Risarcimento del Danno Patrimoniale da Morte di un Congiunto

Ultimo Aggiornamento 22 Maggio 2024

Risarcimento Danno Patrimoniale Morte

Come abbiamo spiegato in un altro articolo dedicato, in linea generale, al tema del risarcimento del danno per la morte di un congiunto (per incidente stradale, ma il discorso resta valido per qualsiasi sinistro mortale, anche quelli verificatisi in ambito di risarcimento danni da “malasanità”), i danni risarcibili hanno natura patrimoniale o non patrimoniale. I danni non patrimoniali da morte, nelle loro componenti morale ed esistenziale, sono risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c. e debbono essere liquidati in conformità alle cd. tabelle in uso (specialmente quelle di Milano).

I danni patrimoniali, invece, sono quelli previsti dall’art. 1223 c.c. e comprendono il “danno emergente” ed il “lucro cessante”, purché siano conseguenza immediata e diretta dell’illecito. Mentre il danno emergente è concretato dalle perdite economiche e dagli esborsi effettuati (ad es. spese funebri, di trasporto, sanitarie, ecc.), il danno da lucro cessante è quello che consegue alla perdita delle contribuzioni economiche che il defunto avrebbe assicurato alle esigenze familiari.

Il danno patrimoniale da morte del congiunto si calcola prendendo come base l’ultimo reddito annuo goduto dal familare deceduto ed effettuando un calcolo piuttosto complesso, che ci accingiamo a descrivere ed illustrare fornendo anche un paio di esempi.

INDICE SOMMARIO | calcolo danno patrimoniale da morte

I criteri di liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante per la morte di un congiunto

A livello concettuale, la liquidazione del danno patrimoniale da morte di un congiunto è relativamente semplice, dovendosi:

1) Accertare il reddito netto annuo del defunto, tenendo conto anche dei presumibili incrementi futuri (cfr. Cass. III, 19/02/2007, n. 3758; Cass. VI, 04/05/2016, n. 8896).
2) Accertare quanta parte di tale reddito fosse destinata dalla vittima a sé stesso (cd. “quota sibi”).
3) Capitalizzare la quota di reddito così accertata in base ad un coefficiente per la costituzione delle rendite vitalizie.

Pertanto, la formula per determinare il quantum del danno patrimoniale risarcibile è la seguente:

D = (R – q) * k

dove:

D” è il danno che occorre liquidare,
R” è il reddito annuo del defunto,
q” è la quota sibi, e
k” è il coefficiente di capitalizzazione prescelto (sul quale ci soffermeremo più avanti).

Questo articolo tratta del danno patrimoniale da morte, ma potrebbe interessarti anche il nostro approfondimento sul

La necessità di considerare i presumibili incrementi di reddito futuri del defunto

Giova ricordare il principio, ormai pacifico in giurisprudenza, secondo cui:

[…] nella liquidazione del danno patrimoniale […] va tenuto conto del reddito della vittima al momento del sinistro e dei probabili incrementi futuri connessi al favorevole sviluppo della sua attività da valutare con un apprezzamento anticipato e seguendo il criterio dell’id quod plerumque accidit […]

Cass. III, 19/02/2007, n. 3758

In senso analogo:

Nella liquidazione del danno patrimoniale futuro da incapacità di lavoro il reddito della vittima da porre a base del calcolo deve essere equitativamente aumentato rispetto a quello concretamente percepito, quando sia ragionevole ritenere che esso negli anni a venire sarebbe verosimilmente cresciuto

Cass. VI, 04/05/2016, n. 8896

Necessità di distinguere tra danno già prodottosi al momento della liquidazione e danno futuro

Nondimeno, la liquidazione giudiziale del danno avviene – di regola – a distanza di tempo dall’evento.

Pertanto, è necessario distinguere tra:

  • il danno già prodottosi al momento della liquidazione (vale a dire le elargizioni perdute tra il momento della morte e quello della liquidazione giudiziale), e
  • il danno futuro (vale a dire le elargizioni destinate ad essere perse dopo la liquidazione giudiziale).

Il primo tipo di danno (danno già prodottosi) deve essere liquidato sommando e rivalutando le elargizioni concretamente perdute sino alla data della pronuncia.

Solamente il secondo (danno futuro) deve essere liquidato con il metodo della capitalizzazione.

In questo senso, si veda:

Qualora la liquidazione del danno da perdita o contrazione del reddito, subite in conseguenza di lesioni della persona, intervenga a distanza di tempo dall’illecito, essa va effettuata sommando i redditi già perduti dalla data dell’illecito alla data della liquidazione; ed attualizzando i redditi futuri prevedibilmente conseguibili, sulla base della vita futura residua

Cass. III, 18/11/1997, n. 11439

[…] dovranno operarsi due liquidazioni: la prima, sulla base dello elemento concreto costituito dal periodo di vita del danneggiato protrattosi fino all’epoca della decisione, trattandosi di danno attuale, e non futuro, esattamente accertabile; la seconda, invece in via congetturale, sulla base della presumibile vita futura del danneggiato dalla data della decisione in poi

Cass. III, 28/11/1988, n. 6403

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L’operazione di capitalizzazione

La capitalizzazione è l’operazione di matematica finanziaria che consente di calcolare il valore capitale di una rendita (temporanea o vitalizia).

In particolare, dato un rateo annuo di rendita, esso viene moltiplicato per un determinato coefficiente (di capitalizzazione). L’operazione restituisce, per l’appunto, il valore capitale odierno della rendita futura.

Giova ribadire che alla capitalizzazione si ricorre solo quando si deve liquidare un danno futuro. Se, infatti, il danno si è già prodotto al momento della liquidazione, non importa se esso sia stato istantaneo o permanente: in ogni caso, si tratterà soltanto di accertarne l’ammontare, ed eventualmente rivalutarlo.

Il coefficiente di capitalizzazione da utilizzare

La scelta del coefficiente di capitalizzazione è sicuramente centrale.

In proposito, va sottolineato che – a partire dal 2015 – la Suprema Corte ha sancito l’illegittimità del ricorso ai coefficienti di capitalizzazione di cui al R.D. n. 1403/1922:

Il danno permanente da incapacità di guadagno non può essere liquidato in base ai coefficienti di capitalizzazione approvati con r.d. n. 1403 del 1922, i quali, a causa dell’innalzamento della durata media della vita e dell’abbassamento dei saggi di interesse, non garantiscono l’integrale ristoro del danno, e con esso il rispetto della regola di cui all’art. 1223 c.c.

Cass. III, 14/10/2015, n. 20615

I coefficienti di capitalizzazione di cui al r.d. n. 1403 del 1922 non sono utilizzabili ai fini della quantificazione del danno patrimoniale da perdita della capacità di lavoro e di guadagno, in quanto non aderenti alla realtà socio economica attuale e, quindi, inidonei ad assicurare l’integrale ristoro del pregiudizio […]. I suddetti coefficienti, infatti, sono stati elaborati sulla base delle tavole di mortalità ricavate dal censimento della popolazione italiana del 1911 (con riguardo cioè ad una speranza di vita inferiore di oltre un terzo a quella attuale) e di un saggio di produttività del denaro (indicante la misura del risarcimento che viene detratta per tenere conto della anticipata capitalizzazione rispetto all’epoca futura in cui il danno si sarebbe effettivamente verificato) del 4,50%, superiore (e non di poco) ai rendimenti traibili oggigiorno dall’impiego di capitale: per effetto dell’innalzamento della durata media della vita e dell’abbassamento dei saggi di interesse, dunque, l’applicazione dei criteri ex R.D. n. 1403 del 1922, determinerebbe una impropria ed ingiustificata decurtazione dell’importo risarcitorio

Cass. III, 28/04/2017, n. 10499

Questi i motivi che non consentono di applicare detti coefficienti (risalenti al 1922!):

  • la vita media della popolazione italiana è notevolmente aumentata nel secolo trascorso tra il 1922 e i giorni nostri;
  • i coefficienti in questione sono unici per uomini e donne, mentre la durata della vita media è diversa per i due sessi;
  • detti coefficienti sono calcolati sulla base di un saggio di interesse del 4,5% (che indica la quota di risarcimento detratta per tener conto dell’anticipata capitalizzazione), che è assolutamente anacronistico considerato che il tasso legale degli interessi è oggi pari allo 0,3% e che gli investimenti in titoli a reddito fisso raramente garantiscono rendimenti superiori al 2%;
  • il R.D. n. 1403/1922 è stato implicitamente abrogato per effetto della soppressione della Cassa Nazionale per Assicurazioni Sociali (CNAS), e della sua sostituzione con l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), e comunque per effetto della riforma dei criteri di calcolo della pensione sociale.

Pertanto, la Corte di Cassazione (Cass. III, 14/10/2015, n. 20615; Cass. III, 28/04/2017, n. 10499) ha esplicitamente indicato la necessità di applicare coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, dacché aggiornati e scientificamente corretti, come:

In ogni caso, il coefficiente di capitalizzazione prescelto ha la funzione di rendere attuale il valore di una rendita futura: pertanto, esso deve corrispondere alla data in cui si effettua la liquidazione del danno e non a quella del fatto illecito (che potrebbe essere – come spesso accade – anche di molto precedente).

Esempio n. 1: liquidazione di un danno patrimoniale da lucro cessante già integralmente maturato alla data di liquidazione

Si ponga il caso, piuttosto semplice, di un danno patrimoniale da lucro cessante, che debba essere liquidato ad un figlio in epoca successiva al compimento del suo 26° anno, età in cui si suppone che sarebbero comunque cessate le elargizioni economiche da parte del padre deceduto.

In tale ipotesi, il danno subito dal figlio è un danno integralmente maturato e non un danno futuro, perché non è destinato a proiettarsi in un orizzonte temporale successivo alla sua liquidazione.

Si tratta, invero, di un danno già prodottosi, che deve essere quantificato e liquidato sommando le elargizioni concretamente perdute (e rivalutandole).

Ipotizzando dunque che:

  • il genitore avesse un reddito di euro 67.500,00 annui;
  • la quota sibi sia determinabile in 1/3, nel concorso di un altro avente diritto (tipicamente la moglie del defunto);
  • il sinistro mortale sia avvenuto esattamente 5 anni prima del raggiungimento del 26° anno di età del figlio preso in considerazione;
  • la liquidazione venga effettuata il giorno dopo il raggiungimento del 26° anno di età,

potremo calcolare, con estrema semplificazione della questione, il danno come segue:

Anno 1 – 67.500,00 – 1/3 : 2 = 22.500,00 euro
Anno 2 – 67.500,00 – 1/3 : 2 = 22.500,00 euro
Anno 3 – 67.500,00 – 1/3 : 2 = 22.500,00 euro
Anno 4 – 67.500,00 – 1/3 : 2 = 22.500,00 euro
Anno 5 – 67.500,00 – 1/3 : 2 = 22.500,00 euro
TOTALE DANNO (da rivalutare) = 112.500,00 euro

Esempio n. 2: liquidazione di un danno patrimoniale da lucro cessante solo parzialmente maturato alla data di liquidazione

Consideriamo invece la situazione della moglie del defunto, nel caso sopra ipotizzato.

Ella avrà diritto:

  1. al danno già prodottosi, concretato dalla residua metà delle retribuzioni totali perse dalla data del decesso del marito al raggiungimento del ventiseiesimo anno del figlio, previa decurtazione della quota sibi di 1/3 (l’altra metà, come detto al paragrafo che precede, compete al figlio), nonché
  2. al danno futuro (cioè a dire successivo alla liquidazione).

La voce sub 1 è presto quantificata, trattandosi dell’altra metà del danno calcolato al paragrafo che precede: euro 112.500,00.

Quanto alla voce sub 2, trattandosi di una posta risarcitoria che concreta un effettivo “danno futuro”, è opportuno riprendere la formula:

D = (R – q) * k

Ricordiamo che:
D” è il danno che occorre liquidare;
R” è il reddito annuo del defunto (nel nostro esempio: 67.500,00 euro)
q” è la quota sibi (che considereremo pari ad 1/2 per il periodo in questione)
k” è il coefficiente di capitalizzazione (utilizzeremo, in conformità alle indicazioni della Suprema Corte sopra descritte, il coefficiente 14,6369, corrispondente all’età di anni 59, quella che avrebbe avuto il defunto al momento della ipotizzata liquidazione)

Sviluppando, la formula, avremo quindi:

D = (67.500,00 – 1/2) * 14,6369
D = 33.750,00 * 14,6369
D = 493.995,38

Pertanto, riassumendo, il danno patrimoniale complessivamente spettante alla moglie sarebbe pari a:

1) Danno già prodottosi = euro 112.500,00
2) Danno futuro = euro 493.995,38
TOTALE DANNO (da rivalutare) = 606.495,38

La Sentenza di Cass. III, 05/05/2021, n. 11719, accogliendo un nostro ricorso, ha spiegato bene come bisogna liquidare il danno patrimoniale da morte del familiare. Per scaricarla

La pensione di reversibilità non incide sul quantum del danno risarcibile

Giova far menzione, in conclusione di questa breve disamina, dell’orientamento recentemente avallato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte in tema di cumulo tra il risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante e la pensione di reversibilità eventualmente riconosciuta ai congiunti.

Come noto, la Cassazione ha – in proposito – enunciato il seguente principio di diritto:

Dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui NON deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall’Inps al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto“.

Cass. SS.UU., 22/05/2018, n. 12564

L’attribuzione pensionistica, infatti, non rappresenta un lucro (cioè un vantaggio patrimoniale gratuito), ma dipende da un sacrificio economico compiuto dal lavoratore. Questo “beneficio collaterale” è espressione di una scelta del sistema, conforme al respiro costituzionale della sicurezza sociale; pertanto, esso non può ritenersi soggetto alla compensatio lucri cum damno.

Nessuna decurtazione, dunque, sull’ammontare del risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante, anche in caso di avvenuto riconoscimento della pensione di reversibilità al congiunto superstite avente diritto.

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