Ultimo Aggiornamento 3 Ottobre 2024
Invalidità da lesione micropermanente: genesi della nozione, tratti caratteristici e regole per il risarcimento
Quando si parla di lesioni micropermanenti la mente corre subito al danno biologico per invalidità permanente da 1 a 9 punti percentuali, che – com’è noto – riceve un trattamento differenziato (e deteriore) in materia di risarcimento danni da incidente stradale e da malpractice medico-sanitaria. Il tema, a ben vedere, è un po’ più complesso, dal momento che il lemma “micropermanente” rimanda, in linea generale, al pregiudizio alla salute che si caratterizza per essere di modesta entità.
Il danno derivante da invalidità micropermanente nasce, in realtà, verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso, quando ancora la giurisprudenza non consentiva di risarcire il danno alla salute in sé, riconoscendone il rilievo solo quando esso determinava una diminuzione patrimoniale e/o una variazione reddituale negativa per il danneggiato. Ma era difficile sostenere che una lesione di lieve entità potesse avere immediati riflessi peggiorativi sotto il profilo economico. Perciò, con una fictio iuris adoperata anche in altri ambiti (ad esempio per il danno estetico), si sosteneva che la lesione micropermanente potesse avere l’attitudine a generare un pregiudizio patrimoniale futuro, soprattutto per la maggiore usura nello svolgimento dell’attività lavorativa del danneggiato, così da consentirgli di accedere al risarcimento del danno.
Con l’evoluzione giurisprudenziale, il pregiudizio da lesioni micropermanenti ha finalmente abbandonato l’anacronistica caratterizzazione in termini economici, ed è tornato nel suo alveo naturale, quale sottocategoria del danno biologico. Si tratta, quindi, di un danno alla salute risarcibile a prescindere dall’incidenza che può avere sul reddito del danneggiato: è ormai pacifico, infatti, che il danno da micropermanente non riguardi un pregiudizio patrimoniale futuro ed incerto, ma un danno biologico attuale e concreto. Scopriamo allora, in questo approfondimento, come riconoscere il danno da lesione micropermanente e quali sono i presupposti per la sua liquidazione.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Definizione ed elementi caratterizzanti del danno da lesioni micropermanenti
- § 2. Soglia di rilevanza del danno micropermanente: prassi giurisprudenziali e limiti determinati dal legislatore
- § 3. L’accertamento giudiziale dell’invalidità micropermanente
- § 4. Il nesso causale tra condotta lesiva e postumi micropermanenti: come si accerta?
- § 5. Criteri di liquidazione nel risarcimento del danno da lesione micropermanente
- § 6. Riflessioni conclusive sulle lesioni micropermanenti
- § 7. Strumento di calcolo del danno da lesione micropermanente
§ 1. Definizione ed elementi caratterizzanti del danno da lesioni micropermanenti
Come anticipato, dunque, il danno da lesioni micropermanenti è quella categoria del danno biologico, in rapporto di specie a genere, che si distingue per la sua lieve entità. I danni che residuano in capo al danneggiato, per essere definiti micropermanenti, devono essere di una tenuità tale da non comportare radicali mutamenti nella sua qualità di vita. Nonostante la tenuità, tuttavia, i postumi che ne derivano devono essere obiettivamente apprezzabili.
Perché si possa configurare un danno micropermanente, devono ricorrere i seguenti requisiti essenziali:
- il danno deve essere permanente, nel senso che i suoi esiti devono essere irreparabili ed irreversibili;
- il danno deve essere suscettibile di accertamento medico-legale, nel senso che la sua esistenza si deve desumere da elementi oggettivi, e non già dalle sole dichiarazioni del danneggiato;
- il danno deve avere modesta rilevanza, nel senso che le sue conseguenze non devono incidere sensibilmente sulle funzioni esistenziali del danneggiato, come ci accingiamo a precisare nel paragrafo seguente.
§ 2. Soglia di rilevanza del danno micropermanente: prassi giurisprudenziali e limiti determinati dal legislatore
Ai fini della concreta liquidabilità del danno da lesioni micropermanenti, è necessario individuare la soglia massima di rilevanza, ossia quella oltre la quale il danno non può essere più considerato micropermanente, ma – diversamente – dovrà essere qualificato come danno c.d. “macropermanente”.
La valutazione dev’essere svolta con riferimento non tanto alla lesione in sé, quanto alle conseguenze che ne siano derivate. Una lesione di modesta entità, infatti, può causare un danno rilevante sulla vita della vittima (pensiamo alla perdita del dito mignolo per un pianista di successo), ed anche viceversa (l’esempio di scuola è la perdita dell’arto inferiore per un paraplegico).
La prassi giurisprudenziale soleva individuare la soglia, oltre la quale i postumi di una lesione dovrebbero considerarsi macropermanenti, nel punto percentuale di invalidità pari a 10. Tuttavia, il legislatore è intervenuto in due ambiti specifici, stabilendo apposite soglie di differenziazione. Si tratta, segnatamente, dei casi di danni derivanti da:
- sinistro stradale o colpa medica, in cui il limite è fissato al 9% di invalidità permanente (si v., rispettivamente, l’art. 139 del codice delle assicurazioni private e l’art. 7 della legge Gelli);
- infortunio sul lavoro, in cui la soglia di rilevanza è stabilita al 6% di invalidità permanente, laddove una percentuale inferiore non risulta coperta dall’indennizzo da parte dell’assicuratore sociale (è la c.d. franchigia INAIL).
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§ 3. L’accertamento giudiziale dell’invalidità micropermanente
A causa della tenuità del pregiudizio da lesione micropermanente, l’accertamento dell’entità del danno alla salute è molto delicato. Il danno, o l’invalidità, da lesione micropermanente, come ogni danno alla salute, richiede la presenza dei seguenti presupposti per la sua configurabilità:
- la riduzione delle funzionalità vitali del danneggiato in modo definitivo e non recuperabile;
- la prova oggettiva della lesione e del fatto che la stessa abbia causato una compromissione delle attività vitali del danneggiato.
In un giudizio civile, la dimostrazione della compromissione delle attività vitali del danneggiato è demandata a due soggetti: il medico legale e il giudice.
- Il medico legale deve verificare l’obiettiva esistenza dei postumi in capo al danneggiato e non può basare la propria relazione su disturbi riferiti dal danneggiato di cui non vi sia un riscontro documentale o di cui non vi sia perlomeno una coerenza con la sua storia clinica.
- Il giudice, successivamente e quale peritus peritorum, deve verificare che le deduzioni del medico legale siano congrue e che quanto riferito dal danneggiato sia attendibile rispetto a tutte le prove raccolte nel corso del giudizio.
I principi appena esposti sono stati cristallizzati dal legislatore, in particolare con riferimento ai danni da micropermanenti generati da sinistri stradali. Infatti, l’art. 139, comma 2, del d.lg. 209/2005 (cod. ass. priv.) stabilisce il principio secondo il quale le lesioni alla salute si devono accertare in concreto e non possono essere meramente supposte in astratto:
“[…] per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito. In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”.
Art. 139, comma 2, Codice delle Assicurazioni Private (d.lg. 7 settembre 2005, n. 209)
§ 4. Il nesso causale tra condotta lesiva e postumi micropermanenti: come si accerta?
Ai fini della risarcibilità di un danno micropermanente, dunque, deve esistere imprescindibilmente un nesso causale tra la condotta lesiva e i postumi occorsi. L’accertamento del nesso causale deve essere svolto dando rilievo ad ogni circostanza del caso concreto.
In particolare, potrà essere decisivo rivolgere attenzione ai seguenti elementi:
- la condotta illecita deve avere “efficienza lesiva” (cioè deve essere idonea a causare il pregiudizio che il danneggiato sostiene di aver ricevuto);
- la prima certificazione sanitaria deve essere tempestiva (un certificato medico che intervenga immediatamente dopo il fatto lesivo è decisamente più affidabile rispetto ad uno prodotto a distanza di giorni);
- la documentazione medica deve essere complessivamente attendibile e congruente (la credibilità di un referto sarà maggiore, ad esempio, quanto più questo sia dettagliato e quanto più vada oltre alle semplici dichiarazioni del danneggiato; spesso infatti i medici possono limitarsi a raccogliere le dichiarazioni del paziente, senza formulare una vera e propria diagnosi);
- la storia clinica deve presentare continuità (nel senso che non devono esserci intervalli significativi e/o ingiustificati nel percorso diagnostico-terapeutico).
Una volta individuato il tipo di danno – da lesioni micropermanenti o macropermanenti – sarà, quindi, l’analisi del caso concreto a suggerire gli elementi ai quali riservare maggiore attenzione ai fini della descrizione dei pregiudizi sofferti, onde determinare un risarcimento congruo e proporzionato all’entità del danno.
§ 5. Criteri di liquidazione nel risarcimento del danno da lesione micropermanente
La medicina legale insegna che, a parità di condizioni, l’organismo umano riesce a compensare meglio una piccola invalidità derivante da lesione micropermanente, piuttosto che una invalidità di grado medio o addirittura grave. Per questa ragione, via via che aumenta la percentuale di invalidità, il risarcimento del danno micropermanente cresce, in proporzione, meno rapidamente rispetto a quello c.d. macropermanente.
A questo principio si conforma la metodologia di liquidazione prevista dal menzionato art. 139 d.lg. 209/2005 (cod. ass. priv.), che prevede la risarcibilità:
- del danno biologico permanente, secondo una tabella che contempla un valore variabile in funzione della percentuale di invalidità accertata e dell’età del danneggiato;
- del danno biologico temporaneo, assegnando il valore di euro 47,49, soggetto ad aggiornamento annuale, ad ogni giorno di inabilità assoluta.
L’importo così determinato può essere aumentato (c.d. personalizzazione) fino ad un massimo del 20% qualora ricorrano le particolari circostanze indicate dal comma 3 dell’art. 139 cod. ass. priv.:
“Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati ovvero causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di particolare intensità, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella di cui al comma 4, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 20 per cento. L’ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche”.
Art. 139, comma 3, Codice delle Assicurazioni Private (d.lg. 7 settembre 2005, n. 209)
§ 6. Riflessioni conclusive sulle lesioni micropermanenti
Non si può negare che la materia delle lesioni micropermanenti rappresenti un terreno accidentato, nel quale spesso si annida il pericolo di comportamenti speculativi e simulatori, quando non addirittura truffaldini, come purtroppo spesso documentano le notizie di cronaca, che talvolta riportano vicende davvero orribili (come, ad esempio, questa). La questione non è irrilevante, per la diffusione del fenomeno e per l’entità economica degli interessi in gioco: l’IVASS, che tra i propri compiti istituzionali annovera anche l’attività di contrasto e prevenzione delle frodi assicurative, ha evidenziato che nel 2017 è stato pari a 246,8 milioni di euro l’importo complessivo del risparmio ottenuto dalle truffe sventate.
In tale contesto, allora, appare centrale il ruolo dell’Avvocato, che in questa materia – come del resto in ogni genere di contenzioso (ad esempio, e forse ancor più, in materia di risarcimento danni da “malasanità”) – deve rappresentare un “filtro” alla proposizione di azioni pretestuose e/o strumentali. Com’è stato autorevolmente suggerito, infatti, l’avvocatura non può abdicare a questo ruolo, prezioso ed insostituibile, di controllo preventivo della fondatezza e della meritevolezza delle rivendicazioni avanzate dai cittadini, al fine di contribuire a realizzare quella giurisdizione civile affidabile ed efficiente che il nostro Paese meriterebbe.
§ 7. Strumento di calcolo del danno da lesione micropermanente
Per gentile concessione del noto portale giuridico AvvocatoAndreani.it, mettiamo a disposizione degli utenti questo agevole strumento di calcolo del danno non patrimoniale da “lesioni micropermanenti” (risarcimento danno biologico fino a 9 punti di invalidità permanente) in materia di sinistri stradali e responsabilità professionale medica.
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