Ultimo Aggiornamento 11 Dicembre 2024
Il caso di Anita, una giovane donna sottoposta a un intervento di bendaggio gastrico eseguito in modo scorretto, rappresenta un esempio lampante dei rischi e delle complicanze associate alla chirurgia bariatrica. Questo tipo di intervento, sempre più diffuso per combattere l’obesità grave, non è privo di problematiche, che possono derivare tanto dalla tecnica chirurgica quanto dalla gestione post-operatoria.
Anita, a soli 23 anni, si è trovata ad affrontare conseguenze devastanti a causa di un bendaggio gastrico mal posizionato: disfagia, gastrite, dilatazione dello stomaco e cicatrici permanenti. Grazie all’assistenza del nostro studio legale, è riuscita a ottenere un risarcimento di 53.000 euro, oltre interessi e spese di lite, per danno biologico differenziale, dimostrando il nesso causale tra l’intervento e tutti i sintomi e patimenti successivi, occorsi anche a distanza di tempo.
In questo articolo approfondiamo i rischi generali della chirurgia bariatrica, con un focus specifico sulle complicanze del bendaggio gastrico, per aiutarti a comprendere meglio le problematiche che possono insorgere e come tutelarti legalmente in caso di malasanità.
INDICE SOMMARIO
- § 1. L’obesità in Italia e il ruolo della chirurgia bariatrica
- § 2. Chirurgia bariatrica: benefici e rischi
- § 3. Bendaggio gastrico: complicanze specifiche
- § 4. Una lezione dal caso di Anita
- § 5. I fatti
- § 6. Bendaggio gastrico e malasanità: il parere del medico legale
- § 7. La versione di Anita
- § 8. Il risarcimento per malasanità in chirurgia bariatrica
§ 1. L’obesità in Italia e il ruolo della chirurgia bariatrica
L’obesità è una patologia sempre più diffusa, con numeri allarmanti: secondo l’Istat, in Italia ci sono circa 21 milioni di persone in sovrappeso e 6 milioni con obesità. In pratica, una persona su tre è sovrappeso e un adulto su dieci è obeso. Anche sul fronte dell’obesità infantile la situazione è critica: il 12,5% dei ragazzi tra i 5 e i 19 anni è obeso e il 24,3% in sovrappeso. Una prevalenza così alta trova pochi confronti a livello mondiale: è superata solo in paesi come Stati Uniti, Nuova Zelanda e Grecia.
Con l’aumento dell’obesità, le procedure di chirurgia bariatrica sono diventate strumenti importanti per trattare questa condizione, mostrando maggiore efficacia rispetto ai tradizionali approcci basati su modifiche dello stile di vita o sul controllo glicemico. Le tecniche più utilizzate includono il bypass gastrico Roux-en-Y, la gastrectomia a manica e il bendaggio gastrico regolabile.
Il bendaggio gastrico, considerato l’opzione meno invasiva e l’unica reversibile, negli ultimi anni è stato oggetto di critiche. Studi recenti hanno evidenziato complicanze a lungo termine come aumento di peso, disfagia, dilatazione esofagea ed esofagite, oltre a un aumento dei ricoveri e delle revisioni chirurgiche rispetto ad altre tecniche. Nel caso di Anita, un errato posizionamento del bendaggio ha portato a gravi complicanze che hanno segnato in modo permanente la sua salute.
§ 2. Chirurgia bariatrica: benefici e rischi
La chirurgia bariatrica rappresenta una svolta nella vita di molti pazienti obesi, offrendo loro la possibilità di ritrovare non solo la linea, ma soprattutto la salute. Questa procedura, infatti, porta a una perdita di peso significativa e duratura, e può anche migliorare sensibilmente patologie correlate all’obesità, come il diabete di tipo 2 e l’ipertensione.
Tuttavia, come per ogni intervento chirurgico, non si può ignorare l’esistenza di potenziali rischi. Questi possono nascondersi in ogni fase del percorso: dalla selezione del paziente alla preparazione pre-operatoria, passando per l’intervento stesso fino ad arrivare al decorso post-operatorio.
§ 2.1 Rischi pre-operatori
La fase pre-operatoria è di fondamentale importanza per garantire il successo e la sicurezza dell’intervento di chirurgia bariatrica. Una valutazione accurata del paziente e una preparazione adeguata possono fare la differenza nel prevenire complicanze e ottenere i migliori risultati possibili. Purtroppo, in alcuni casi, la superficialità o la negligenza in questa fase possono esporre il paziente a rischi evitabili.
- Selezione non idonea del paziente: ci sono condizioni specifiche, sia fisiche che psicologiche, che possono rendere l’intervento non raccomandabile o addirittura pericoloso. Ad esempio, pazienti con gravi patologie cardiache o polmonari, disturbi della coagulazione o dipendenze attive potrebbero non essere idonei. Allo stesso modo, pazienti con disturbi psichiatrici non controllati, come depressione grave o disturbi alimentari, potrebbero non essere pronti ad affrontare le sfide del post-operatorio.
- Scarsa preparazione del paziente: non si tratta solo di eseguire esami clinici e valutazioni mediche, ma anche di fornire al paziente gli strumenti e il supporto necessari per affrontare il percorso chirurgico. Una valutazione nutrizionale approfondita è essenziale per identificare carenze preesistenti e impostare un piano alimentare adeguato prima e dopo l’intervento. Il supporto psicologico è altrettanto fondamentale per valutare la prontezza del paziente al cambiamento dello stile di vita e per fornire strategie di “coping” (adattamento) per il post-operatorio.
- Complicazioni anestesiologiche: i pazienti obesi hanno un rischio aumentato di difficoltà respiratorie, sia durante l’induzione dell’anestesia che nel post-operatorio. L’intubazione può essere più complessa a causa dell’eccesso di tessuto nel collo e delle alterazioni anatomiche delle vie aeree. Inoltre, i pazienti obesi possono avere una maggiore sensibilità ai farmaci anestetici e analgesici, con un rischio aumentato di depressione respiratoria.
§ 2.2 Rischi intra-operatori
Durante l’intervento di chirurgia bariatrica, il paziente è affidato completamente alle mani del chirurgo e del suo team. Questa fase richiede la massima competenza, attenzione e precisione da parte di tutti i professionisti coinvolti. Purtroppo, anche in questa fase possono verificarsi errori o complicanze che possono avere conseguenze gravi per il paziente.
- Errori tecnici: ogni intervento, che si tratti di bypass gastrico, gastrectomia a manica o bendaggio gastrico, ha passaggi critici che devono essere eseguiti con la massima accuratezza. Un posizionamento scorretto delle suture, un’errata calibrazione delle anastomosi o una mancata identificazione di anomalie anatomiche possono portare a complicanze gravi, come fistole, stenosi o ostruzioni. Questi errori possono derivare da inesperienza, disattenzione o affaticamento del chirurgo, ma le conseguenze per il paziente possono essere devastanti, richiedendo reinterventi, prolungando i tempi di recupero e compromettendo i risultati.
- Emorragie: l’obesità stessa è un fattore di rischio per le emorragie, a causa dell’aumentata vascolarizzazione del tessuto adiposo e delle possibili alterazioni della coagulazione. Inoltre, la manipolazione di organi delicati come lo stomaco e l’intestino può portare a lesioni accidentali dei vasi sanguigni. Un’emorragia massiva può mettere a rischio la vita del paziente, richiedendo trasfusioni, reinterventi o portando a complicanze sistemiche come lo shock o l’insufficienza multiorgano. È responsabilità del chirurgo prevenire e gestire prontamente le emorragie, con una tecnica chirurgica meticolosa, un’attenta emostasi e un monitoraggio continuo del paziente.
- Lesioni agli organi vicini: la chirurgia bariatrica implica la manipolazione di organi delicati e strettamente interconnessi nell’addome. Nonostante la destrezza del chirurgo, esiste sempre il rischio di danneggiare inavvertitamente lo stomaco, l’intestino, la milza o altri organi vicini. Queste lesioni possono verificarsi durante la dissezione dei tessuti, il posizionamento delle suture o l’introduzione degli strumenti laparoscopici. Le conseguenze possono essere gravi, come peritoniti, sepsi o fistole, richiedendo reinterventi complessi e mettendo a rischio la vita del paziente. È fondamentale che il chirurgo abbia una conoscenza approfondita dell’anatomia, utilizzi una tecnica chirurgica meticolosa e sia pronto a riconoscere e gestire prontamente eventuali lesioni.
§ 2.3 Rischi post-operatori
Il percorso di un paziente sottoposto a chirurgia bariatrica non si conclude con l’intervento stesso. La fase post-operatoria è altrettanto critica e richiede un monitoraggio attento e continuo da parte del team multidisciplinare. Purtroppo, anche dopo l’intervento possono insorgere complicanze che possono compromettere la salute e la qualità di vita del paziente.
- Stenosi: ovvero il restringimento delle connessioni create chirurgicamente tra stomaco e intestino. Questo restringimento può causare difficoltà nell’assunzione di cibo, vomito, reflusso e dolore addominale. La stenosi può derivare da errori tecnici durante l’intervento, da processi infiammatori o cicatriziali anomali. Se non riconosciuta e trattata tempestivamente, la stenosi può portare a malnutrizione, disidratazione e compromissione della qualità di vita. Spesso richiede dilatazioni endoscopiche ripetute o, nei casi più gravi, un reintervento chirurgico.
- Malassorbimento: una delle conseguenze fisiologiche della chirurgia bariatrica, in particolare del bypass gastrico, è un certo grado di malassorbimento dei nutrienti. Questo è dovuto al fatto che una parte dell’intestino viene bypassata, riducendo la superficie assorbente. Tuttavia, in alcuni casi, il malassorbimento può essere eccessivo, portando a carenze gravi di vitamine, minerali e proteine. Queste carenze possono manifestarsi con sintomi come anemia, osteoporosi, neuropatie, edemi e compromissione del sistema immunitario. È fondamentale un monitoraggio nutrizionale stretto e una supplementazione adeguata per prevenire e trattare il malassorbimento.
- Infezioni: le infezioni sono una complicanza temibile dopo qualsiasi intervento chirurgico, e la chirurgia bariatrica non fa eccezione. Le infezioni possono verificarsi a livello delle ferite chirurgiche, portando a deiscenze, ascessi o fistole. Ancora più gravi sono le infezioni intra-addominali, come le peritoniti o le sepsi, che possono derivare da micro-perforazioni, fistole o contaminazioni durante l’intervento. Queste infezioni possono mettere a rischio la vita del paziente e richiedere reinterventi complessi, terapie antibiotiche prolungate e degenze in terapia intensiva. È fondamentale che il team chirurgico adotti tutte le misure di prevenzione delle infezioni, e che il paziente sia monitorato strettamente per riconoscere e trattare prontamente qualsiasi segno di infezione.
- Fistole: le fistole sono connessioni anomale che si possono creare tra stomaco, intestino e altri organi dopo la chirurgia bariatrica. Possono derivare da errori tecnici durante l’intervento, da processi infiammatori o da infezioni. Le fistole possono portare a perdite di liquidi gastrici o intestinali, malnutrizione, dolore e infezioni gravi come la sepsi. Spesso richiedono un reintervento chirurgico complesso, con drenaggi, riparazioni e, in alcuni casi, la reversione dell’intera procedura bariatrica. Le fistole rappresentano una delle complicanze più gravi e temibili della chirurgia bariatrica.
- Necessità di ulteriori interventi: per alcuni pazienti, la chirurgia bariatrica non è un percorso lineare. Le complicanze come stenosi, fistole o il fallimento della perdita di peso possono richiedere ulteriori interventi chirurgici. Questi possono includere revisioni delle anastomosi, conversioni ad altre procedure bariatriche o addirittura la reversione completa dell’intervento originale. Ogni reintervento comporta rischi aggiuntivi di complicanze, prolungamento dei tempi di recupero e stress fisico e psicologico per il paziente. È fondamentale che il paziente sia pienamente consapevole di questa possibilità e che il team multidisciplinare sia pronto a gestire queste situazioni complesse.
§ 3. Bendaggio gastrico: complicanze specifiche
Il bendaggio gastrico regolabile è stato per anni una delle tecniche più utilizzate in chirurgia bariatrica, grazie alla sua reversibilità e al carattere meno invasivo rispetto ad altre procedure. Tuttavia, questa tecnica non è esente da complicanze, che possono insorgere a breve o a lungo termine e, nei casi più gravi, compromettere significativamente la salute del paziente.
§ 3.1 Complicanze immediate
Le complicanze che si possono verificare subito dopo l’intervento di bendaggio gastrico includono:
- Infezioni locali o sistemiche: le infezioni post-operatorie sono sempre un rischio da considerare, anche in interventi minimamente invasivi come il bendaggio gastrico. Possono insorgere nel sito chirurgico di incisione, causando arrossamento, gonfiore e dolore localizzato. Più gravi sono le infezioni che coinvolgono le strutture interne, come la cavità addominale.
- Spostamento del bendaggio: errori tecnici durante l’intervento, come un’errata calibrazione o un fissaggio inadeguato, possono causare uno spostamento precoce del dispositivo. Questo può provocare un’ostruzione al passaggio del cibo o un malfunzionamento del sistema di regolazione. Nel caso di Anita, un difetto di posizionamento del bendaggio ha richiesto un reintervento immediato, esponendola a rischi chirurgici aggiuntivi e a un recupero più difficile. Questo sottolinea l’importanza di una tecnica chirurgica meticolosa e di un controllo intraoperatorio del corretto posizionamento del dispositivo.
- Emorragie: lesioni vascolari accidentali, difetti di coagulazione preesistenti o complicanze correlate al posizionamento del dispositivo possono causare emorragie che richiedono trasfusioni, reinterventi o prolungare la degenza ospedaliera. Un monitoraggio emodinamico stretto nel post-operatorio e una pronta identificazione e gestione di eventuali sanguinamenti sono fondamentali per prevenire complicanze gravi e garantire un recupero sicuro per il paziente.
§ 3.2 Complicanze a lungo termine
Le complicanze del bendaggio gastrico possono manifestarsi anche a distanza di mesi o anni dall’intervento, spesso richiedendo interventi correttivi o rimozioni del dispositivo.
Dislocazione del bendaggio: è una delle complicanze più comuni e si verifica quando il dispositivo scivola dalla sua posizione originaria. Questo può provocare un restringimento eccessivo dello stomaco, con conseguente difficoltà nell’assunzione di cibo, vomito frequente e malessere generale. Nei casi meno gravi, il problema può essere gestito con una regolazione del dispositivo, ma quando il bendaggio si sposta in modo significativo, diventa necessario un intervento chirurgico di riposizionamento o rimozione.
Dilatazione esofagea: un’ostruzione parziale causata dal bendaggio può impedire al cibo di passare normalmente nello stomaco, determinando un accumulo nell’esofago. Questo fenomeno, noto come dilatazione esofagea, può portare a sintomi come disfagia, dolore toracico e rigurgito. Se non trattata, questa condizione può compromettere la funzionalità dell’esofago, rendendo necessarie modifiche al dispositivo o la sua rimozione.
Erosione gastrica: quando il bendaggio comprime eccessivamente la parete dello stomaco, può verificarsi un’erosione progressiva dei tessuti. Questo problema spesso rimane asintomatico fino a quando non si verificano complicanze più gravi, come dolore persistente o infezioni. Nei casi più avanzati, l’erosione può causare perforazioni che richiedono interventi chirurgici complessi per riparare il danno.
Reflusso gastroesofageo: la pressione esercitata dal bendaggio sullo stomaco può compromettere il normale funzionamento dello sfintere esofageo inferiore, causando un reflusso cronico di acido gastrico nell’esofago. Questo può portare a esofagite, ulcere e, in alcuni casi, a cambiamenti strutturali permanenti nel rivestimento dell’esofago. Il trattamento di questa complicanza include farmaci per ridurre l’acidità gastrica, regolazione del bendaggio o, nei casi più gravi, la rimozione definitiva del dispositivo.
Ricoveri e interventi successivi: a causa delle complicanze meccaniche o funzionali del bendaggio gastrico, molti pazienti devono affrontare ulteriori ricoveri o interventi correttivi. Studi recenti evidenziano come fino al 40% dei pazienti sottoposti a bendaggio gastrico richieda un intervento di revisione entro 10 anni dall’intervento iniziale. Questi interventi includono il riposizionamento del dispositivo, la rimozione o, in alcuni casi, la conversione ad altre tecniche bariatriche.
§ 4. Una lezione dal caso di Anita
Il caso di Anita illustra chiaramente come una complicanza legata al bendaggio gastrico possa derivare da un errore medico. Nel suo caso, l’errato posizionamento del dispositivo ha portato a una lunga serie di disturbi, tra cui disfagia, dilatazione dello stomaco ed esofagite da reflusso.
La negligenza nella gestione post-operatoria ha ulteriormente aggravato la situazione, costringendola a subire interventi successivi per rimediare ai danni subiti.
Vediamo i dettagli del caso.
§ 5. I fatti
Anita nel 2015, a soli 23 anni, decide di sottoporsi al bendaggio gastrico. Pesa 123 chili.
Si informa in rete, studia, legge testimonianze di chi si è già sottoposto a questo tipo di chirurgia, trova informazioni sul dottor Mario Rossi (nome di fantasia) che, a quanto legge, è uno dei massimi esperti in questo tipo di interventi.
Anita, felice di poter finalmente perdere quel peso che non sopporta più, contatta il medico che opera presso una clinica privata, convenzionata con il SSN.
Il bendaggio gastrico regolabile è l’intervento più utilizzato in chirurgia bariatrica: limita l’introduzione del cibo attraverso un’azione prevalentemente meccanica, è un intervento restrittivo, perché riduce la capacità dello stomaco.
Prima di sottoporsi al bendaggio, occorre effettuare una serie di esami clinici ed una visita preliminare con l’equipe medica, composta dal chirurgo, dal dietista e dallo psicologo. Questo incontro preliminare serve a stabilire se l’intervento è appropriato alle caratteristiche del paziente, cioè se i vantaggi dell’operazione sono superiori ai rischi che si corrono. Se si decide di
procedere, il paziente dovrà attenersi ad un programma di restrizione alimentare ed attività fisica.
Anita non si sottopone a nessuna di queste visite: il dottor Rossi le dà appuntamento non nella sua clinica, ma nella hall di un hotel (!). Qui Anita gli spiega la sua situazione, comunica il peso ed altri parametri. Il medico, sulla base di quanto comunicato, decide già quel giorno stesso di operarla. Senza fare nessun tipo di accertamento.
§ 5.1 Il bendaggio gastrico
Fissano l’intervento per l’estate 2016. Anita tocca il cielo con un dito: finalmente, pensa, riuscirà a togliersi quei chili di dosso che la tormentano dall’infanzia.
Non ha idea dell’inferno che la attende.
Nella cartella clinica dell’operazione, il chirurgo, tra le altre cose, annota: “Si reperta epatomegalia con epatosteatosi edi ernia jatale“.
Quell’ernia iatale – come accerteranno i consulenti tecnici – avrebbe dovuto essere contenuta con un intervento di plastica dei pilastri, intervento che il dottor Rossi non fa. E infatti, l’ernia, di lì a poco, peggiorerà.
§ 5.2 Il post intervento
A fine luglio Anita viene dimessa con la raccomandazione di eseguire una radiografia delle prime vie digestive ed un controllo clinico per eventuale regolazione del bendaggio.
Da quella prima radiografia emerge già l’evidente errore chirurgico: il bendaggio si era spostato verso l’alto.
Durante la prima visita di follow up, Anita mostra la radiografia al medico, il quale si limita a rassicurarla e a stringerle il bendaggio.
Il dottor Rossi dice ad Anita di provare a iniziare una dieta semi solida.
È l’inizio della fine.
Non appena Anita inizia a mangiare cibi solidi, compaiono vomito, sensazione di “peso alla bocca dello stomaco”, dolore retrosternale ed alla spalla sinistra, irradiato lungo il braccio, associati ad affanno nel respiro. Le sembra di essere sempre sull’orlo di un infarto.
Anita, a dicembre, corre dal Dottor Rossi, spiegandogli tutti i sintomi. Il medico, ancora una volta, decide di regolare il bendaggio, stringendolo ancora di più.
§ 5.3 Il progressivo peggioramento
Da quel momento i disturbi peggiorano, Anita non riesce nemmeno a dormire o rimanere sdraiata supina.
Dorme seduta.
La giovane donna, disperata, chiama il medico al telefono per chiedere aiuto. Da notare che, in tutto questo arco di tempo, dal momento dell’intervento (luglio) al momento in cui i sintomi sono peggiorati (dicembre), il dottor Rossi non ha mai chiamato Anita per sapere come stesse.
Al telefono, il dottor Rossi dice ad Anita che non c’è nulla di cui preoccuparsi e semmai è lei che sta sbagliando. Il medico incolpa Anita dei suoi sintomi.
La giovane non ce la fa più: a febbraio si reca in pronto soccorso nell’ospedale della sua città e ne esce con una diagnosi di “Dolore epigastrico-sternale”. Ci torna a marzo e questa volta la diagnosi è “Verosimile gastroenterite acuta”.
Sempre a marzo va in un ospedale più grande, nel capoluogo di regione. I medici di questa struttura, dopo varie visite, decidono di inserirla in lista di attesa per la rimozione chirurgica del bendaggio gastrico.
Ma Anita non può aspettare.
Il giorno dopo torna al pronto soccorso, non ce la fa più. Le fanno una nuova radiografia che rileva una “marcata gastrectasia”.
§ 5.4 Il nuovo ricovero e la rimozione del bendaggio
Ad aprile Anita viene ricoverata con diagnosi di “Sindrome occlusiva in paziente obesa portatrice di bendaggio gastrico”. Le rimuovono il dispositivo.
Lo stomaco di Anita è gonfio, in posizione diversa a quella in cui dovrebbe essere, il diaframma è sollevato, i segmenti polmonari basali sono praticamente collassati.
L’odissea di questa giovane donna che voleva solo perdere peso, e ha rischiato di perdere lo stomaco, continua.
Vista la situazione compromessa, i medici decidono di sottoporla a due interventi:
- iatoplastica, utile per ridurre la parte di stomaco migrata in torace e per ricostruire lo iato esofageo;
- funduplicatio, per ristabilire il meccanismo di contenzione della barriera antireflusso, impedendo la risalita di acido dallo stomaco all’esofago.
Durante questi interventi, i chirurghi annotano:
“Lo stomaco appare particolarmente aumentato di dimensioni con pareti assottigliate a causa della migrazione toracica con concomitante volvolo gastrico”.
Nel 2018, Anita si sottopone a una gastroscopia che rileva la presenza di “incontinenza cardiale complicata da marcata esofagite da reflusso”.
§ 5.5 Le conseguenze permanenti
Oggi Anita presenta diversi disturbi:
- una cicatrice addominale non prevista per un semplice intervento laparoscopico, antiestetica;
- maggiori aderenze intraddominali, per la pluralità degli accessi;
- incontinenza cardiale con marcata esofagite da reflusso;
- esiti cicatriziali periesofagei con sindrome disfagica.
Anita ha ripreso tutti i chili persi e solo negli ultimi mesi, grazie al supporto di medici, nutrizionisti e psicologi, è riuscita a perdere peso, in modo naturale.
§ 6. Bendaggio gastrico e malasanità: il parere del medico legale
Secondo i consulenti tecnici, gli errori sanitari commessi dal dottor Rossi sono diversi.
A cominciare dal fatto che non sono state adottate tutte le procedure pre-operatorie raccomandate, ma solo una visita medica, in cui pare sia stato accertato il BMI in base al peso ed all’altezza della paziente.
Inoltre, in fase pre-operatoria non fu eseguita una radiografia del tubo digerente prime vie, che avrebbe potuto aiutare a valutare le dimensioni dell’ernia iatale.
In estrema sintesi, nella fase pre-operatoria mancano:
- il referto della prima visita con relativa diagnosi, peso, altezza e trattamento prescritto alla paziente;
- tutto il percorso pre-operatorio come consigliato dalle linee guida: RX torace pre-operatorio, tubo digerente ed eventuale gastroscopia. Oltre alla valutazione psicologica, mai effettuata, benché unanimemente ritenuta importante in ambito di chirurgia bariatrica;
- la doverosa descrizione dell’entità dell’ernia jatale e dell’atto chirurgico eseguito sulla stessa, considerato che nel referto del primo intervento di bendaggio ci si limita ad una generica indicazione di “riduzione”.
L’intervento invece viene descritto minuziosamente, così minuziosamente da rendere chiaro quanto sia stato svolto in modo scorretto: il bendaggio è stato posizionato male fin dall’inizio.
Non solo. Il medico avrebbe dovuto anche effettuare una plastica dei pilastri dopo la riduzione dell’ernia iatale (evitando quindi un aumento di volume della stessa favorito dal posizionamento del
bendaggio, aumento che infatti poi si è verificato).
§ 6.1 La redazione della cartella
Il fatto sorprendente è che il dottor Rossi pretendeva di sostenere in giudizio come l’intervento riportato in cartella non fosse quello da lui realmente effettuato!
Questa pretesa non poteva essere accettata, dal momento che la cartella clinica:
- costituisce una prova precostituita che viene formata dal medesimo soggetto che potrebbe avvalersene in un eventuale giudizio (il medico ovvero la struttura per il tramite del proprio ausiliario);
- ove redatta nell’ambito di una struttura pubblica o privata convenzionata, spiega l’efficacia dell’atto pubblico;
- l’eventuale incompletezza della stessa si risolve in danno della struttura o del medico.
Quindi, se la cartella è compilata male, la responsabilità è solo del medico o della struttura, non certo del paziente!
La cartella registra quanto compiuto durante l’intervento e non può essere modificata a posteriori, pena la commissione del reato di falsità materiale in atto pubblico.
Come infatti afferma anche la giurisprudenza della Suprema Corte:
“Le attestazioni contenute in una cartella clinica, redatta da un’azienda ospedaliera pubblica, o da un ente convenzionato con il servizio sanitario pubblico, hanno natura di certificazione amministrativa, cui è applicabile lo speciale regime di cui agli artt. 2699 e segg. cod. civ., per quanto attiene alle sole trascrizioni delle attività espletate nel corso di una terapia o di un intervento, restando, invece, non coperte da fede privilegiata le valutazioni, le diagnosi o, comunque, le manifestazioni di scienza o di opinione in essa espresse.“
(cfr. Cass. III, 30/11/2011, n. 25568; conforme Cass. lav., 20/11/2017, n. 27471).
Nel post-operatorio non ci furono controlli se non la radiografia fatta 40 giorni dopo in cui si evidenziava il malfunzionamento del bendaggio. Risulta pertanto sufficientemente chiaro il profilo di negligenza nell’esecuzione della prestazione.
§ 7. La versione di Anita
Come può aver vissuto questa esperienza una giovane donna di appena 23 anni?
“Rivedo ancora la scena – ci racconta – io che incontro il medico nella hall di un hotel. Come puoi visitare una paziente nella hall di un hotel? Avrei dovuto capire già da lì che c’era qualcosa che non andava. Ma volevo dimagrire a tutti i costi e sono andata avanti”.
Anita non è mai stata pesata. Il dottor Rossi le ha chiesto il peso e si è rimesso a quanto affermato dalla paziente. L’ha guardata e le ha detto che poteva operarsi.
Nessun esame di controllo, come abbiamo già documentato.
“L’intervento è durato circa tre ore – ricorda Anita – che è troppo per un intervento del genere, ma a me non ha dato nessun tipo di spiegazione. Solo dopo ho scoperto che in realtà non aveva eseguito lui l’intervento ma un suo collega e forse so anche il perché: gli tremavano le mani. Non mi ha mai chiamato per sapere come stessi. Il primo mese andava tutto bene perché assumevo solo liquidi. L’inferno è iniziato quando ho iniziato, come prescritto, a nutrirmi con cibi solidi”.
Ogni volta che Anita va da questo medico, lui in tutta risposta le stringe il bendaggio. Quando forse sarebbe stato più opportuno rimuoverlo subito: “Sapeva che il bendaggio era salito, ma non ha fatto nulla, anzi secondo me ha peggiorato la situazione, stringendolo ancora di più. Nei giorni successivi ho continuato a stare male, l’ho chiamato al telefono e lui continuava a dire che ero io che sbagliavo. Era colpa mia se stavo male”. Una comunicazione medico-paziente non solo carente, ma praticamente inesistente: il dottor Rossi non ha mai chiamato di sua iniziativa la paziente per sapere come stesse.
§ 7.1 Anita oggi
Dopo quegli eventi Anita non si è più ripresa del tutto fisicamente.
A marzo di quest’anno, si è dovuta sottoporre a un altro intervento perché lo stomaco è ancora risalito. Non può permettersi di prendere peso e infatti sta seguendo una dieta rigida con la nutrizionista, che fortunatamente sta dando i suoi frutti: ha già perso peso e le mancano una ventina di chili al traguardo.
Anita oggi cerca di rimettere insieme la sua vita. Ha 30 anni, fa l’insegnante, un lavoro che adora. Ma il suo apparato digerente non tornerà più come prima e una gravidanza, che come noto cambia la posizione degli organi interni per fare spazio al feto, per lei potrebbe essere rischiosa: “Non credo che diventerò madre, ormai sono molto compromessa nel fisico e non posso prendere peso. Non tornerò più come prima”.
§ 8. Il risarcimento per malasanità in chirurgia bariatrica
Per far riconoscere ad Anita un equo risarcimento abbiamo dovuto dimostrare il nesso causale tra il bendaggio mal posizionato e i pregiudizi subiti. Come abbiamo già avuto modo di spiegare, il nesso di causalità non è un fatto, che per natura può essere accertato, ma un giudizio, che per definizione è sempre incerto.
Ad ogni modo, siamo riusciti a dimostrare con sufficiente grado di credibilità che tutti i sintomi provati e gli interventi chirurgici cui si è dovuta sottoporre (rimozione del bendaggio, iatoplastica e funduplicatio, a cui andrebbe aggiunto, per dovere di cronaca, anche il quarto intervento effettuato pochi mesi fa) sono stati tutti una conseguenza del primo intervento eseguito in modo erroneo. Ciò è stato confermato anche dai consulenti tecnici d’ufficio.
Il complesso lesivo menomativo sofferto da Anita è stato, quindi, imputato a responsabilità medica sia del professionista sanitario che ha praticato l’intervento chirurgico, sia della Casa di Cura dove si è svolta la vicenda clinica. Entrambi, infatti, devono essere chiamati a rispondere in base alle regole della responsabilità contrattuale, in conformità all’art. 7 (commi 1 e 3) della legge Gelli.
§ 8.1 Nesso causale e responsabilità
L’accertamento del nesso di causalità in materia civile segue la regola del “più probabile che non”, che non può essere semplicsticamente ridotta al 50% più uno, ma, come ha specificato la Suprema Corte, deve essere intesa quale analisi specifica e puntuale di tutte le risultanze probatorie del singolo processo (nella sua dimensione di ‘unicità’ non ripetibile), della singola vicenda di danno, della singola condotta causalmente efficiente alla produzione dell’evento, tutte a loro volta permeate di una non ripetibile unicità (così Cass. III, 09/10/2012, n. 17143, che richiama la decisione di Cass. III, 27/07/2011, n. 15991).
Per usare lo stesso esempio usato dalla Corte: se devo valutare un danno da trasfusione di sangue infetto e tra le probabili cause ne ho una decina con un’incidenza, per ciascuna, del 3% e una (la trasfusione) che incide per il 40%, non posso rigettare la domanda di risarcimento perché nessuna supera la soglia del 50%+1, ma semmai devo sommare le possibili cause esistenti (la complessiva evidenza probatoria).
Per quanto riguarda invece il calcolo del danno biologico permanente, il Tribunale ha applicato il principio stabilito dalla più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 28986/2019; Cass. n. 28327/2022) per le cd. “menomazioni policrone concorrenti”. Determinata nella misura del 15% l’invalidità permanente, e quantificata invece nel 2% l’invalidità teoricamente preesistente all’illecito, il Giudice ha liquidato il 13% di danno differenziale in base alla tabella di Milano (per euro 45.500 circa), aggiungendo l’inabilità temporanea (per euro 7.500 circa), così liquidando infine il danno biologico complessivo in euro 53.000, oltre interessi e spese di lite.