Danno iatrogeno - Studio Legale Chiarini

Danno iatrogeno: definizione, esempi e procedura per risarcimento

Ultimo Aggiornamento 21 Novembre 2024

Il danno iatrogeno è generalmente inteso come l’aggravamento di una lesione preesistente dovuto a responsabilità del personale sanitario.

Il concetto di danno iatrogeno differenziale si riferisce specificamente alla parte di danno che si sarebbe potuta evitare se l’intervento medico fosse stato adeguato, distinguendosi così dal danno complessivo subito dal paziente.

Vediamo cos’è il danno iatrogeno, come si calcola e qual è la procedura per il suo risarcimento.

§ 1. Cos’è il danno iatrogeno

Il termine “iatrogeno” deriva dal greco “iatròs” (medico) e “ghènesis” (origine), indicando un danno che ha origine da un intervento medico. In altre parole, è un danno che si verifica a seguito di un trattamento sanitario il quale, anziché curare o alleviare una patologia, la aggrava. Questo tipo di danno può verificarsi non solo per mano di un medico, ma anche di altri professionisti sanitari come infermieri, psicologi, ostetriche, o farmacisti.

Affinché si possa parlare di danno iatrogeno devono concorrere questi tre elementi:

  • Patologia preesistente,
  • Intervento clinico, diagnostico o terapeutico errato,
  • Aggravamento dello stato di salute del paziente dovuto all’errore medico.

La necessaria presenza di questi tre requisiti è ciò che differenzia il danno iatrogeno dal mero danno biologico. 

Danno iatrogeno e danno differenziale

Il danno iatrogeno consiste in un peggioramento delle condizioni di salute del paziente causato da un errore medico. In altre parole, è un danno “nuovo” che si aggiunge alla patologia di base per effetto di una condotta colpevole del sanitario.

Tuttavia, nella maggior parte dei casi, il danno iatrogeno non è un pregiudizio del tutto autonomo, ma si innesta su una pregressa situazione patologica che già aveva compromesso la salute del paziente. È per questo che si parla di “danno differenziale”. Con tale espressione si richiama anche il concetto di danno sofferto come conseguenza di una complicanza dovuta a responsabilità medica

In sostanza, il danno iatrogeno differenziale è la “porzione” di danno che eccede il pregiudizio che il paziente aveva già subito o che comunque avrebbe subito per effetto della malattia pregressa. È il quid pluris riconducibile esclusivamente alla condotta del sanitario.

§ 2. Danni iatrogeni: qualche esempio

Ecco alcuni esempi pratici che possono aiutare a comprendere meglio il concetto di danno iatrogeno differenziale:

Ci può anche essere, poi, il caso di “iatrogenesi a cascata”, che si verifica quando la salute del paziente continua ad aggravarsi a causa di una sequela di interventi medici sbagliati, che cercano di risolvere i precedenti tentativi di cura non andati a buon fine: quando la toppa è peggio del buco, per tradurla in modo semplice.

Diffusione e caratteristiche del danno iatrogeno

I danni iatrogeni sono più diffusi di quanto non sembri: secondo un’analisi dell’O.M.S. un paziente su dieci andrebbe incontro a un evento avverso durante il trattamento ospedaliero, e questo sarebbe evitabile, almeno in parte dei casi (Fonte:W.H.O. Delivering quality health services. A global imperative for universal health coverage, 2018).

Ad ogni modo, il danno iatrogeno è tipicamente un danno differenziale, perché l’intervento del medico si innesta su una situazione di salute già in qualche modo compromessa. Quindi si tratta di una sorta di danno alla salute aggiuntivo rispetto a quello che il paziente ha già sofferto prima dell’errore sanitario, o avrebbe comunque sofferto a prescindere da esso.

E questo pone interessanti e complicate questioni problematiche, di natura giuridica e medico-legale, che riguardano la liquidazione del danno iatrogeno differenziale, perché risulta necessario distinguere quale porzione della malattia o della lesione sia addebitabile alla condotta medica e quale invece sia dipesa da altri fattori.

§ 3. Responsabilità del medico per danno iatrogeno

La giurisprudenza ha stabilito alcuni principi chiave nella valutazione della responsabilità medica per danno iatrogeno, distinguendo fondamentalmente due ipotesi:

  1. Lesione originaria dovuta a caso fortuito o forza maggiore: In questo caso, il medico è responsabile dell’intero danno, esclusi i postumi che si sarebbero verificati comunque.
  2. Lesione originaria dovuta a colpa di un terzo: Se la lesione preesistente è dovuta a un fatto illecito addebitabile a un terzo (ad esempio infortunio sul lavoro o incidente stradale), il medico può essere chiamato a rispondere dell’intero danno, insieme al terzo colpevole, secondo il principio della responsabilità solidale. In questo caso il danneggiato potrà scegliere liberamente se rivolgersi per l’intero ammontare del danno ad uno solo dei corresponsabili, oppure ad entrambi, oppure anche separatamente a ciascuno per la rispettiva quota di responsabilità.

In entrambi i casi, è fondamentale distinguere chiaramente tra le lesioni che si sarebbero verificate comunque e quelle dovute esclusivamente all’errore medico.

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§ 4. Come si quantifica il danno iatrogeno?

Per capire come si quantifica il danno iatrogeno, bisogna fare riferimento a quanto stabilito dalla giurisprudenza. Il medico è responsabile del danno alla salute del paziente, ma bisogna distinguere tra le lesioni che sarebbero comunque accadute anche senza un errore medico e quelle causate direttamente dal medico.

La Corte di Cassazione, con le sentenze sul danno iatrogeno n. 7577/2007 e n. 2335/2001, ha stabilito che, per calcolare il danno iatrogeno, si deve sottrarre dal grado complessivo di invalidità la parte che sarebbe comunque esistita anche senza l’errore medico.

Ad esempio, nella sentenza n. 26117/2021 la Corte ha spiegato che bisogna considerare due valori:

  1. L’invalidità totale che il paziente ha subito, inclusi i postumi causati dall’errore medico.
  2. L’invalidità che il paziente avrebbe avuto comunque, anche senza l’errore.

Il risarcimento deve essere calcolato sottraendo il secondo valore dal primo.

Più precisamente: “Il danno iatrogeno (e cioè l’aggravamento, per imperizia del medico, di postumi che comunque sarebbero residuati, ma in minor misura) va liquidato monetizzando il grado complessivo di invalidità permanente accertato in corpore; monetizzando il grado verosimile di invalidità permanente che sarebbe comunque residuato all’infortunio anche in assenza dell’errore medico; detraendo il secondo importo dal primo” (Cass. III, 27/09/2021, n. 26117).

Un esempio pratico

Esemplifichiamo basandoci sul caso di danno iatrogeno trattato dalla sentenza di Cass. III, 15/01/2020, n. 514: un soggetto aveva chiamato in causa la struttura sanitaria dopo aver subito una paresi a causa della mancata diagnosi di ictus. La sua invalidità totale è stata valutata al 65%, ma avrebbe avuto comunque un’invalidità del 45% anche senza l’errore medico, il danno differenziale risarcibile sarà pari al 20%.

In questo caso la Suprema Corte ha peraltro specificato che esistono diversi tipi di menomazioni:

  • Menomazioni coesistenti: sono quelle che non cambiano se si sommano ad altre menomazioni. Ad esempio, una frattura e una patologia cardiaca. Queste non influenzano il calcolo del risarcimento, quindi il danno dovrà essere pagato per intero!
  • Menomazioni concorrenti: Queste, invece, peggiorano una condizione preesistente. Ad esempio: una frattura che si aggiunge a una anchilosi di spalla nello stesso arto superiore, oppure un deficit del visus che aggrava un glaucoma allo stesso occhio. Queste sono rilevanti al fine del calcolo del danno iatrogeno perché siamo di fronte ad invalidità piùgravi proprio in ragione della patologia preesistente. In questo caso, quindi, deve essere risarcito solo il danno differenziale.
Guarda l’episodio dedicato al DANNO IATROGENO nella nostra rubrica “MedMal WORDS | Le parole della responsabilità sanitaria“!

§ 5. Come si calcola il danno iatrogeno differenziale?

La quantificazione del danno iatrogeno si basa sul criterio delle percentuali di invalidità permanente (IP).

In linea generale, occorre determinare prima la percentuale di IP complessivamente subita dal paziente a causa di tutte le menomazioni (patologia preesistente + danno iatrogeno), poi la percentuale di IP ascrivibile al solo errore medico. La differenza costituisce appunto il danno iatrogeno differenziale da risarcire.

In dottrina e giurisprudenza si sono confrontati diversi orientamenti interpretativi sul metodo di calcolo:

  1. Valutazione autonoma del solo danno iatrogeno, considerando la menomazione complessiva solo come parametro di riferimento;
  2. Sottrazione diretta tra le percentuali di IP complessiva e di IP specifica da errore medico;
  3. Sottrazione tra valori monetari corrispondenti alle relative percentuali di IP, basandosi sulle tabelle del danno biologico (es. Tabelle di Milano).

Quest’ultimo criterio è stato avallato dalla più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 18442/2023) ed è preferibile perché evita ingiuste sottostime del danno.

La soluzione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ben specificato quali sono i parametri da considerare per il calcolo del risarcimento in caso di danno iatrogeno differenziale:

  1. Si valuta l’invalidità complessiva, dovuta cioè a patologia preesistente sommata a quella causata dall’illecito, e se ne calcola il valore monetario [A];
  2. Si considera l’invalidità preesistente e se ne calcola il valore monetario [B], con la precisazione che, se l’invalidità non impediva al paziente di condurre una vita normale, si considera uno stato di invalidità precedente pari allo 0%;
  3. Si sottrae, dall’importo risarcitorio attribuito all’invalidità complessiva, l’importo corrispondente all’invalidità preesistente all’illecito [A – B]; così si ottiene il valore monetario dovuto a titolo di risarcimento per danno iatrogeno differenziale.

Qualche esempio pratico

Nel caso esaminato dalla menzionata sentenza di Cass. n. 514/2020, l’invalidità permanente complessivamente accertata era pari al 65%, mentre l’invalidità pregressa, dovuta all’ictus, era del 45%; quindi il giudice doveva liquidare un risarcimento per danno differenziale pari al 20%.

Per calcolare il rilievo economico di questo 20% di danno iatrogeno differenziale, pertanto, si deve verificare prima il valore tabellare del 65% di invalidità permanente per un soggetto di una determinata età, poi quello del 45%, e infine sottrare quest’ultimo importo dal primo.

Questo è molto importante, perché il valore monetario del punto di invalidità permanente cresce più che proporzionalmente rispetto all’aumento dell’invalidità: pertanto il valore monetario dei primi 20 punti percentuali è di gran lunga inferiore a quello dei 20 punti percentuali dal 45° al 65°.

In sostanza: il danno differenziale iatrogeno si deve quantificare sulla base degli importi monetari, e non del mero grado di invalidità.

Facciamo un altro esempio pratico di calcolo del danno differenziale (con valori monetari approssimativi ed indicati a mero titolo esemplificativo):

  • IP complessiva: 50% → valore monetario € 400.000
  • IP da invalidità preesistente: 30% → valore monetario € 150.000
  • Danno differenziale per l’aggravamento della IP da sola condotta medica: 20% → 400.000 – 150.000 = € 250.000 da risarcire

Si noti come il risultato sia ben diverso dalla mera sottrazione percentuale (50% – 30% = 20%), che avrebbe condotto a una liquidazione di gran lunga inferiore (€ 70.000 circa).

§ 6. Calcolo del danno iatrogeno in presenza di indennizzo

Come anticipato, il danno iatrogeno viene liquidato come danno differenziale: dal totale delle lesioni subite vanno detratte quelle che ci sarebbero state anche senza condotta colposa del personale sanitario.

Un ulteriore problema sorge quando la lesione originaria è un infortunio sul lavoro e quindi ci sia stato l’intervento dell’Inail, oppure se il sinistro fosse coperto da una polizza assicurativa contro gli infortuni. In entrambi i casi al danneggiato può essere erogato un indennizzo per l’invalidità complessiva, cioè calcolato sul danno-base sommato all’aggravamento.

Nella già citata sentenza n. 26117/2021, la Corte di Cassazione ha stabilito che la somma che il danneggiato può chiedere alla struttura sanitaria equivale al credito residuo che non abbia già ricevuto dall’Inail o dall’assicurazione.

Nel motivare la sentenza, la Suprema Corte ha fissato i criteri per il calcolo del danno differenziale, nel caso in cui la vittima abbia subito un danno-base che si è aggravato per responsabilità medica, e per cui abbia ricevuto un indennizzo dall’Inail (ma il principio vale anche nel caso di assicurazione privata).

Come occorre procedere

  • Bisogna stabilire la misura del danno-base e dell’aggravamento;
  • Deve essere determinato l’ammontare dell’indennizzo complessivo dovuto dall’Inail (o dall’assicurazione privata),
  • Bisogna infine definire se l’indennizzo è superiore o inferiore al danno base:
    • Se inferiore, sarà pagato per intero il valore dell’aggravamento;
    • Se superiore, sarà pagato l’aggravamento, detratto l’esubero dell’indennizzo rispetto al danno-base.

Per semplificare: il responsabile della condotta medica risarcirà il danno differenziale iatrogeno in misura pari alla differenza tra l’aggravamento e il danno base oppure, ove inferiore, alla differenza tra l’aggravamento e l’indennizzo.

Come anticipato tutti i calcoli vanno fatti previa monetizzazione del grado di invalidità permanente subito. Il danno iatrogeno, come sempre, va calcolato previa monetizzazione del danno complessivo e del danno che ci sarebbe comunque stato senza l’intervento colpevole del medico.

§ 7. L’Iter di risarcimento del danno iatrogeno

Per ottenere il risarcimento del danno iatrogeno, il paziente deve dimostrare tutti gli elementi costitutivi dell’illecito medico:

  1. La condotta colpevole del sanitario (per negligenza, imprudenza o imperizia),
  2. Il danno patito, sotto forma di aggravamento della patologia preesistente;
  3. Il nesso di causalità tra condotta ed evento dannoso.

A tal fine, la prima cosa da fare è acquisire tutta la documentazione clinica relativa al caso, sia precedente che successiva all’intervento medico, per ricostruire la storia patologica ed evidenziare il peggioramento delle condizioni di salute.

Sarà poi necessario sottoporsi ad una visita specialistica medico-legale, che accerti natura ed entità delle lesioni subite. Il primo problema che si pone è quello relativo all’accertamento del nesso causale tra peggioramento dello stato di salute e condotta del personale medico.

Non sempre, infatti, il peggioramento del quadro clinico può essere imputato all’operato del medico. Potrebbe invece derivare da un’inevitabile evoluzione della patologia di base o da altri fattori indipendenti dalla prestazione sanitaria. È quindi fondamentale un’indagine approfondita che escluda cause alternative e dimostri come quel dato aggravamento non si sarebbe verificato se il medico avesse operato correttamente.

Il nesso eziologico va accertato anche in caso di omissioni terapeutiche o diagnostiche, quando cioè il danno derivi non da un intervento errato, ma dal mancato compimento di attività doverose che avrebbero evitato l’insorgenza di complicanze.

Una volta appurato il nesso, il medico legale dovrà procedere alla quantificazione del danno differenziale risarcibile. Come abbiamo visto, occorrerà determinare la percentuale di invalidità complessiva, quella ascrivibile al solo errore medico e, per differenza (o meglio, per differenza tra i rispettivi valori monetari), il maggior danno imputabile al sanitario.

Sulla base della consulenza tecnica così espletata, il paziente potrà procedere alla richiesta di risarcimento, rivolgendosi ad un legale specializzato in malasanità.Dopo di che, con l’assistenza del legale, si andrà a coltivare la richiesta di risarcimento danni per malasanità. La vertenza potrà concludersi in via extragiudiziale, se le parti riusciranno a trovare un accordo conciliativo. In caso contrario, diventa necessario percorrere la strada giudiziale, rivolgendo le proprie istanze al giudice competente.