Trasferimento d’azienda - Avv. Andrea Sisti

Trasferimento d’azienda nullo e diritto del dipendente al risarcimento del danno

Ultimo Aggiornamento 21 Maggio 2024

Focus sui diritti del lavoratore illegittimamente trasferito o escluso dal trasferimento

Quali sono i diritti del lavoratore subordinato in caso di trasferimento di azienda o di ramo d’azienda? E cosa può fare il dipendente che sia stato illegittimamente escluso da un trasferimento d’azienda o che, al contrario, sia stato trasferito illegittimamente e voglia invocare la prosecuzione del rapporto con l’originario datore di lavoro?

Un breve focus a cura dell’Avv. Andrea Sisti.


INDICE SOMMARIO


§ 1. I diritti del dipendente in caso di trasferimento d’azienda

Il lavoratore subordinato ha diritto, in caso di trasferimento di azienda o di ramo d’azienda, alla prosecuzione del rapporto di lavoro alle dipendenze del cessionario, mantenendo il proprio trattamento economico e normativo, ai sensi dell’art. 2112 c.c.

Tale disciplina pone un’eccezione rispetto al generale principio, per cui la cessione del contratto di lavoro, da un datore di lavoro ad un altro, è possibile solamente con il consenso del lavoratore ceduto.

Il consenso del dipendente non occorre, invece, se l’operazione configura un genuino trasferimento di azienda o di ramo d’azienda, dovendosi a tal proposito precisare che l’azienda è il complesso dei beni e rapporti giuridici organizzati dall’imprenditore per l’esercizio della propria attività economica e che il ramo d’azienda deve costituire un nucleo autonomo di tali beni e rapporti giuridici.

Va anche precisato che per trasferimento si deve intendere ogni operazione che comporti una vicenda circolatoria dell’azienda o del ramo (ad es. cessione, affitto, fusione, scissione).

Il trasferimento d’azienda non va confuso con la cessione della società. In tal caso, il datore di lavoro rimane lo stesso. Ciò che varia sono gli assetti proprietari (i titolari della società), ma il rapporto di lavoro continua tale e quale tra gli stessi soggetti.

§ 2. Cosa può fare il dipendente illegittimamente trasferito o escluso dal trasferimento

Fermo restando il diritto del dipendente alla continuità del proprio trattamento retributivo, a carico del datore di lavoro “giusto”, possono darsi due casi:

  • a) il dipendente che sia stato illegittimamente escluso da un trasferimento genuino e che rivendichi la prosecuzione del rapporto con il cessionario;
  • b) il dipendente, che – al contrario – sia stato trasferito illegittimamente (ad es. perché il ramo d’azienda ceduto era fittizio) e abbia interesse a rivendicare la prosecuzione del rapporto con l’originario datore di lavoro.

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§ 3. Il caso risolto dalla Cassazione (sentenza n. 28824/2022)

Il caso risolto dalla Cassazione riguardava un dipendente illegittimamente trasferito, verosimilmente difettando l’autonomia del ramo d’azienda ceduto, con conseguente diritto alla prosecuzione del rapporto col proprio datore di lavoro originario.

Tuttavia, dopo il trasferimento, il dipendente aveva risolto consensualmente il rapporto di lavoro con il cessionario, percependo un incentivo all’esodo ed era andato in pensione.

Pertanto, i giudici di merito, pur dichiarando la nullità del trasferimento, avevano concluso che al ricorrente spettasse l’originario trattamento retributivo solo fino alla data della risoluzione consensuale stipulata col cessionario, anche in considerazione del successivo pensionamento.

Invece, secondo la Cassazione, le vicende successive non rilevano, in quanto riguardano un distinto rapporto di lavoro che si svolge di fatto, mentre il primo rapporto di lavoro continua a sussistere, di diritto, in maniera autonoma:

Soltanto un legittimo trasferimento d’azienda comporta la continuità di un rapporto di lavoro che resti unico ed immutato, nei suoi elementi oggettivi (…) l’unicità del rapporto viene meno qualora, come nel caso di specie, il trasferimento stato dichiarato invalido (…) le vicende risolutive dell’ultimo rapporto sono inidonee ad incidere sul rapporto giuridico tuttora esistente con il cedente (…) il trasferimento non si compie e il rapporto di lavoro resta nella titolarità dell’originario cedente (…) la sopravvivenza de jure del rapporto di lavoro con la società cedente, rende, pertanto, tale rapporto insensibile alle vicende – anche estintive – del distinto rapporto di lavoro instaurato di fatto col cessionario“.

(Cass. Lav., 04/10/2022, n. 28824)

Né il conseguimento della pensione di anzianità integra una causa di impossibilità della reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore, poiché

la disciplina legale dell’incompatibilità (totale o parziale) tra trattamento pensionistico e percezione di un reddito da lavoro dipendente si colloca sul diverso piano del rapporto previdenziale (determinando la sospensione dell’erogazione della prestazione pensionistica o il diritto dell’ente previdenziale alla ripetizione delle somme erogate), ma non comporta l’invalidità del rapporto di lavoro”.

(Cass. Lav., 04/10/2022, n. 28824)

§ 4. Il diritto al risarcimento dei danni da trasferimento illegittimo

Pertanto, in conclusione, il dipendente illegittimamente trasferito, che agisca perché il trasferimento sia dichiarato nullo, ha diritto al ripristino del rapporto col proprio originario datore di lavoro ed al pagamento del risarcimento dei danni, pari alle retribuzioni maturate medio tempore.

Non rilevano – in contrario – le successive vicende del distinto rapporto, di fatto, intercorso alle dipendenze del cessionario, né l’eventuale pensionamento nel frattempo intervenuto.

Riguardo a quest’ultimo, eventualmente, l’INPS potrà ripetere le somme erogate o sospendere la prestazione, senza alcun riflesso sul rapporto di lavoro in corso e sulla relativa obbligazione retributiva.

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