Ultimo Aggiornamento 20 Maggio 2024
Terminato, con esito definitivamente assolutorio, il lungo e travagliato calvario giudiziario cui è stato sottoposto il Carabiniere
Con sentenza del 27/04/2021 la quarta sezione penale della Corte di Cassazione in Roma ha finalmente posto termine ad un lungo e travagliato calvario giudiziario durato circa 13 anni, cui è stato sottoposto O.D.N., 45enne appuntato dei Carabinieri di Chieti, all’epoca dei fatti in servizio presso speciale reparto investigativo dei Carabinieri di Rimini, ove operavano anche un capitano ed un luogotenente, anche loro sottoposti al medesimo procedimento penale.
L’appuntato aveva affidato incarico per la sua difesa di fiducia all’avv. Giovanni Chiarini del Fòro di Urbino, socio fondatore dello Studio Legale Chiarini – Associazione Professionale, che lo ha assistito nei tre gradi di giudizio.
INDICE SOMMARIO
- § 1. La vicenda oggetto di giudizio
- § 2. Le indagini della Procura della Repubblica
- § 3. Il primo grado di giudizio
- § 4. Il giudizio di appello
- § 5. La definitiva assoluzione da parte della Suprema Corte di Cassazione
§ 1. La vicenda oggetto di giudizio
La vicenda trae spunto da rivelazioni fatte agli inquirenti per evidente captatio benevolentiae da un pluripregiudicato albanese di livello internazionale per fatti di droga, il quale per un certo periodo di tempo aveva collaborato come confidente dei Carabinieri, ma che è finito poi in carcere per cause estranee a quelle di cui all’addebito relativi ai Carabinieri inquisiti, perché è da ritenere che continuasse a compiere attività delittuose per suo conto nell’ambito del traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Tale pluripregiudicato albanese per un lungo periodo si è prestato a collaborare con i Carabinieri simulando con gli spacciatori la sua intenzione di acquistare droga, mentre in realtà ad accordo avvenuto passava la notizia ai Carabinieri inquisiti i quali, previa predisposizione di opportuni servizi, arrestavano tali spacciatori e sequestravano ingenti quantitativi di droga rinvenuti nel loro possesso.
Operazioni di servizio alle quali risultano aver partecipato anche O.D.N., il capitano ed il luogotenente, ma anche numerosissimi altri ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria sia dei Carabinieri sia dei Vigili Urbani di Rimini, nessuno dei quali è stato però inquisito.
§ 2. Le indagini della Procura della Repubblica
In relazione alle rivelazioni del pluripregiudicato albanese i Carabinieri di Rimini, delegati dalla Procura della Repubblica, hanno svolto lunghe e molto approfondite indagini, comprensive anche di intercettazioni telefoniche ed ambientali, controlli bancari, pedinamenti ecc., all’esito delle quali, pur non essendo emersi idonei elementi indizianti, la medesima Procura della Repubblica ha deciso di avviare procedimento penale solo a carico dell’appuntato D.N., oltre che del capitano e del luogotenente, ritenendoli responsabili tutti di ben cinque episodi di concorso nella detenzione e spaccio di rilevanti quantitativi di sostanze stupefacenti di cui all’art. 73 della legge droga, temporalmente collocabili nell’anno 2008. Delitto prevedente la pena edittale della reclusione da sei a venti anni, oltre che la multa da 26.000 a 260.000 euro.
Nei confronti del capitano e del luogotenente la Procura ha proceduto anche per i reati di falso e omissione di atti d’ufficio con abuso di potere e violazione dei doveri inerenti la loro pubblica funzione, per fatti attinenti alle verbalizzazioni, ritenute irregolari, dei contestati fatti di stupefacenti.
In buona sostanza i predetti inquisiti, fingendosi interessati all’acquisto di stupefacenti attraverso il pluripregiudicato albanese che era loro confidente, hanno nel tempo compiuto numerosissime brillanti operazioni di polizia giudiziaria con il sequestro di rilevanti quantità di stupefacenti e l’arresto di decine e decine di spacciatori, molti dei quali di livello anche internazionale, con non indifferente risalto mediatico e per non pochi casi anche con pompose interviste giornalistiche da parte di coloro che hanno poi deciso di denunciarli e processarli.
Secondo l’ipotesi sostenuta dalla pubblica accusa, nel comportamento dei Carabinieri si sarebbe dovuto ravvisare il classico caso del c.d. agente provocatore che avrebbe indotto i c.d. provocati (gli spacciatori arrestati), ad approvvigionarsi dello stupefacente da rivendere al finto acquirente, rendendo così i Carabinieri stessi concorrenti col finto acquirente albanese nel reato di detenzione ed acquisto di stupefacenti di cui all’art. 73 legge droga, perché avrebbero agito al di fuori dell’apposita normativa prevedente gli acquisti di droga sotto copertura.
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§ 3. Il primo grado di giudizio
Sin dagli inizi del giudizio di primo grado i difensori dei Carabinieri accusati hanno sostenuto sia l’inattendibilità del pluripregiudicato dichiarante e sia che i Carabinieri inquisiti erano da ritenere comunque non punibili per avere essi agito ai sensi dell’art. 51 c.p., ossia nell’adempimento del loro dovere consistente appunto nella prevenzione e repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti, con l’arresto dei relativi autori.
All’esito del giudizio di primo grado, definito con rito abbreviato, il Giudice dell’Udienza preliminare di Rimini ha ritenuto non sufficientemente credibile il pluripregiudicato dichiarante e, in data 28/06/2016, ha perciò emesso sentenza pienamente assolutoria nei confronti di tutti e tre i Carabinieri per non avere essi commesso i fatti addebitati.
§ 4. Il giudizio di appello
Avverso tale sentenza assolutoria ha però proposto appello il Pubblico Ministero ed il relativo giudizio è stato celebrato dalla Corte d’Appello di Bologna la quale, con sentenza 16/06/2020, ha accolto l’appello del P.M. per uno solo dei reati di falso contestati al capitano ed al luogotenente, che ha condannato entrambi alla pena di anni uno di reclusione, con concessione della sospensione condizionale della pena ad entrambi, ma per il luogotenente la sospensione della pena è stata condizionata all’esecuzione di lavori di pubblica utilità per il periodo di sei mesi. Ad entrambi è stata altresì comminata la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena detentiva inflitta.
La stessa Corte d’Appello ha confermato per tutti gli imputati dei rimanenti reati la sentenza di assoluzione per non avere commesso pronunciata dal G.U.P. di Rimini, sia pure con motivazione parzialmente diversa, ritenendo cioè applicabile ai casi contestati la scriminante dell’adempimento del dovere di cui all’art. 51 c.p.
§ 5. La definitiva assoluzione da parte della Suprema Corte di Cassazione
La sentenza della Corte d’Appello di Bologna è stata impugnata dal procuratore generale di Bologna con ricorso alla Corte di Cassazione, richiedente l’annullamento della sentenza di appello con conseguente condanna dei tre Carabinieri imputati per tutti i delitti loro contestati.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso alla Corte di Cassazione anche i difensori del capitano e del luogotenente, con richiesta di annullamento della sentenza di appello nella parte in cui era stata determinata la condanna dei due imputati da loro assistiti.
Nessuna impugnazione è stata proposta dalla difesa dell’appuntato D.N., essendo stato lo stesso assolto sia in primo grado e sia in appello con la formula di non avere commesso i fatti contestatigli.
La quarta sezione penale della Corte di Cassazione in Roma, all’esito del giudizio celebrato il 27/04/2021, ha con propria sentenza rigettato il ricorso del procuratore generale di Bologna e, in accoglimento dei ricorsi proposti dai difensori del capitano e del luogotenente, ha cassato la sentenza della Corte d’Appello di Bologna limitatamente alla parte con la quale è stata disposta la condanna degli stessi capitano e luogotenente, con disposizione di rinvio a diversa sezione della corte d’Appello di Bologna per il riesame del reato di falso per il quale era stata stabilita la condanna.
Allo stato può dirsi perciò che la sentenza 27/04/2021 della Corte di Cassazione è da considerare definitiva rispetto alla posizione dall’appuntato O.D.N. ed è quindi giunto finalmente al termine – con esito irrevocabilmente assolutorio – il lungo e travagliato calvario giudiziario da egli subito, mentre per il capitano e per il luogotenente si dovrà attendere la nuova decisione della diversa sezione di rinvio della Corte d’Appello di Bologna, salvo che nelle more maturi la prescrizione per il contestato reato di falso.