Ultimo Aggiornamento 20 Maggio 2024
Servitù Coattiva e via giudiziale per la sua costituzione
L’Avv. Gabriele Chiarini ha difeso con successo un Società di capitali convenuta in una actio negatoria servitutis, ottenendo in via giudiziale la costituzione di una servitù coattiva di scarico ex art. 1043 c.c., previa determinazione dell’indennità di cui all’art. 1038 c.c.
La vicenda oggetto di causa
Un privato cittadino aveva ritenuto di convenire in giudizio una S.r.l., lamentando che la stessa avesse “realizzato una condotta fognaria sui terreni dell’attore, effettuato il taglio di alcune querce insistenti sui terreni della stesso, asportato terreno ghiaioso e terroso dal fondo citato, e realizzato un manufatto in cemento armato e tubi metallici insistente sulla stessa proprietà”.
La Società si era tempestivamente costituita in giudizio, con il ministero dello Studio Legale Chiarini, deducendo che lo sconfinamento era avvenuto in buona fede, ovverosia nel convincimento di collocare il manufatto su una porzione di terreno demaniale, e censurando l’altrui quantificazione del danno, in quanto eccessiva.
In via riconvenzionale, lo Studio aveva chiesto la costituzione di servitù coattiva di scarico ex art. 1043 c.c., previa determinazione dell’indennità di cui all’art. 1038 c.c.
L’istruttoria del procedimento in materia di servitù coattiva
La fase istruttoria si era risolta nell’assunzione di prove testimoniali, per lo più volte ad acclarare lo stato dei luoghi anteriormente al posizionamento della condotta, e nello svolgimento di una consulenza tecnica di ufficio che, oltre a lumeggiare ulteriormente tale ultimo profilo, aveva:
- compiuto l’esatta collocazione planimetrica del manufatto,
- accertato la correlata incidenza sul valore dell’area interessata e
- verificato la eventuale possibilità di collocare altrove la condotta, tenendo conto dei costi e dell’impatto ambientale.
Due testi escussi, entrambi amici dell’attore, avevano dichiarato di aver visto che sul terreno del privato erano stati realizzati degli sbancamenti, ma non avevano compiuto alcun riferimento all’asserito abbattimento di querce.
Altro teste, responsabile dell’ufficio tecnico del Comune interessato, aveva dichiarato che l’area ove era stata posta la condotta fognaria era priva di vegetazione.
La presenza delle querce era stata negata anche dall’ultimo testimone, progettista e direttore dei lavori, il quale aveva altresì specificato che “per fare i lavori è stato realizzato un palo su terreno e quindi il terreno asportato è quantificabile in due o tre metri cubi”.
Gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio
Il consulente tecnico d’ufficio, con la propria relazione peritale, aveva esposto quanto segue:
- “in prossimità dell’allaccio finale, la condotta della fognatura, proveniente dalla lottizzazione a monte denominata […], e diretta al collettore fognario, attraversa il fosso sottostante su una struttura composta a raggiera orizzontale sorretta da un pilastro in cemento armato, quest’ultimo ricadente sul terreno di proprietà” del privato;
- “si considera il valore di deprezzamento dell’area in oggetto pari ad euro 1.253,55 […] è vero che la superficie realmente interessata dalle opere è inferiore a 1.400 mq, ma è anche vero che la parte di terreno che rimane oltre le opere in oggetto è totalmente compromessa poiché tagliata fuori dall’intera particella per cui a parere dello scrivente va considerata come superficie deprezzata”;
- “visto il profilo naturale del terreno e lo stato ad oggi dei luoghi, sicuramente nel tempo sono state eseguite delle opere di sbancamento, ma non si riesce a determinare se tali opere sono state effettuate prima o dopo la opere di fognatura realizzate”;
- “per quanto riguarda invece la posa delle condotte, durante tale lavorazione sono sicuramente stati asportati quantitativi di terreno/terreno ghiaioso per la posa della condotta e ovviamente successivo rinterro, per cui non sono state eseguite opere di sbancamento, bensì di scavo a sezione obbligata per creare la trincea ove mettere in opera la tubazione della fognatura […]. Il quantitativo di materiale che viene ipotizzato di scavo è pari a 16 mc come sopra indicato. Se poi tale materiale è stato usato per il parziale rinterro (cosa che non è possibile dire con certezza), il materiale scavato può essere riutilizzato per circa il 50%, visto che la parte sottostante la tubazione e di rinfaccio per buona regola va effettuata con sabbia fine. Per cui nell’ipotesi di riutilizzo il materiale di scavo si riduce a 8 mc”;
- “da un’analisi della zona, vista la vasta area di proprietà della ditta […] sovrastante l’allaccio finale del collettore fognario, si evince che vi era una eventuale possibilità alternativa per realizzare il passaggio senza far sì che quest’ultimo ricadesse nella proprietà del sig. […]; si stima che i costi per la realizzazione della condotta alternativa siano i seguenti: […] euro 45.000,00. Vista la differenza di quota altimetrica per eseguire l’allaccio al collettore fognario, l’opera alternativa sarebbe stata realizzata per un maggior tratto fuori terra e ad un’altezza rispetto al valore del mare superiore, senza tralasciare il fatto che sarebbe stata maggiormente visibile dal Castello di […], andando così ad aumentare l’impatto ambientale”.
La valutazione del Giudice sul merito della controversia
Il Giudice Istruttore ha rilevato che le determinazioni del consulente tecnico si configuravano come fisiologico sviluppo logico e valutativo delle circostanze fattuali emergenti dagli atti ed acquisite all’esito di sopralluogo; esse, altresì, apparivano adeguatamente motivate nonché immuni da aporie e tratti di inverosimiglianza, sì da meritare totale adesione.
Ponendo in relazione le dichiarazioni testimoniali con gli elementi conoscitivi apportati dal consulente, la pretesa risarcitoria incentrata sull’asserito taglio delle querce e sui lamentati sbancamenti è stata ritenuta sprovvista di adeguato sostegno probatorio.
Invero, la circostanza della presenza delle querce non risultava confermata da alcun elemento istruttorio ed anzi si palesava come assunto del tutto dissonante rispetto allo stato dei luoghi così come emergente dalle fotografie allegate alla relazione (i terreni dell’attore apparivano, per lo meno in parte qua, non curati, del tutto incolti ed occupati in sostanza da sterpaglie).
In relazione agli sbancamenti, invece, va osservato che, al di là delle mere asserzioni dell’attore, non vi era la prova, tampoco di adeguata consistenza presuntiva, che essi fossero in qualche modo causalmente collegati al posizionamento della condotta fognaria, circostanza necessaria, sempre in un’ottica inferenziale, per poter attribuire il compimento di tale fatto alla società convenuta.
Al riguardo, quantunque l’assunto sia ben noto, il Giudice ha sottolineato che, giusto il principio generale di cui all’art. 2697 c.c., grava in capo all’attore l’onere della prova degli elementi costitutivi del danno, sicché ogni lacuna conoscitiva in merito è destinata a riverbersi negativamente a carico del danneggiato.
Quanto alle domande volte alla rimozione dell’opera e al conseguimento del correlato risarcimento del danno, esse sono state vagliate unitamente alla domanda riconvenzionale, atteso che le due pretese, come evidente, erano del tutto antitetiche.
Al riguardo, il Tribunale ha osservato che, giusto il combinato disposto delle norme di cui agli artt. 1033, 2037, 1043, 1045 c.c., la costituzione di una servitù coattiva di scarico, ivi inclusa quello di acque luride, esige unicamente che il vicino abbia l’esigenza concreta, effettiva ed attuale di scaricare altrove le acque, sicché, accertato il presupposto della necessità, il diritto in esame è unicamente subordinato alla circostanza che il passaggio sia il più conveniente nonché il meno pregiudizievole per il fondo servente, salva ovviamente l’obbligazione indennitaria.
In altri e più compiuti termini:
“la servitù coattiva di scarico può essere domandata per liberare il proprio immobile sia da acque sovrabbondanti potabili o non potabili, provenienti da acquedotto o da sorgente esistente nel fondo o dallo scarico di acque piovane, sia dalle acque impure, risultanti dal funzionamento degli impianti agricoli od industriali o degli impianti e servizi igienico-sanitari degli edifici. L’art. 1043 cod. civ., infatti, non autorizza alcuna distinzione tra acque impure ed acque luride o ‘nere’, intese quest’ultime come acque di scarico delle latrine, dovendosi, piuttosto, intendere il riferimento alle acque impure, contenuto nel secondo comma, come volto unicamente a stabilire che, in questo caso, la servitù coattiva è subordinata all’adozione di opportune precauzioni per evitare inconvenienti al fondo servente” (così, Sentenza della Corte di Cassazione n. 22990 del 09/10/2013).
Ancora:
“i presupposti per la costituzione di una servitù di scarico coattivo ex art. 1043 cod. civ. non differiscono, compatibilmente con il diverso contenuto della servitù, da quelli contemplati dall’art. 1037 cod. civ. per la costituzione della servitù di acquedotto coattivo, applicabili in virtù del richiamo operato dalla prima di dette norme alle disposizioni degli articoli precedenti per il passaggio delle acque, occorrendo, pertanto, come per l’acquedotto coattivo che il passaggio richiesto – sempre che il proprietario del fondo non abbia altre alternative per liberarsi dalle acque di scarico, anche con la creazione di una servitù volontaria- sia il più conveniente ed il meno pregiudizievole per il fondo servente, avuto riguardo alle condizioni dei fondi vicini, al pendio e alle altre condizioni per la condotta, per il corso e lo sbocco delle acque e riferendosi il criterio del minor pregiudizio esclusivamente al fondo servente e quello della maggior convenienza anche al fondo dominante il quale non deve essere assoggettato ed eccessivo disagio o dispendio” (così, Sentenza della Corte di Cassazione n. 7410 del 14/05/2003).
L’applicazione dei principi generali al caso di specie
Declinando tali principi al caso di specie e richiamata la consulenza tecnica d’ufficio, il Giudice ha osservato:
- da una parte, che la società non aveva valida alternativa, vale a dire parimenti proficua, ove collocare la condotta;
- da altra, che il posizionamento in quel punto del fondo del vicino, piuttosto che in un altro, non recava alcun pregiudizio ulteriore al privato, che, invero, nulla aveva dedotto in merito.
D’altro canto, esaminando le fotografie allegate alla consulenza tecnica d’ufficio, era agevole comprendere che la condotta era stata posizionata in un’area del tutto incolta e priva di specifica destinazione reddituale.
Ne consegue che la domanda riconvenzionale avanzata dallo Studio è stata accolta.
L’affermazione della servitù coattiva ha comportato naturalmente il sorgere, in capo alla società, dell’obbligazione indennitaria di cui all’art. 1038 c.c., quantificata nell’esigua somma di euro 1.253,55.
L’accoglimento della domanda di costituzione della servitù coattiva
Alla luce delle motivazioni che precedono, il Tribunale ha accolto la domanda riconvenzionale avanzata dall’Avv. Gabriele Chiarini nell’interesse della Società di capitali.
E’ stata così dichiara la sussistenza di un servitù coattiva di scarico sul fondo del privato, limitatamente all’area occupata dalla menzionata condotta fognaria, in favore del fondo della S.r.l.
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