Ultimo Aggiornamento 20 Maggio 2024
Il trattamento dell’IVA nella procedura concordataria
Gli Avv.ti Giovanni e Gabriele Chiarini hanno assistito con successo una società di capitali nell’impugnazione, con ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost., di un provvedimento con il quale era stata dichiarata inammissibile una domanda di concordato preventivo.
La proposta di concordato preventivo presentata
La proposta concordataria contemplava la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei, nonché il pagamento (oltre alle spese di procedura):
– al 100% dei crediti privilegiati ritenuti “non falcidiabili” ex art. 182 ter L.F. (IVA e ritenute non versate);
– al 50% dei crediti privilegiati vantati da lavoratori subordinati e da professionisti;
– al 40% dei crediti privilegiati “falcidiabili” per altri tributi e accessori su oneri previdenziali;
– al 17,38% dei crediti chirografari.
Il provvedimento dichiarativo dell’inammissibilità della proposta
Con l’impugnato provvedimento, il Tribunale adito aveva dichiarato inammissibile la proposta di concordato, sulla scorta della seguente argomentazione:
– la proposta prevedeva il soddisfacimento al 100% dei crediti privilegiati vantati dall’Erario, dall’INPS e dall’INAIL (per IVA e ritenute non versate), ed il soddisfacimento al 50% dei crediti privilegiati vantati dai lavoratori dipendenti e dai professionisti;
– ai sensi degli artt. 2777 c.c. e 2751 bis c.c., immediatamente dopo le spese di giustizia sono collocati i crediti dei lavoratori e poi quelli dei professionisti, mentre i crediti per IVA e ritenute non versate sono collocati dall’art. 2778 c.c. in posizione decisamente postergata (rispettivamente al n. 19 e al n. 1);
– la proposta concordataria, quindi, si sarebbe tradotta in una indebita alterazione delle cause legittime di prelazione, in contrasto con l’art. 160, comma 2, L.F., perché avrebbe offerto il pagamento integrale di crediti (IVA e ritenute non versate) aventi privilegio inferiore a quello che connota altri crediti (lavoratori e professionisti), che sarebbero stati soddisfatti solo al 50%;
– ciò avrebbe inibito l’ammissione alla procedura di concordato preventivo.
Il ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost.
Giova precisare preliminarmente che, per costante giurisprudenza di legittimità, risulta pienamente ammissibile il ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost. contro il provvedimento dichiarativo dell’inammissibilità della proposta concordataria (non reclamabileex art. 162 L.F.), purché – come nel caso di specie – ad esso non abbia fatto seguito la dichiarazione di fallimento (cfr., da ultimo, Cass. I, 25 settembre 2013, n. 21901; nello stesso senso anche Cass. I, 23 giugno 2011, n. 13817; Cass. I, 25 ottobre 2010, n. 21860; Cass. I, 2 aprile 2010, n. 8186; Cass. S.U., 14 aprile 2008, n. 9743).
L’accoglimento da parte della Suprema Corte
Ebbene, il provvedimento impugnato è stato cassato dalla Suprema Corte, in totale accoglimento del primo motivo di ricorso, che si trascrive integralmente di séguito:
“…
I MOTIVO
Violazione o falsa applicazione degli artt. 162, comma 2, e 182 ter, comma 1, L.F., nonché degli artt. 2751 bis, 2777 e 2778 c.c., per avere il Tribunale di *** reputato che il necessario pagamento integrale dell’IVA (e delle ritenute non versate) comporti giocoforza l’integrale pagamento di tutti i crediti privilegiati con grado anteriore.
Come sopra precisato, il provvedimento impugnato ha ritenuto inammissibile la proposta concordataria perché prospetta il pagamento al 100% di crediti (IVA e ritenute non versate) forniti di privilegio inferiore a quello di altri crediti (lavoratori e professionisti) che vengono invece soddisfatti al 50%.
L’assunto è evidentemente erroneo ed è il frutto della violazione o, quanto meno, della falsa applicazione degli artt. 162, comma 2, e 182 ter, comma 1, L.F., in relazione agli artt. 2751bis, 2777 e 2778 c.c., con specifico riguardo al problema del coordinamento tra i seguenti due principi: a) l’obbligo del pagamento integrale dell’IVA e delle ritenute non versate; b) il divieto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione.
Come ha chiaramente sottolineato codesta Suprema Corte, invero, l’attuale art. 182 ter, comma 1, L.F., prevede che, con riguardo all’imposta sul valore aggiunto e alle ritenute non versate, la proposta concordataria possa prevedere esclusivamente la dilazione dei pagamento e non la falcidia. Il principio di intangibilità dell’IVA e delle ritenute, peraltro, è stato ritenuto applicabile in linea generale ad ogni procedura concorsuale, anche quando non viene presentata richiesta di transazione fiscale (cfr. Cass. I, 4 novembre 2011, n. 22932).
Nondimeno, è stato categoricamente escluso che la necessità dell’integrale pagamento dell’IVA e delle ritenute comporti quella dell’integrale pagamento di tutti i crediti privilegiati con grado anteriore, in preteso ossequio al principio secondo cui “il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione” (art. 160, comma 2, ultimo periodo, L.F.).
E’ stato infatti chiarito che:
“La disposizione che sostanzialmente esclude il credito IVA da quelli che possono formare oggetto di transazione, quanto meno in ordine all’ammontare del pagamento, è una disposizione eccezionale che, come si è osservato, attribuisce al credito in questione un trattamento peculiare e inderogabile. La norma invocata dalla Corte d’appello (art. 160, comma 2) attiene, per contro, unicamente al trattamento aggiuntivo rispetto a quello imposto ex lege(ancorato al valore dei beni oggetto della garanzia) che viene deciso discrezionalmente dal debitore ma che trova appunto un limite nel rispetto del grado di rilevanza attribuito dal legislatore ai diversi crediti in ragione del valore sociale della loro causa. Il vincolo, per contro, non astringe il legislatore che può, come nella fattispecie e per cause discrezionalmente individuate, attribuire un trattamento particolare a determinati crediti come avviene per la prededuzione, senza che ciò incida automaticamente sul trattamento degli altri.
Diversamente opinando, tra l’altro, si dovrebbe attribuire al legislatore se non l’intento quantomeno l’accettazione del rischio di rendere in molti casi sostanzialmente inattuabile il percorso concordatario in quanto, tenuto conto del basso grado di privilegio dell’IVA, la necessità di proporne l’integrale pagamento comporterebbe l’analoga necessità per tutti i crediti privilegiati, anche non tributari, rendendo oltretutto priva di contenuto la stessa transazione fiscale” (Cass. I, 4 novembre 2011, n. 22932).
In estrema sintesi, l’impugnato provvedimento del Tribunale di *** ha violato e fatto erronea applicazione degli artt. 162, comma 2, e 182 ter, comma 1, L.F., in relazione agli artt. 2751bis, 2777 e 2778 c.c., avendo ritenuto inammissibile la proposta concordataria perché non prevede il pagamento integrale di tutti i crediti privilegiati con grado anteriore all’IVA e alle ritenute non versate (pagate al 100%). Di contro, si sarebbe dovuta fare corretta applicazione del seguente principio di diritto, che si chiede all’Ecc.ma Corte adita di confermare:
“L’obbligo di integrale pagamento dell’IVA e delle ritenute non versate – imposto dall’art. 182 ter, comma 1, L.F. – non comporta la necessità dell’integrale pagamento di tutti i crediti privilegiati con grado anteriore ex art. 160, comma 2, L.F.”.
Ne consegue che deve ritenersi pienamente ammissibile una proposta concordataria, come quella oggetto del provvedimento impugnato, la quale – premesso il doveroso pagamento integrale dell’IVA e delle ritenute non versate – offra un pagamento percentuale degli altri crediti privilegiati nel rispetto dell’ordine (tra questi ultimi) delle cause di prelazione e degli ulteriori presupposti stabiliti dall’art. 160, comma 2, L.F.
…”
Il provvedimento è stato pubblicato anche in:
https://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/cri.php?id_cont=14223.php
con la seguente massima:
Cassazione civile, sez. VI 09 febbraio 2016, n. 2560 – Pres. Dogliotti – Est. Magda Cristiano.
Concordato preventivo – Obbligatorietà dell’integrale pagamento dei crediti per Iva e ritenute – Conseguente necessità di pagamento integrale dei crediti di grado anteriore – Esclusione
In tema di concordato preventivo, l’obbligatorietà dell’integrale pagamento dei crediti relativi ad Iva e ritenute operate e non versate, dei quali la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione, non presuppone l’obbligo dell’integrale pagamento dei crediti privilegiati di grado anteriore.
Aggiornamenti giurisprudenziali e normativi
In proposito, deve tuttavia segnalarsi la sentenza 7 aprile 2016, C-546/14, con cui la Corte di Giustizia UE – nel confermare la posizione dell’Avvocato Generale UE – ha smentito l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale italiane, ed ha stabilito che la procedura di concordato preventivo prevista dall’art. 182-ter l.f. è compatibile con il diritto comunitario anche se viene previsto il pagamento soltanto parziale del debito IVA da parte dell’imprenditore in difficoltà finanziaria, a condizione che un esperto indipendente attesti che l’Erario non otterrebbe un pagamento maggiore in caso di fallimento.
Tale possibilità sarebbe, infatti, compatibile con l’obbligo degli Stati membri, anche in virtù del principio di leale cooperazione di cui all’art. 4, par. 3, del Trattato sull’Unione Europea, di adottare tutte le misure necessarie per garantire la riscossione dell’IVA dovuta.
Da ultimo, come noto, la legge di bilancio per il 2017 (art. 1, comma 81, legge n. 232/2016), ha – tra l’altro – modificato l’art. 182-ter L.F. in tema di transazione fiscale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione, definitivamente ammettendo la falcidiabilità – pur con i limiti ivi specificati – di IVA e ritenute.
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