta all’interno di opere di piú ampio respiro (è l’ipotesi soprattutto dei lavori di civilisti sulla questione dogmatica del bene e, piú in generale, dell’oggettività giuridica).

La ricostruzione teorica della nozione di servizio è, tuttavia, generalmente postulata, giacché implicitamente demandata ai cultori di altre materie (per lo piú, di discipline economiche ed aziendalistiche), la cui produzione scientifica sull’argomento è invece copiosissima. Sí come, d’altronde, infrequentemente fattispecie e disciplina dei servizi vengono analizzate tenendo conto del contesto socio-economico in cui essi si inseriscono e delle scelte pratiche che gli operatori del mercato pongono in essere. Piú spesso, invero, si privilegia la prospettiva astratta, generalizzante e dogmatistica delle norme e del loro sistema circoscritto, chiuso, autoreferenziale. Nell’àmbito della quale il servizio resta privo di valore descrittivo, di autonomia concettuale, e si dissolve in mera obbligazione di facere.

L’impegno prioritario profuso nell’elaborazione di questo lavoro è stato, allora, rivolto ad avvicinare realtà solo artificialmente distinguibili, quella giuridica, quella sociale e quella economica, al fine di comprendere il significato di un fenomeno sostanzialmente unitario.

Di imprescindibile ausilio in tale sforzo si è rivelata, innanzi tutto, la consultazione – resa possibile dalla ricchezza e dall’agevole fruibilità delle biblioteche delle diverse facoltà dell’Ateneo urbinate – di riviste e libri, molti dei quali disponibili soltanto in lingua inglese, solitamente estranei alla formazione del giurista ed attinenti, soprattutto, alla sociologia del lavoro, all’economia aziendale, al marketing ed alla microeconomia.

Parimenti pròvvide sono state altresí la disponibilità di banche dati normative e giurisprudenziali, nonché la possibilità di accedere – per la ricerca o la conferma di dati, statistiche e tendenze, specialmente di carattere macroeconomico – a quella caotica quanto oggigiorno irrinunciabile fonte di informazioni che è la rete telematica globale denominata internet.

Che la modestia dei risultati raggiunti frustri, di fatto, le intenzioni e le fatiche del cosiddetto autore è, poi, altra questione“.

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