Ultimo Aggiornamento 20 Maggio 2024
Azione di regolamento dei confini, restituzione di porzioni di terreno e ordine di rimozione manufatti: un caso risolto dallo Studio
Gli Avv.ti Gabriele Chiarini e Lucia Spadoni hanno patrocinato vittoriosamente un procedimento civile avente ad oggetto il regolamento di confini tra due fondi, l’actio negatoria di servitù di scarico, la restituzione di porzioni di terreno illegittimamente detenute, nonché la rimozione di opere e manufatti insistenti sulle porzioni medesime.
L’azione di regolamento di confini
In linea generale, ciascuno dei proprietari di due fondi contigui, quando il confine è incerto, può chiedere che esso sia stabilito giudizialmente. Questa è, per l’appunto, l’azione di regolamento di confini (actio finium regundorum), con la quale non si vuole contestare la rispettiva proprietà dei fondi, ma si chiede l’adeguamento della realtà di fatto (il confine nella sua materialità) allo stato di diritto (l’effettiva estensione della proprietà sulla base del titolo).
Questa azione ha carattere reale ed è imprescrittibile, salva l’eventuale usucapione che uno dei confinanti abbia maturato sulle porzioni di terreno possedute, ancorché abusivamente. In questo particolare giudizio, ognuna delle parti deve provare il proprio diritto (dunque, in deroga al principio generale di cui all’art. 2697 c.c., l’onere della prova non incombe soltanto sull’attore). In difetto o carenza di prove, il Giudice dovrà attenersi al confine attestato dalle risultanze catastali, in conformità al disposto dell’art. 950 c.c. (rubricato “Azione di regolamento di confini“):
[I] Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente.
[II] Ogni mezzo di prova è ammesso.
[III] In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali.
L’actio negatoria servitutis
Il proprietario di un bene può, inoltre, chiedere al Giudice che sia dichiarata l’insussistenza dei diritti che altri reclamino sullo stesso. Si tratta dell’azione negatoria (actio negatoria servitutis), che è funzionale, appunto, ad ottenere l’accertamento della libertà del fondo, oppure la cessazione di molestie o turbative, oltre che l’eventuale risarcimento del danno. La norma di riferimento è l’art. 949 c.c. (rubricato “Azione negatoria“), che stabilisce :
[I] Il proprietario può agire per far dichiarare l’inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio.
[II] Se sussistono anche turbative o molestie, il proprietario può chiedere che se ne ordini la cessazione, oltre la condanna al risarcimento del danno.
Anche l’azione negatoria è imprescrittibile (salvi gli effetti dell’eventuale usucapione di diritti reali di terzi) e l’onere della prova non è rigoroso come quello dell’azione di rivendicazione della proprietà. La giurisprudenza ritiene, ad ogni modo, che non sia esperibile contro coloro che vantino diritti meramente personali – e non reali – sul bene controverso.
La controversia sui confini
Nel caso di specie, in estrema sintesi, la causa verteva sulla corretta modalità di determinazione del confine tra due fondi, attesa una incongruenza negli elaborati tecnici depositati presso la competente Agenzia del Territorio (in particolare, sussisteva difformità tra le quote riportate nel cd. libretto delle misure e le dimensioni rilevabili dall’estratto grafico di mappa).
La decisione del Tribunale e il regolamento dei confini
Nell’accogliere la tesi della parte attrice (difesa dallo Studio), che sosteneva la preminenza delle quote numeriche rispetto alla relativa resa grafica, il Tribunale di Pesaro ha integralmente accolto la domanda e, per l’effetto, ha:
- stabilito il confine tra i fondi secondo le misurazioni riportate all’interno del menzionato libretto delle misure;
- condannato il convenuto al rilascio dell’area indebitamente occupata in eccesso;
- condannato il convenuto alla rimozione delle opere ivi insistenti;
- dichiarato l’insussistenza di alcuna servitù di scarico e condannato quindi il convenuto a cessare tale attività;
- condannato il convenuto alla rifusione delle spese di lite, di quelle anticipate per la C.T.U., nonché delle spese sostenute per la C.T.P.