Ultimo Aggiornamento 21 Maggio 2024
La legittimità dell’obbligo vaccinale degli operatori sanitari alla luce delle ultime pronunce della Corte Costituzionale
L’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da SARS-Cov-2 previsto dal nostro legislatore a carico del personale sanitario costituisce una misura irragionevole e/o sproporzionata?
A fugare ogni dubbio sul punto, è intervenuta la Corte Costituzionale con tre importanti pronunce decise in data 01/12/2022, depositate il 09/02/2023 e pubblicate in G. U. il 15/02/2023: le sentenze nn. 14/2023, 15/2023 e 16/2023, tutte relative a diversi profili dell’obbligo vaccinale imposto agli operatori.
La Consulta ha operato una riflessione di ampio respiro prendendo in esame quanto stabilito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, il quale affida al legislatore il compito di bilanciare il diritto del singolo individuo all’autodeterminazione rispetto alla propria salute, con il diritto alla salute degli altri individui, ossia con l’interesse della collettività.
INDICE SOMMARIO
- § 1. E’ legittimo l’obbligo vaccinale a carico degli operatori sanitari?
- § 2. Condizioni di legittimità dell’obbligo vaccinale
- § 3. Sospensione dell’esercizio della professione sanitaria anche se le mansioni non comportano contatti personali
- § 4. Conseguenze dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale per le obbligazioni nascenti dal contratto di lavoro
- § 5. Consenso informato al vaccino anti SARS-CoV-2
- § 6. Le sentenza della Corte Costituzionale sull’obbligo vaccinale
§ 1. E’ legittimo l’obbligo vaccinale a carico degli operatori sanitari?
Il legislatore italiano, con l’art. 4, commi 1 e 2, del d.l. 1 aprile 2021, n. 44 (Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici), convertito con modificazioni nella l. 28 maggio 2021, n. 76, ha stabilito che gli operatori sanitari dovessero adempiere all’obbligo vaccinale anti SARS-CoV-2.
È stato presto sollevato l’interrogativo se questa imposizione fosse legittima e ragionevole e il suddetto provvedimento legislativo, con più ordinanze di rimessione del marzo 2022, è stato sottoposto alla valutazione della Consulta.
La Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità ha stabilito che la scelta del legislatore in ordine all’obbligo vaccinale del personale sanitario non sia stata né irragionevole, né sproporzionata ed ha così cristallizzato le condizioni alle quali l’obbligo vaccinale o, comunque, la forte incentivazione alla vaccinazione stessa, possano considerarsi legittimi.
«[…] E anzi, è l’intera disciplina relativa alla gestione della pandemia ad aver subito continue modifiche in risposta all’evoluzione della situazione sanitaria nonché delle conoscenze mediche. […]»
(Corte Costituzionale, 09/02/2023, n. 14)
§ 2. Condizioni di legittimità dell’obbligo vaccinale
Ai fini della legittimità dell’imposizione dell’obbligo vaccinale al personale sanitario per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, la Corte Costituzionale – con sentenza 14/2023 – ha elaborato alcune condizioni imprescindibili. In particolare, l’obbligo vaccinale dei sanitari è legittimo se ricorrono i seguenti presupposti.
a) Se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri
L’obiettivo del legislatore è stato, infatti, quello di operare un contemperamento tra le due declinazioni – individuale e collettiva – del diritto alla salute. La Corte Costituzionale ha evidenziato come, in questo contemperamento, l’imposizione dell’obbligo vaccinale trova giustificazione nel principio di solidarietà costituzionalmente garantito. Si tratta di un principio base della convivenza sociale, ormai costantemente affermato, dalla giurisprudenza costituzionale.
b) Se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili
Il rischio remoto di eventi avversi non può essere considerato, in quanto tale, non tollerabile, ma può semmai essere titolo per un indennizzo (che, vedremo, costituisce terza condizione per la legittimità dell’imposizione vaccinale).
La scelta del legislatore sull’imposizione del vaccino, come ha affermato la Corte, non nasce da valutazioni di pura discrezionalità politica, ma deve essere operata alla luce delle acquisizioni della ricerca medica, che è in continua evoluzione.
Il legislatore, infatti, procede alla «elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi – di norma nazionali o sovranazionali – a ciò deputati, dato l’“essenziale rilievo” che, a questi fini, rivestono “gli organi tecnico-scientifici” (cfr. sentenza n. 185 del 1998); o comunque dovrebbe costituire il risultato di una siffatta verifica».
Si tratta della c.d. “riserva di scienza” principio del nostro ordinamento che guida il legislatore (e il decisore pubblico in generale: oltre al legislatore, governo e giudice) nell’adottare decisioni sempre fondate sulla verifica dello stato delle evidenze sperimentali, acquisite attraverso gli organi tecnico-scientifici dello Stato e della comunità internazionale.
Secondo l’approccio della scienza medica contemporanea, la scelta della terapia più adatta, suggerita dai suddetti organi, si basa sulla evidence based medicine (EBM), cioè sulle migliori prove di efficacia clinica e, in particolare, di studi clinici a carattere sperimentale, randomizzati e controllati.
c) Se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria
Nei (rari) casi di un effettivo e serio danno da vaccino, dunque, la legge deve prevedere un indennizzo al soggetto che lo ha ricevuto; ciò sia per le vaccinazioni obbligatorie, sia per quelle solo raccomandate.
Il rischio di insorgenza di una reazione avversa, anche in questo caso, non rende costituzionalmente illegittima la previsione di un obbligo vaccinale, ma rappresenta il titolo per la corresponsione di una equa indennità.
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§ 3. Sospensione dell’esercizio della professione sanitaria anche se le mansioni non comportano contatti personali
Con l’art. 4, comma 4, del d.l. 44/2021 e ss.mm., il legislatore ha previsto, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale, la sospensione dall’esercizio della professione per tutti gli operatori sanitari indistintamente e non soltanto per coloro che svolgono prestazioni o mansioni che implicano contatti personali o che comportano il rischio di diffusione del Covid-19.
Il TAR Lombardia aveva dubitato della legittimità costituzionale della citata norma ed aveva pertanto sollevato la relativa questione di legittimità innanzi alla Corte Costituzionale.
Il TAR, infatti, chiamato a decidere su ricorso di una psicologa sospesa dall’esercizio della propria professione, aveva ritenuto irragionevole l’estensione del divieto di svolgere la professione sanitaria a tutte le attività che richiedono l’iscrizione ad albi professionali e, dunque, anche verso quegli operatori che non svolgono la professione a contatto col pubblico e che, pertanto, non aumentano il rischio di diffusione del Covid-19.
Il quesito è stato, tuttavia, dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale – con la sentenza 16/2023 – per difetto di giurisdizione, in quanto la controversia verteva su un diritto soggettivo non intermediato dall’esercizio del potere amministrativo, e quindi si è ritenuto appartenesse alla cognizione del giudice ordinario.
La Corte non è potuta pertanto entrare nel merito della interessante questione, che è destinata a rimanere insoluta.
§ 4. Conseguenze dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale per le obbligazioni nascenti dal contratto di lavoro
L’inosservanza dell’obbligo vaccinale da parte degli operatori sanitari ha comportato, ovviamente, anche delle fisiologiche conseguenze sul versante delle obbligazioni nascenti dal contratto di lavoro.
Il legislatore non ha previsto, a carico del datore di lavoro, l’onere di assegnazione del sanitario non vaccinato a mansioni diverse.
È stata prevista naturalmente l’eccezione per coloro che non potessero essere sottoposti a vaccinazione per motivi di salute (così come per il personale docente ed educativo della scuola).
La ratio di questa scelta legislativa, che la Consulta – con la sentenza 15/2023 – ha reputato “non […] contraria ai principi di eguaglianza e di ragionevolezza“, si può ravvisare nel maggior rischio di contagio correlato all’esercizio delle professioni sanitarie, sia per sé stessi sia per la collettività.
La Corte ha ritenuto, altresì, ragionevole la mancata erogazione, al sanitario sospeso, della retribuzione, di altro compenso, emolumento o assegno alimentare, tutte misure che sono invece previste in caso di sottoposizione a procedimento penale o disciplinare del lavoratore.
«[…] D’altro canto, è innegabile che ogni legge elaborata sulla base di conoscenze medico-scientifiche è per sua natura transitoria, perché adottata allo stato delle conoscenze del momento e destinata ad essere superata a seguito dell’evoluzione medico-scientifica. […]»
(Corte Costituzionale, 09/02/2023, n. 14)
§ 5. Consenso informato al vaccino anti SARS-CoV-2
L’obbligatorietà del vaccino, ad ogni modo, non impedisce all’individuo di scegliere se sottoporsi o meno al vaccino.
La Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi anche su questo aspetto ed ha puntualizzato – al punto 16.1 della sentenza 14/2023 – come
“il consenso del paziente deve essere libero e consapevole, preceduto da informazioni complete, aggiornate e comprensibili relative a diagnosi, prognosi, benefici e rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, possibili alternative e conseguenze dell’eventuale rifiuto al trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi”.
L’autorizzazione all’inoculazione del farmaco dev’essere infatti preceduta da tutte quelle informazioni che consentano al singolo di scegliere se adempiere o meno all’obbligo, così da permettergli di assumersi consapevolmente le conseguenze dell’eventuale rifiuto alla vaccinazione.
In quest’ottica, dunque, il consenso informato – ovviamente importante anche per una corretta anamnesi pre-vaccinale – riveste una condizione per la liceità del trattamento sanitario che trova fondamento nell’autodeterminazione del singolo per tutte quelle scelte che riguardano la propria salute.
Salute, ribadisce la Corte, intesa come “libertà di disporre del proprio corpo”, riconosciuta tra i diritti fondamentali della persona di cui agli artt. 2, 13, 32 Cost. e agli artt. 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Pertanto, nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito senza il consenso libero e informato della persona interessata, eccetto nei casi espressamente previsti dalla legge.
Il consenso, dunque, “pur a fronte dell’obbligo, […] è rivolto ad “autorizzare la materiale inoculazione del vaccino“, proprio nel rispetto dell’intangibilità della persona.